“Innanzitutto quello che dico ora, lo sostenevo anche prima. Il governo deve decidere se dare ai cittadini il ruolo di protagonisti o no. È offensivo verso di loro sostenere che c’è il blocco di mandato per sindaci e i governatori altrimenti si rischia un eccesso di potere. Significa dare degli idioti agli elettori. Prova ne sia che alcuni sindaci e governatori, che si sono presentati al secondo mandato, non sono stati eletti. E davvero sarebbe anacronistico se il premier eletto non avesse limite di mandati, mentre i presidenti di Regione e i sindaci sì”
Spiace dirlo, ma queste affermazioni di Zaia appaiono sconfortanti.
Non è necessario entrare nei tecnicismi della legge sui limiti di mandato per i Presidenti di Regione (che sul punto è chiara e più che condivisibile), né interrogarsi sulle presunte capacità taumaturgiche del ‘premierato’ (un sistema così avanzato da non essere mai stato adottato in nessun Paese occidentale, salvo in Israele per un brevissimo periodo e con pessimi risultati).
Il punto è molto più semplice ed è legato all’idea – esposta con convinzione dal Presidente Zaia – che il voto popolare rappresenti una sorta di salvifica catarsi, in grado di legittimare qualunque potere politico, senza bisogno di limiti, confini o garanzie costituzionali.
La storia, si sa, non insegna mai niente: forse perché stare sui libri è faticoso, essendo molto più comodo dare spazio a opinioni ‘in libertà’, o forse perché il livello di spregiudicatezza di parte della nostra classe dirigente è talmente alto da ignorare deliberatamente ciò su cui il passato illumina. Chiunque abbia incarichi istituzionali, ma a ben vedere qualunque cittadino che coltivi un minimo di consapevolezza civica, dovrebbe sapere che la storia dimostra tutto il contrario, e cioè che proprio il voto popolare, il consenso acritico delle masse, ha spesso rappresentato il tramite per l’insediamento dei più tremendi regimi politici.
Negli ultimi anni, il Presidente Zaia è meritoriamente apparso molto impegnato nelle celebrazioni de ‘il giorno della memoria’: sarebbe interessante sapere se ricorda quale ruolo ebbe il voto del popolo sovrano nell’ascesa del nazionalsocialismo in Germania o del fascismo in Italia (su quest’ultimo punto potrebbe chiedere informazioni ad alcuni colleghi di coalizione, da sempre molto interessati a certi tratti bui della ‘storia patria’, seppur con ricostruzioni talvolta un po’ eccentriche). E poiché il Presidente Zaia si professa cattolico, sarebbe altresì interessante sapere se ricorda chi, tra Gesù e Barabba, il popolo decise di mettere in croce.
Nessuno teme che un’ulteriore candidatura comporti rischi di questa portata, ma non è certo necessario intravedere dittature all’orizzonte per cogliere la pericolosità di certi argomenti demagogici, o peggio ancora l’evidente pericolosità di illegittime forzature.
La legge (veneta) sul limite dei mandati ai ‘governatori’, condivisibile o meno che appaia, deve essere rispettata, soprattutto da parte chi ha responsabilità istituzionali. Una quarta candidatura rappresenterebbe un fatto gravissimo e rischierebbe di gettare il Veneto in un caos istituzionale senza precedenti. Prudenza sul punto potrebbe essere consigliata all’attuale ‘governatore’ da un suo ex collega, Giancarlo Galan, altro uomo della provvidenza che ha retto il timone della Regione forse per un tempo maggiore a quanto necessario – sempre a furore di popolo, ovviamente – e con esiti non del tutto encomiabili.
Già, perché come diceva Montesquieu «chiunque abbia il potere è portato ad abusarne». Ciò è tanto più vero se il potere può rivendicare il consenso popolare, che tutto sembra giustificare e nulla impedire, e che proprio per questo andrebbe maneggiato con cura e senso di responsabilità, non aizzato urbi et orbi per scopi propagandistici.
Per queste ragioni, le Costituzioni nate dal sangue della Seconda guerra mondiale pongono stringenti limiti giuridici al potere del popolo (art. 1 Cost., da ultimo C. cost. n. 60 del 2023, 8 cons. dir.); per queste stesse ragioni già Platone consigliava di cacciare dalla città presunti uomini straordinari («gli diremmo che nella nostra città un individuo simile non esiste né è lecito che esista, e lo spediremmo in un’altra città dopo avergli versato mirra sul capo e averlo coronato di lana»). Perché in fondo, «tutto ciò che eccede la misura è patologico» (Dostoevskij).
Un ultimo punto merita di essere sottolineato. È davvero plausibile che, in tutti questi anni di governo del territorio, il Presidente Zaia (e lo stesso vale per il collega del PD De Luca, su posizioni simili al netto della diversa disciplina elettorale campana) non sia riuscito a costruire una classe dirigente credibile, in grado di continuare seriamente il suo lavoro? Nessuno gode a tale punto della sua fiducia?
Questo sembra davvero l’aspetto più preoccupante, perché un uomo politico non può ambire all’eternità, dovendosi semmai circondare di persone di qualità a cui lasciare lo scettro del comando a tempo debito.
Sapere costruire una classe dirigente credibile per il futuro, mentre si governa il presente, è uno degli standard su cui misurare il valore di un leader, ed è avvilente constatare come nessuno dei suoi, per Zaia, abbia la stoffa necessaria a succedergli.