di Giovanni Di Cosimo
La decisione della Corte costituzionale sull’inammissibilità del referendum sull’autonomia differenziata (sent. 10/2025) è percorsa da un filo di profonda sfiducia nelle capacità di discernimento degli elettori.
Secondo la Corte il quesito referendario è “formalmente lineare”, dato che mira ad abrogare quel che resta della legge 86/2024, cosiddetta Calderoli, dopo le pesanti dichiarazioni di illegittimità costituzionale decise nel dicembre scorso dalla medesima Corte costituzionale (sent. 192/2024). Nondimeno, i giudici ritengono che il quesito debba essere valutato sotto due profili: oggetto e finalità.
Dal primo punto di vista, il quesito sarebbe “privo di chiarezza” perché la sent. 192/1994 ha inciso profondamente sul tessuto della legge lasciando solo un “contenuto minimo”. Ciò “si riflette sulla comprensibilità del quesito da parte del corpo elettorale, oltreché sul fine ultimo, o ratio, della stessa richiesta referendaria”. L’oggetto del quesito risulta per l’elettore “obiettivamente oscuro”, “sostanzialmente non decifrabile”. Insomma, “L’elettore si verrebbe a trovare in una condizione di disorientamento, rispetto sia ai contenuti, sia agli effetti di quel che resta della legge n. 86 del 2024. Con la conseguenza che tale disorientamento impedirebbe l’espressione di un voto libero e consapevole, che la chiarezza e la semplicità del quesito mirano ad assicurare”.
Queste considerazioni tradiscono una visione paternalistica, tale per cui la Corte si preoccupa di preservare l’elettore bambino dal pericolo di fraintendere il quesito. Eppure, il senso politico del referendum sarebbe stato chiarissimo: eliminare anche il residuo della legge Calderoli in quanto espressione di un modello politico di attuazione dell’autonomia differenziata non condiviso.
Qui si inserisce la seconda valutazione della Corte, relativa alle finalità del referendum. Dicono i giudici “Dall’oscurità dell’oggetto del quesito deriva un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum. Con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato”. In realtà, gli elettori sarebbero stati chiamati a pronunciarsi sul residuo della legge, espressione del medesimo disegno politico che ha portato alle disposizioni censurate dalla sentenza del dicembre scorso. Gli elettori adulti non avrebbero equivocato, in discussione ci sarebbe stata il modo con cui la legge attua la disposizione costituzionale, e non la disposizione costituzionale in sé.