di Francesco Severa¶
L’approccio puntuale alla revisione costituzionale è di certo più coerente con il modello dell’art. 138 Cost. rispetto ai tentativi organici di riforma, quali quelli, ad esempio, del 2006 e del 2016.
di Francesco Severa¶
L’approccio puntuale alla revisione costituzionale è di certo più coerente con il modello dell’art. 138 Cost. rispetto ai tentativi organici di riforma, quali quelli, ad esempio, del 2006 e del 2016.
di Lara Trucco
Numeri, formule, schede, alchimie e persino “trinità” … siamo davvero destinati a ripiombare in quel “ipercinetismo compulsivo elettorale” approdato ora addirittura a Strasburgo?
di Salvatore Curreri
1. Uno dei problemi, anche qui sollevato, suscitati dalla proposta di riforma costituzionale sul c.d. premierato riguarda il voto degli italiani all’estero. Problema innanzi tutto rilevante sotto il profilo politico giacché, per quanto gli italiani all’estero che votano siano di solito pochi in termini sia assoluti (1,25 milioni nelle ultime politiche), sia percentuali rispetto agli aventi diritto (appena il 26,36% dei 4,7 milioni di elettori della circoscrizione Estero), il loro voto potrebbe comunque rivelarsi decisivo ai fini dell’esito del voto. Un epilogo giudicato intollerabile, specie da quanti, in modo più o meno esplicito, non hanno mai smesso di esprimere le loro riserve circa l’opportunità delle riforme costituzionali d’inizio secolo che hanno consentito a costoro di votare senza tornare in Patria.
di Roberta Calvano
Come era inevitabile, il problema del possibile impatto del voto degli italiani all’estero nella riforma del “premierato” ha suscitato un vivo dibattito.
di Roberto Bin
Ormai tutto è chiaro e il gioco è scoperto. Presentando una proposta di revisione costituzionale che rasenta il ridicolo (come già ho sottolineato in un precedente commento), il Governo non ha l’obiettivo di modificare davvero la Costituzione, ma semplicemente di mostrare la propria efficienza e di mantenere gli impegni assunti con il programma elettorale. In vista del referendum.
di Enzo Balboni
È la stessa relazione al disegno di legge governativo n. 935 che definisce l’operazione in corso come l’affermazione di una democrazia di investitura volta ad assicurare governabilità al sistema democratico offrendo soluzioni a problematiche, invero risalenti e – aggiungo – condivise, vale a dire l’instabilità dei governi, la volatilità delle maggioranze e il transfughismo parlamentare. Come vedremo più avanti governabilità è l’altra parola chiave.
Ogni tentativo di riforma costituzionale nel nostro Paese deve essere affrontato, a mio avviso, partendo dal presupposto che gli interessi delle forze politiche di maggioranza – oggi tesi, tra le altre cose, a modificare l’assetto della forma di governo vigente – spesso e volentieri non coincidono affatto con i desiderata dei costituzionalisti.
Il problema è chiaro a tutti: la storica instabilità dei Governi nazionali. Le statistiche sono impietose e le conseguenze del fenomeno sono evidenti: Governi costretti ad occuparsi più della ricerca del consenso elettorale verso i singoli partiti uniti nella coalizione di maggioranza (mentre è quasi fisiologico che altrettanto capiti ai partiti di opposizione), piuttosto che impegnarsi seriamente su obiettivi e strategie di lunga gittata, cioè a tutto ciò che richiederebbe un serio “governo” del Paese purificato dalla contingenza.
Nonostante le rassicurazioni della Presidente del Consiglio Meloni, il progetto di riforma costituzionale comprime senza alcun dubbio i poteri del Capo dello Stato.
Viene detto che la proposta governativa di modifica della forma di governo italiana non incide sulle prerogative del Presidente della Repubblica. Soprattutto l’art. 87, ovvero la disposizione che racchiude gran parte delle attribuzioni di questa istituzione, appare integralmente mantenuto dai ddl di revisione come è attualmente.
di Alessandro Morelli e Luigi Ventura
Sostiene il Presidente del Senato Ignazio La Russa che ci sarebbe ormai una “Costituzione materiale” che attribuirebbe al Presidente della Repubblica “poteri più grandi di quelli che originariamente la Carta prevedeva e un’elezione diretta del presidente del Consiglio potrebbe ridimensionare l’utilizzo costante di questi ulteriori poteri: ridimensionarli non eliminarli”.
di Roberta Calvano e Lorenzo Spadacini
Più ci si pensa più si disvela l’impatto potenzialmente devastante che la riforma del cd. Premierato (disegnata nel ddl AS 935 in discussione al Senato) è suscettibile di produrre sulla democrazia costituzionale.
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