I diritti dei magistrati vs. lo starnazzare dei politici

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di Roberto Bin

In un cortile abitato da oche starnazzanti qual è ormai la nostra politica, la vicenda della giudice Apostolico ha esasperato i versi e i rumori e ha sollecitato esternazioni prive di senso. Può essere utile riportare la questione ai suoi termini costituzionali.

Come ha detto la Corte costituzionale nel lontano 1981 (sent. 100/1981), “il diritto di libertà di manifestazione del pensiero non può subire, per i magistrati, limitazioni diverse da quelle previste per la generalità dei consociati”; ma essi sono soggetti a una “regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità nell’adempimento del loro compito”. Questa regola è fissata dal legislatore, che deve trovare il bilanciamento tra libera manifestazione del pensiero (e di riunione) e tutela della imparzialità del magistrato. La regola è fissate nell’art. 3 del d.lgsl. 109/2006, adottato dal Governo Berlusconi III, ministro della giustizia Roberto Castelli (e però modificato pochi mesi dopo – durante il Governo Prodi II – dalla legge 269/2006, che ha aggiunto l’inciso in corsivo): essa vieta “l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici” (come già aveva bene espresso qualche anno fa Salvatore Curreri in questo giornale). E’ il ben noto problema dei limiti che incontra un magistrato nell'”entrare in politica” (su cui rinvio alle considerazioni di Daniela Bifulco in questo giornale): problema difficile, su cui merita ricordare le dichiarazioni televisive dell’attuale Ministro Nordio, ma allora magistrato in servizio (2014), che lui mai sarebbe sceso in politica, neppure dopo essere pensionato, proprio per non varcare la delicata soglia che obbliga i magistrati ad astenersi da impegni politici anche dopo essere cessati dal servizio.

Se questa è la regola che fissa il punto di bilanciamento tra la libera espressione del proprio pensiero da parte di un magistrato e i limiti ad essa posti dalla difesa della sua indipendenza e imparzialità, in che modo essa può risultare scalfita dal fatto che un giudice sia visto, senza striscioni o cartelli e senza esibirsi in slogan o ingiurie, in una riunione promossa da varie associazioni e movimenti a difesa dei diritti dei migranti, e che nulla c’entrava con la causa che avrebbe deciso anni dopo? Eppure le massime autorità del Governo, cioè la premier e un vice-premier, si sono fatti intervistare più volte per manifestare la propria sorpresa e denunciare il comportamento della magistrata. La quale di una cosa è colpevole, di aver svolto con molta perizia e attenzione il proprio compito.

Se si ha cinque minuti per leggere il provvedimento della giudice di Catania, ci si troverà di fronte ad un provvedimento sobrio, ben motivato, che applica principi desunti dalle norme dell’Unione europea, oltre che dall’art. 10.3 della Costituzione, che già di per sé sarebbe una base giuridica sufficiente a far ritenere illegittima la legislazione vigente in Italia.

Posto che le decisioni dei giudici di primo grado sono sempre impugnabili, se le autorità di Governo le ritengono infondate hanno solo da mettere mano ai canali predisposti dall’ordinamento giudico. Spiegando quali sono gli argomenti che si possono opporre al giudice che ha svolto il suo compito, non starnazzando e rilasciando interviste agli altri muniti di penna che popolano il sottobosco giornalistico che ormai circonda il Governo. Aprendo la radio per ascoltare le notizie, il giornalista RAI di turno mi ha comunicato che la premier “era basita” per la sentenza, ma nulla ha detto del suo contenuto. “La notizia separata dal commento”, diceva l’autopubblicità della RAI: ma oggi basta il commento, della notizia si può fare a meno. 

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5 commenti su “I diritti dei magistrati vs. lo starnazzare dei politici”

  1. Almeno le oche del Campidoglio salvarono Roma dai Galli.
    Leggende a parte.
    Sebbene impossibile perché tutelato dal segreto d’ufficio e professionale, sarebbe interessante conoscere il parere dell’Avvocatura dello Stato sulla richiesta del Governo di ricorrere contro le ordinanze in materia che via via si susseguono dopo le prime del Tribunale di Catania.
    Taluni ritengono che l’Avvocatura dello Stato sia un’istituzione , storicamente e culturalmente, essenzialmente conservatrice, attribuendo, qualche volta a torto, un significato negativo a tale qualificazione.
    La legge assicura all’Avvocatura dello Stato piena autonomia e indipendenza rispetto alle Ammistrazioni che fruiscono della sua attività consultiva e in ambito giudiziale. E questo perché l’Avvocatura è essa stessa a presidio dei valori giuridici dell’ordinamento statuale nella sua unitarietà.
    Proprio per questa ragione, la dipendenza dell’Avvocatura dello Stato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è una forma di gerarchia c.d. esterna, nel senso che il Governo non può, e non deve, interferire sulla sua autonomia tecnico-professionale nella valutazione dell’interesse giuridicamente, quindi non “politicamente”, protetto e rilevante dello Stato ad agire o a resistere in giudizio, a promuovere o ad abbandonare giudizi.
    Ciò nonostante tutti i governi, di qualsiasi tendenza o maggioranza politica, hanno tentato e sempre tenteranno di incidere sull’autonomia dell’Avvocatura per strumentalizzarne il prestigio ai propri fini politici contingenti.
    “Prima giudice e soltanto dopo avvocato” è regola aurea che vale per tutti gli avvocati, alla quale a maggior ragione, dato il rilievo pubblico a presidio di primari valori statuali, l’Avvocatura dello Stato si attiene per “vocazione” contro chi vorrebbe strumentalizzarla come un corpo di obbedienti “burocrati in toga”.
    Questa è la ragione di base che auspicabilmente potrà indurre il Governo a rinunciare al ricorso contro le ordinanze dei giudici etnei e di altri, peraltro impeccabili nell’interpretazione dei principi costituzionali.

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  2. Buongiorno Professor Bin, la Costituzione del 1948 venne innestata sullo statuto monarchico in diciotto mesi d’intenso lavoro fra macerie materiali e morali d’un Popolo Stremato stabilendo essenziali regole di convivenza civile rese disponibili in modo comprensibile anche agli Ultimi.
    Alcune sono state progressivamente modificate e due, di cvi il TitoloV, via referendum Costituzionale senza la prescritta maggioranza approvativa del Popolo Sovrano, che dire poi delle repliche di mandato Presidenziale espressamente negate da specifiche votazioni, argomentazioni a Lei già note per mie precedenti analisi critiche.
    Nell’ultimo trentennio le competizioni partitiche sono degenerate in luccicanti caleidoscopi mediatori di rapidi e superficiali consensi unitamente a campagne mediatiche ad annichilare malaccetta concorrenza; più che “un cortile di oche starnazzanti” a me pare una struttura politica naufragata in una stagnante palude col Popolo Sovrano Osservatore sempre meno partecipe.
    Il potere esecutivo da decenni di fatto esercita il potere legislativo in luogo di Parlamenti chiamati a sommarie deliberazioni fiduciarie incorrenti spesso nel vaglio della Magistratura Cvi spetta ogni Supremo Controllo.
    Inderogabile, a mio modestissimo parere, una rigorosa terapia riCostituente.
    Saluti e cordialità a Lei ed a Tutti i Lettori, santarcangelo di Romagna16 ottobre 2023, Enzo Bargellini.

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  3. Buongiorno al Direttore, ai Redattori ed a Tutti i Lettori, nel formularVi auguri per il nuovo anno sidereo aggiungo una piccola critica sui…lavori bicamerali di questo fine anno…dunque:
    Visto l’art.81C. vigente pare che la legge di bilancio richieda l’approvazione a maggioranza qualificata in entrambe le camere ma in una di esse i voti favorevoli sarebbero stati 200 anziché duecentouno.
    Saluti dalla romagna, enzo Bargellini.

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  4. Egregio, perdonerà il ritardo della mia risposta a suo appunto ma i miei interessi prevalenti sono ormai altrove orientati, tuttavia non intendo sottrarmi alla sua cortese matita…correttiva (se vuole può anche tenereLa privata) riservandomi di meglio dettagliare prossimamente, dunque:
    in un sistema binario la parola “maggioranza” senza aggettivi vale più della metà di qualsiasi insieme matematico.
    Sotto il 50% sono tutte minoranze più o meno relative sia in insiemi binari che plurali.
    Sopra il 50% sono Tutte Maggioranze più o meno Qualificate negli insiemi di cvi sopra con il caso estremo limite della “unanimità”
    Nell’art.81 sia originale che diluito si parla impropriamente di “maggioranza assoluta” che è la minima delle qualificate succitate.
    Cordialmente Salutando vado a ripassare i Lavori del Grande Prof. GIUA membro della commissione dei 75 e già allievo e collega del Grandissimo prof. Bargellini Guido.

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