È passato ormai un anno da quando il Paese è stato bloccato quasi totalmente con l’intento di trovare una risposta valida all’emergenza da Covid-19. La speranza di poter tornare ad una vita normale ha portato la popolazione a credere che le misure restrittive avrebbero prodotto ingenti effetti positivi, nonché l’abbassamento della curva dei contagi e l’arresto dei decessi.
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Il permesso di essere liberi
Per chi, come il sottoscritto, vive in un isola con tante belle spiagge ed è abituato a fruirne, è motivo di soddisfazione la recente ordinanza n. 23 del Presidente della Regione sarda, la quale finalmente ha disposto che dal 18 maggio «è consentito l’accesso alle spiagge libere e agli arenili». La medesima formulazione è recepita nell’ordinanza del sindaco del mio comune, Sassari.
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Nella sua relazione annuale sulla giurisprudenza costituzionale del 2019, pubblicata in data 29 aprile, la Presidente della Corte Marta Cartabia ha affermato: «la piena attuazione della Costituzione richiede un impegno corale, con l’attiva, leale collaborazione di tutte le Istituzioni, compresi Parlamento, Governo, Regioni, Giudici. Questa cooperazione è anche la chiave per affrontare l’emergenza. La Costituzione, infatti, non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali […] ma offre la bussola anche per “navigare per l’alto mare aperto” nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini».
Per non far diventare il rimedio peggiore del male. Lockdown e bilanciamento tra diritti fondamentali
Nel corso della conferenza stampa dello scorso 22 febbraio – quella nella quale il Presidente del Consiglio ha annunciato l’adozione del primo decreto legge contenente misure restrittive per alcune zone del Nord Italia (poi rapidamente estese a tutto il territorio nazionale) – Giuseppe Conte ha utilizzato, proprio in apertura, parole molto chiare circa la motivazione nell’emanazione di un provvedimento così limitativo delle libertà.