Le ragioni di Mattarella nel rifiutare quella nomina, ma lo ha fatto nella sede sbagliata

di Salvatore Curreri

Pur nel massimo rispetto del ben più autorevole collega, mi permetto di non condividerne il pensiero. Secondo l’art. 92 Cost. “il Presidente della  Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. Da qui due conclusioni: a) il Presidente del Consiglio propone, non impone, i ministri al Presidente della Repubblica al quale b) spetta il potere di nomina.

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UNIONE EUROPEA
L’Italia deferita alla Corte di giustizia per l’inquinamento dell’aria

La Commissione europea ha deferito alla Corte di giustizia dell’Ue l’Italia per aver superato in modo grave e persistente i valori limite per il particolato PM10 nell’ambito della legislazione europea sulla qualita’ dell’aria. La Commissione ha rilevato importanti carenze nei piani italiani per ridurre l’inquinamento in particolare per quel che riguarda gli interventi per ridurre l’impatto del riscaldamento domestico e del traffico.

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8, 5, 2: un modo per incidere concretamente sulla vita della comunità

di Antonio Ramenghi

E’ tempo di dichiarazione dei redditi. Non felicissimo. Per nessuno. Pagare le tasse, a questi livelli, non è proprio un piacere, ma resta un dovere per tutti, se proprio non si vuol dire come sosteneva il compianto ministro Tommaso Padoa Schioppa, che pagare le tasse è bello… Nel compiere questo bel dovere abbiamo la possibilità di scegliere come finalizzare parte della nostra contribuzione. Un modo per incidere, ciascuno con una quota del proprio reddito, sulla vita della comunità nazionale e locale, esercitando tutte e tre le opzioni relativamente alla destinazione dell’8, del 5, del 2 per mille del reddito.

Tre opzioni che non tutti esercitano. Ed è a mio parere un errore, perché in questo modo si rinuncia a esprimere il proprio pensiero e a sostenere concretamente realtà importanti che riguardano il credo religioso, la ricerca scientifica, la difesa del territorio e dei beni artistici e culturali, la galassia del volontariato e le organizzazioni che si occupano di medicina e cura, di assistenza e prevenzione, l’organizzazione politica che si esprime nei partiti. Sono convinto che se tutti esercitassero queste tre opzioni, le cose andrebbero meglio su molti fronti.

Nei modelli predisposti per la dichiarazione dei redditi le possibili opzioni per la destinazione dell’8, del 5 e del 2 per mille sono in larga misura indicate. Può essere utile ricordarle  nel dettaglio, rinviando al link dell’agenzia delle entrate per il lungo elenco dei destinatari del 5 per mille. Qui sotto sono indicati i codici di ciascun partito politico che non sono riportati nei modelli. Anche il 2 per mille è importante e, come descritto il un precedente articolo, sono ancora pochi i cittadini che se ne servono per sostenere il proprio partito.

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Lo scandalo vero è il cumulo dei vitalizi. Che dice Fico?

Mentre il Presidente della Camera Roberto Fico prosegue nella battaglia contro i vitalizi, da eliminare retroattivamente in malo modo e forse incostituzionalmente, con un provvedimento destinato a colpire soprattutto le vedove degli ex parlamentari che beneficiano della reversibilità di quel vitalizio, lo stesso Fico si dimentica di una ingiustizia più grande: quella del cumulo dei vitalizi di cui possono godere molti parlamentari. 

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La strage silenziata

di Antonio Ramenghi

Sono 154, da inizio anno a oggi 5 aprile, i morti sul lavoro in Italia. Lo scorso anno, nello stesso periodo, furono 113. Da qualche anno le cosiddette “morti bianche” sono in crescita. Ben più del pil… Ma poco se ne parla: qualche titolo sui Tg e sui giornali, raramente in apertura, qualche intervista a colleghi, parenti delle vittime, qualche voce di sindacalisti locali. E amen, rip, e si passa ad altro.

Rarissimo ascoltare la voce di un politico che prenda magari qualche impegno preciso per combattere seriamente contro questa strage che ogni anno, più o meno, colpisce oltre mille lavoratori mentre stanno compiendo il proprio lavoro che deve dare dignità, reddito e serenità alle famiglie e che invece si trasforma in tragedia.

La sacra scrittura quando parla di Adamo cacciato dal paradiso terrestre per il suo peccato, e avviato a una vita di lavoro “guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte” (Libro della Genesi 3, 14-19) mica dice che con il sudore della tua fronte guadagnerai un loculo al cimitero.

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Da dove viene l’allarme rosso per le Regioni rosse

di Antonio Ramenghi

La Regione in Italia dove il Pd ha perso la percentuale più alta rispetto alle politiche del 2013 è, in assoluto, l’Emilia-Romagna: -10,6% (ha preso il 26,4% contro il 37%), facendo peggio addirittura della Sardegna dove il Pd il 4 marzo ha perso, rispetto al 2013, il 10,4% (ha preso il 14,8% contro il 25,2%).

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E i sondaggisti? Quello sbarramento li rende inattendibili

di Antonio Ramenghi

I sondaggisti come escono dal confronto tra i risultati delle urne e quelli da loro previsti prima del voto? Se si confrontano le medie dei sondaggi delle ultime cinque settimane prima dello stop imposto dalla legge si può dire, ancora una volta, che i sondaggi preelettorali ci azzeccano poco.  Ma c’è un ma: con i sondaggi riservati eseguiti dopo, sino alla vigilia del voto, il panorama si è chiarito meglio.

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Che campagna
sgangherata

di Antonio Ramenghi

C’è un aggettivo che qualifica la campagna elettorale in corso. Ed è sgangherato/a che secondo l’enciclopedia Treccani significa: 1. a. Divelto dai gangheri; b. Per estens., sconquassato, sfasciato, che non sta più insieme; anche con riferimento a persone, trasandato, sgraziato. 2. fig. Mal connesso, vacillante, scomposto, sguaiato, sgradevole a sentirsi. Lo spettacolo offerto da partiti ed esponenti politici forse non è mai stato tanto sgangherato e certamente non aiuta a convincere gli elettori indecisi, che sono ancora tanti, a recarsi alle urne il 4 di marzo.

Sono sgangherati i programmi, divelti dai gangheri fissati con il deposito del programma elettorale (con tanto di firma autenticata dal notaio del capo della formazione politica), come previsto dalla legge del 3 novembre 2017, n. 165, dove si dice che: Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all’articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati depositano il programma elettorale, nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica.

Se si leggono i programmi depositati e li si confronta con le dichiarazioni di molti candidati ed esponenti politici, si scopre che parecchie promesse, oggi sbandierate ai quattro venti, non figurano in quei programmi. A cosa e a chi credere allora? E il non rispetto di quei programmi depositati che cosa comporta per gli inadempienti? Quell’atto ha qualche valore giuridico oltre che politico o si tratta di parole (pur nero su bianco) buttate al vento?

Sono sgangerate le candidature, non solo per la schiera di impresentabili, mai così folta, ma soprattutto per i provvedimenti che alcuni partiti hanno preso nel rispetto dei propri statuti: espulsione di candidati e successiva pretesa di rinuncia alla candidatura e, dopo il voto, alla eventuale elezione. Una operazione praticamente impossibile se l’espulso non è d’accordo e storicamente assai laboriosa e lunga nel caso l’espulso consenta alla propria estromissione dal Parlamento, come ha ben spiegato in queste pagine Giovanni Piccirilli.

Sono sgangherate le coalizioni, sia a destra come a sinistra. Che il centrodestra di Berlusconi, Salvini, Meloni sia un amalgama assai poco riuscito, ormai è cronaca quotidiana. Divisi come sono non solo per quel che riguarda la scelta del candidato premier ma anche per quanto prefigurato sull’eventuale formazione di un governo, tra chi ipotizza larghe intese e chi le nega. Anche nel centrosinistra oltre a una non velata discordanza sul futuro premier (Renzi o Gentiloni?), si registra sempre più forte la divisione tra chi non vuole larghe intese con il centrodestra e chi appare assai più propenso nell’eventualità che queste consentano un governo stabile.

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Elezioni 2018: vincerà il secondo

di Antonio Ramenghi

La vignetta di Altan, quella dell’elettore al voto che inserendo la scheda nell’urna esclama: “Che perda il peggiore”, il 4 marzo sarà, in molti casi, ribaltata: a vincere uno scranno in Parlamento non sarà il più votato in quel seggio.

Il Rosatellum, la legge elettorale con cui si andrà a votare, non solo non consente di esprimere le nostre preferenze per questo o quel candidato, non solo non consente il voto disgiunto (voto un partito ma voto il candidato di un’altra lista), ma grazie alle pluricandidature farà sì che in molti collegi plurinominali non venga eletto il candidato capolista, ma il secondo nell’ordine (poco male, in fondo, visto che – appunto – non ci sono le preferenze).

Il gioco delle pluricandidature del Rosatellum, che per certi versi assomiglia al tanto e giustamente vituperato Porcellum, ha un doppio effetto: aver messo nelle mani delle segreterie dei partiti la quasi totale futura rappresentanza parlamentare e, secondo, aver tolto ai tanto declamati “territori” la possibilità di mandare in Parlamento candidati della propria terra, che conoscono la realtà locale, i suoi bisogni, le sue speranze, e che sono conosciuti (nel bene e nel male) dalla platea degli elettori del collegio.

Il primo effetto come si è visto ha provocato estenuanti trattative nelle segreterie e nei vari vertici dei partiti, con strascichi polemici, rischio di fratture, addirittura, come nel caso di Silvio Berlusconi, la necessità di una pausa defatigante nella campagna elettorale servita al leader di Forza Italia per rimettersi dalle giornate e nottate di trattative. A complicare ulteriormente la partita delle candidature e pluricandidature è stata anche la formazione delle coalizioni nelle quali ciascun partito aveva diversi centravanti o attaccanti di sfondamento, o presunti tali, da difendere e da schierare in campo. E per tenere insieme le alleanze non sono stati tanto i punti programmatici, i programmi, a suscitare discussioni e divisioni, ma appunto la spartizione dei seggi in particolare quelli presunti “sicuri”.

Il risultato è un puzzle che vede amplificata al massimo la possibilità delle pluricandidature prevista dal Rosatellum che in realtà inizialmente dovevano essere tre e che poi sono state portate a cinque.

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Cresce il gettito del 2 per mille ma il piatto dei partiti piange ancora

di Antonio Ramenghi

Gli elettori che a oggi si dichiarano non-votanti e quelli che dicono di essere ancora indecisi sul proprio voto sfiorano nei sondaggi il 50%. Tutti i partiti sono impegnati a recuperare al voto o alla decisione questa massa enorme di elettori. Il dato viene commentato nei dibattiti televisivi e negli editoriali come la prova della disaffezione dei cittadini verso la politica e i partiti. E in grande misura è così.

Ma c’è un altro dato che va in controtendenza rispetto a questo refrain, ed è quello relativo alla destinazione ai partiti del 2 per mille da effettuare con la dichiarazione dei redditi, unica fonte di finanziamento rimasta ai partiti, oltre le donazioni, dopo l’entrata in vigore della legge 13 del 2014. Se si guardano i dati complessivi del “gettito” dal 2014 a oggi si registra un andamento che appare in netta controtendenza rispetto al refrain-disaffezione: nel 2014 il 2 per mille portò ai partiti un totale di 325.711 euro; nel 2015 il totale è salito a 9.600.000 euro; nel 2016 il totale è salito a 11.763.000 mila euro e nel 2017 è arrivato a 15.315.000. Oltre 15 milioni di euro che i cittadini hanno liberamente scelto di destinare ai partiti politici. A fare la parte del leone in questa torta del 2 per mille è il Partito democratico che nel 2017 ha attirato circa 600 mila contribuenti per un importo pari a 8 milioni di euro, cioè oltre la metà dell’intero ammontare. A seguire la Lega Nord con 172 mila contribuenti per un totale di 1.900.000 euro. Forza Italia ebbe 62.000 contribuenti per un totale di 850.000 euro.

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Alla ricerca
del programma
che non c’è

di Antonio Ramenghi

Mancano 45 giorni al 4 marzo data delle elezioni politiche ma se cercate sui siti dei partiti non trovate ancora i loro programmi elettorali. Cioè quei testi che, nero su bianco, dovrebbero costituire un impegno vincolante e servire agli elettori per orientarsi e decidere il loro voto. A tutt’oggi questi programmi  non li trovate ma navigando vi appariranno solo slogan più o meno azzeccati, aggreggioni agli avversari, dichiarazioni fantasmagoriche, promesse a pioggia le più strampalate.

A ben vedere fare un programma serio che dica dove e come si vuol portare il Paese nei prossimi cinque anni non risulta un esercizio facile anche perchè questi programmi dovrebbero essere di coalizione. Così, per esempio i leader della coalizione quadrupede di Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia-Noi con l’Italia hanno sin qui fatto annunci molto discordanti: abolizione del jobs act, no solo revisione del jobs act, ma non è detto; abolizione della legge Fornero, no solo correzioni dove c’è da correggere, forse niente; tassazione della prostituzione, no non si può, ecc. ecc.

Non è che il centrosinistra stia meglio: a tutt’oggi, festa di Sant’Antonio, protettore degli animali, non si è neppure ancora realizzato il miracolo della composizione certa della coalizione, anche questa quadrupede, perchè Bonino sta ancora trattando sul peso di +Europa e la Lorenzin è in preda a doglie da seggio. Impossibile che per ora esca un programma elettorale comune anche dal centrosinistra.

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