Consentitemi una impertinenza rivolta in particolare nei confronti di quanti, fuori dalla militanza politica di ordinanza…
taglio parlamentari
Referendum: perché la riduzione sic et simpliciter del numero dei parlamentari va respinta
Confesso che il tema su quale debba essere il numero di parlamentari più idoneo a rappresentarci non mi appassiona. Non è, infatti, semplicemente il loro numero (e cioè la quantità) ad essere dirimente, quanto piuttosto la qualità di chi è chiamato ad assumere l’ufficio di parlamentare ad essere rilevante.
Referendum e visioni della democrazia
Al termine di una campagna referendaria troppo breve, anche se molto intensa, ho maturato una convinzione riguardo alla riduzione dei parlamentari su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi il 20 e il 21 settembre prossimi: quella su cui voteremo non è una banale questione numerica, ma una revisione che mette in gioco valori di fondo del nostro sistema costituzionale.
Per dare colore ad una riforma sbiadita
Per ragionare delle conseguenze di una così drastica riduzione del numero dei parlamentari, vanno ben distinte due differenti prospettive di valutazione.
Quorum ed equivoci
Uno spettro si aggira nella campagna referendaria di questi giorni: che i “no” rimontino sino a sopravanzare alfine i “sì”. Lo prova il fatto che diversi sostenitori della riforma lamentino la mancata previsione di un quorum partecipativo nel referendum ex art. 138: a loro giudizio quest’assenza esalterebbe la natura oppositiva del referendum costituzionale e auspicano che in futuro si rimedi alla svista del Costituente estendendo pure a questa tipologia referendaria la disciplina prevista per il referendum abrogativo.
Taglio dei parlamentari, rappresentanza e rappresentatività: forse c’è un equivoco
Si discute molto, in questa concitata campagna referendaria, di rappresentanza e di rappresentatività. Costituzionalisti e opinionisti vari esprimono idee differenti sull’incidenza che il taglio del numero dei parlamentari avrebbe sul rapporto tra rappresentati e rappresentanti e sulla capacità di questi ultimi di farsi interpreti fedeli degli interessi e della volontà dei primi.
Una breve riflessione: perché NO
La legge sul taglio dei parlamentari nasce dal malumore anti-casta del M5S, e dalla Lega, per indurre i grillini a stipulare l’alleanza di governo con cui si è aperta la diciottesima legislatura, e accettato infine dal Pd che, dopo aver votato contro tre volte, ha voluto indurre il M5S alla seconda alleanza, per dar vita a un governo e non andare a elezioni anticipate da cui si temeva potesse uscire vincitrice la destra.
Una decisione solo apparentemente semplice
La decisione sul taglio dei parlamentari è solo apparentemente semplice. Ogniqualvolta si tocca la Costituzione si provocano infatti importanti effetti sistemici. Per esempio, il taglio lineare da 945 a 600 altera gli equilibri nel collegio per l’elezione del Presidente della Repubblica, visto che a fronte della drastica riduzione dei parlamentari resta ferma la componente dei delegati regionali.
Un “NO” alla «riduzione», un “SÌ” alla disciplina dei partiti politici
Il Sì possibile trappola per il regionalismo
Può darsi che, come già sostenuto in Assemblea costituente dal deputato Giovanni Conti, relatore della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, il popolo italiano «disgraziatamente» abbia sempre «una sola abitudine circa il Parlamento: parlarne male» e che si possa «elevare il prestigio del Parlamento per una via soltanto: diminuire il numero dei componenti alla Camera» (seduta del 18.9.1946).
La frittata del referendum
Ci sono valide ragioni a sostegno del sì come del no al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre. A favore dell’approvazione della riforma costituzionale c’è che si tratta di una revisione puntuale, a fronte delle fallite proposte strutturali del 2006 e del 2016. Una riforma che potrebbe metterne in moto altre, quantomai necessarie, e che ha un valore simbolico di semplificazione e risparmio.
Le miserie di una revisione costituzionale e del relativo referendum
E’ comunemente accettata l’idea che l’Assemblea Costituente si avvalse dell’apporto e della collaborazione della migliore dottrina giuspubblicistica italiana del tempo, così fondendo in un unico risultato apprezzabili scelte costituzionali di valore con soluzioni tecnicamente pregevoli.