di Giacomo Palombino
La prima causa climatica italiana, nota come “Giudizio universale”, si è conclusa, almeno in primo grado, con un nulla di fatto: il Tribunale civile di Roma ha deciso, con sentenza dello scorso 26 febbraio, che la domanda sia da considerarsi inammissibile «per difetto assoluto di giurisdizione» (si veda il commento di Cardelli). Pur evidenziando «la oggettiva complessità e gravità della emergenza a carattere planetario provocata dal cambiamento climatico antropogenico», il Tribunale ha ritenuto di non poter accertare la responsabilità civile dello Stato, ex art. 2043 c.c. e, in subordine, 2051 cc., dinanzi a una domanda «diretta ad ottenere dal Giudice una pronuncia di condanna dello Stato legislatore e del governo ad un facere in una materia tradizionalmente riservata alla “politica”», ovvero «diretta in concreto a chiedere, quale petitum sostanziale, al giudice un sindacato sulle modalità di esercizio delle potestà statali previste dalla Costituzione».
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