Uno dei temi riemersi a seguito della crisi del Governo Draghi, e del conseguente scioglimento anticipato delle Camere , attiene ad un aspetto del tutto secondario della vita delle istituzioni, ma sempre oggetto di forte attenzione da parte dell’opinione pubblica.
Modifiche al regolamento parlamentare in periodo di prorogatio: occorre l’unanimità dei gruppi?
Ad apertura della seduta dello scorso 22 luglio, il Presidente della Camera Fico, dopo aver comunicato lo scioglimento delle Camere deciso il giorno prima dal Presidente della Repubblica, ha puntualizzato le modalità e limiti all’esercizio delle principali funzioni parlamentari in periodo di prorogatio. A tal proposito, inter alia, in materia di regolamenti interni, ferma restando “la possibilità di convocazione della Giunta per il Regolamento relativamente alle questioni di interpretazione regolamentare di cui la Presidenza ritenga di investirla”, ha precisato che “possono essere convocate riunioni anche per l’esame di eventuali proposte di modifica al Regolamento, da sottoporre all’Assemblea” a condizione però che “si verifichi l’unanimità dei consensi dei gruppi”.
Draghi, ieri oggi domani
Proprio nel luglio 2012 il Draghi del whatever it takes ammonì i mercati (cioè gli speculatori) che se non avessero cambiato registro, lui li avrebbe rimessi in riga con i potenti mezzi della BCE da lui guidata. Anche se molti lo ritennero un bluff ben congegnato, i mercati (cioè gli speculatori) preferirono non andare a vedere le carte dell’autorevole banchiere centrale.
Il caso Neubauer e la recente riforma dell’art. 9 Cost.
A marzo del 2021 la Corte costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht) ha adottato una decisione che per diversi motivi è già entrata nella storia. In questo commento mi propongo di mettere in luce le principali novità, nonché le principali criticità, sollevate dalla decisione.
«Giudizio universale» tra emergenza climatica e “fine” del bilanciamento costituzionale
La causa climatica italiana “Giudizio universale” inizia finalmente a costituire oggetto di approfondimento monografico da parte della dottrina. È un riscontro importante, perché la vicenda è inedita nel panorama dell’esperienza giuridica nazionale e perché l’emergenza climatica ha, ad oggi, appassionato poco o nulla l’opinione dei giuristi del nostro Paese (a differenza dell’inflazionata passione per l’emergenza Covid).
La fine di un mito: le elezioni legislative francesi del 2022
Il tempo è galantuomo. Alla fine, è successo ciò di cui vari settori della dottrina costituzionalistica avvertivano: in democrazia, non c’è alcuna garanzia di “stabilità”, soprattutto se dietro a questa etichetta si immagina che il popolo voti sempre e comunque per quei partiti o candidati che nella narrazione generale dovrebbero incarnare tale concetto.
L’emergenza climatica tra giudice e vincoli normativi: sulla soglia accettabile del pericolo
Ci si può rivolgere a un giudice per fermare l’emergenza climatica? Oppure questo significa stravolgere il ruolo delle istituzioni democratiche, attribuendo al giudice una funzione “creativa” che non gli spetterebbe? Esiste un giudice naturale per salvarsi dalla catastrofe? Ma salvarsi dalla catastrofe attraverso l’accesso al giudice davvero significherebbe abilitarlo alla “creatività”?
Il dovere ambientale “di fare” dopo la riforma costituzionale
Innumerevoli e contrastanti risultano i commenti della dottrina italiana alla riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione: da molti ritenuta quasi ridondante rispetto alle acquisizioni evolutive della giurisprudenza costituzionale in materia ambientale (cfr., tra i tanti, Cassetti); da altri qualificata addirittura pericolosa nella misura in cui porrebbe freni alla libertà del mercato e della concorrenza (Di Plinio) o al primato dell’essere umano sulla natura (Scarselli); da altri ancora apprezzata per il fatto di individuare un nuovo “controlimite”, quello appunto ambientale e intergenerazionale, all’applicazione del diritto europeo (Morrone).
Temi e problemi del quesito referendario sulla legge Severino
Il primo quesito referendario sul quale gli italiani saranno chiamati a votare il prossimo 12 giugno è tra i più semplici e lineari, avendo ad oggetto l’abrogazione totale di un atto legislativo – cosa che, ormai, rappresenta quasi un’eccezione, dato che nella stragrande maggioranza dei casi i quesiti sono non soltanto parziali ma altresì redatti utilizzando la tecnica del ritaglio di singole porzioni di testo, non sempre aventi un autonomo valore linguistico prima ancora che normativo – e ponendo pertanto l’elettore di fronte alla scelta se abrogare un intero e sistematico apparato di norme o mantenerlo in vigore.
Un giudice può disapplicare le leggi che gli sembrano incostituzionali?
L’interrogativo del titolo ha intrigato i costituzionalisti più di mezzo secolo fa, ma la risposta negativa è ormai certa, e nessuno ne dubita più: la Corte costituzionale è sempre stata ferma sul punto. Ma qualcuno ci prova ancora, convinto che le sue personali considerazioni attorno alla successione di atti con cui il Governo ha fatto fronte alla pandemia sia viziata irrimediabilmente.
Lido Montecitorio, ovvero l’abuso del conflitto fra poteri a tutela delle concessioni balneari
La questione della proroga delle concessioni balneari senza gara, giudicata dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria irreparabilmente contraria al diritto europeo e dunque non più replicabile dall’inadempiente legislatore italiano (si v. in questo sito le osservazioni di Angela Cossiri e Alessandra Camaiani), arriverà prossimamente all’attenzione della Corte costituzionale.
Il “caso Petrocelli”, ovvero la possibile decadenza dei Presidenti di Commissione
Benché in fase di risoluzione (almeno così sembra) la vicenda del Presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli, di fatto sfiduciato da tutti (o quasi) i suoi componenti per le posizioni espresse a favore dell’invasione russa dell’Ucraina, merita comunque una riflessione, anche eventualmente ai fini dell’introduzione di soluzioni strutturali più lineari di fronte a simili, e sempre più ricorrenti, casi.