La causa climatica italiana “Giudizio universale” inizia finalmente a costituire oggetto di approfondimento monografico da parte della dottrina. È un riscontro importante, perché la vicenda è inedita nel panorama dell’esperienza giuridica nazionale e perché l’emergenza climatica ha, ad oggi, appassionato poco o nulla l’opinione dei giuristi del nostro Paese (a differenza dell’inflazionata passione per l’emergenza Covid).
La fine di un mito: le elezioni legislative francesi del 2022
Il tempo è galantuomo. Alla fine, è successo ciò di cui vari settori della dottrina costituzionalistica avvertivano: in democrazia, non c’è alcuna garanzia di “stabilità”, soprattutto se dietro a questa etichetta si immagina che il popolo voti sempre e comunque per quei partiti o candidati che nella narrazione generale dovrebbero incarnare tale concetto.
L’emergenza climatica tra giudice e vincoli normativi: sulla soglia accettabile del pericolo
Ci si può rivolgere a un giudice per fermare l’emergenza climatica? Oppure questo significa stravolgere il ruolo delle istituzioni democratiche, attribuendo al giudice una funzione “creativa” che non gli spetterebbe? Esiste un giudice naturale per salvarsi dalla catastrofe? Ma salvarsi dalla catastrofe attraverso l’accesso al giudice davvero significherebbe abilitarlo alla “creatività”?
Il dovere ambientale “di fare” dopo la riforma costituzionale
Innumerevoli e contrastanti risultano i commenti della dottrina italiana alla riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione: da molti ritenuta quasi ridondante rispetto alle acquisizioni evolutive della giurisprudenza costituzionale in materia ambientale (cfr., tra i tanti, Cassetti); da altri qualificata addirittura pericolosa nella misura in cui porrebbe freni alla libertà del mercato e della concorrenza (Di Plinio) o al primato dell’essere umano sulla natura (Scarselli); da altri ancora apprezzata per il fatto di individuare un nuovo “controlimite”, quello appunto ambientale e intergenerazionale, all’applicazione del diritto europeo (Morrone).
Temi e problemi del quesito referendario sulla legge Severino
Il primo quesito referendario sul quale gli italiani saranno chiamati a votare il prossimo 12 giugno è tra i più semplici e lineari, avendo ad oggetto l’abrogazione totale di un atto legislativo – cosa che, ormai, rappresenta quasi un’eccezione, dato che nella stragrande maggioranza dei casi i quesiti sono non soltanto parziali ma altresì redatti utilizzando la tecnica del ritaglio di singole porzioni di testo, non sempre aventi un autonomo valore linguistico prima ancora che normativo – e ponendo pertanto l’elettore di fronte alla scelta se abrogare un intero e sistematico apparato di norme o mantenerlo in vigore.
Un giudice può disapplicare le leggi che gli sembrano incostituzionali?
L’interrogativo del titolo ha intrigato i costituzionalisti più di mezzo secolo fa, ma la risposta negativa è ormai certa, e nessuno ne dubita più: la Corte costituzionale è sempre stata ferma sul punto. Ma qualcuno ci prova ancora, convinto che le sue personali considerazioni attorno alla successione di atti con cui il Governo ha fatto fronte alla pandemia sia viziata irrimediabilmente.
Lido Montecitorio, ovvero l’abuso del conflitto fra poteri a tutela delle concessioni balneari
La questione della proroga delle concessioni balneari senza gara, giudicata dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria irreparabilmente contraria al diritto europeo e dunque non più replicabile dall’inadempiente legislatore italiano (si v. in questo sito le osservazioni di Angela Cossiri e Alessandra Camaiani), arriverà prossimamente all’attenzione della Corte costituzionale.
Il “caso Petrocelli”, ovvero la possibile decadenza dei Presidenti di Commissione
Benché in fase di risoluzione (almeno così sembra) la vicenda del Presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli, di fatto sfiduciato da tutti (o quasi) i suoi componenti per le posizioni espresse a favore dell’invasione russa dell’Ucraina, merita comunque una riflessione, anche eventualmente ai fini dell’introduzione di soluzioni strutturali più lineari di fronte a simili, e sempre più ricorrenti, casi.
Un’assemblea per la revisione della seconda parte della Costituzione: una sveglia per una legislatura sulla via del tramonto?
La XVIII legislatura ha rischiato di essere la più breve della storia (per le difficoltà nella formazione del primo governo Conte), ma, alla fine, è stata una delle più attive per quanto riguarda le riforme costituzionali. Dopo la riduzione del numero dei parlamentari (l. cost. 1/2020), l’equiparazione dell’elettorato attivo tra Camera e Senato (l. cost. 1/2021) e l’introduzione della tutela esplicita dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi (l. cost. 1/2022), si continua a dibattere su altre riforme da poter approvare in questo ultimo anno di legislatura.
La politica estera dell’UE rispetto all’Ucraina: fine dell’illusione del soft power?
Nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla Relazione sull’attività della Corte costituzionale nel 2021, il Presidente Giuliano Amato ha adombrato il tramonto della strategia dell’UE incentrata sul soft power, anziché sull’hard power: «in tempi di lupi, quanto è efficace esercitare il soft power?»
La rielezione di Orbán in Ungheria nonostante le minacciate “sanzioni economiche” alle democrazie illiberali
La rielezione di Orbán, in Ungheria, arriva a poco più di un mese dal 16 febbraio 2022. In questa data si è celebrata la “vittoria dello Stato di diritto” sulle recalcitranti Polonia e Ungheria, grazie alle due sentenze della Corte di giustizia che hanno rigettato i ricorsi dei governi di questi due Paesi contro il nuovo regolamento sul «regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione» (2020/2092).
La risposta dell’UE alla guerra in Ucraina: protagonismo geopolitico velleitario o autentica conversione?
Dopo aver sfiorato l’Hamiltonian moment con il NGEU adottato dall’UE per reagire alla crisi pandemica, la guerra in Ucraina sta offrendo all’UE un’altra – tragica – occasione per costruire sulle crisi un’integrazione federale, come confusamente auspicato dai “Padri fondatori” delle Comunità progenitrici dell’attuale Unione.