Quel che conta è il luogo del parto, non il legame biologico per i bimbi nati da ‘due mamme’

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di Fabio Ferrari

Sta suscitando forti reazioni l’impugnazione da parte della Procura della Repubblica di Padova di numerosi atti di nascita relativi a bambini nati da ‘due mamme’, tramite cioè fecondazione eterologa praticata all’estero.

Senza volere entrare nel merito dei procedimenti in corso, dei quali peraltro non si conoscono le carte, è opportuna una precisazione generale. Non è il legame biologico della madre non partoriente a determinare la sua riconoscibilità – o meno – come genitore nel nostro Paese: ciò che conta è il luogo del parto.

Almeno a partire dal 2016, difatti, la Cassazione ha stabilito che il bambino concepito e nato all’estero ha pieno diritto al riconoscimento di entrambe le madri: in questo caso, il certificato di nascita si è legittimamente formato fuori dai confini nazionali, e il nostro Paese si limita a riconoscerlo come tale, non ritenendolo contrario all’ordine pubblico. Non ha alcuna importanza quale legame intrattenga la madre ‘non di parto’ con il piccolo: sia che abbia donato gli ovuli, sia che abbia condiviso la ‘sola’ intenzione procreativa, ella è considerata genitore a tutti gli effetti (Cass. civ. n. 19599 del 2016, n. 14878 del 2017, n. 23319 del 2021).

Ben diverso è il caso in cui, a parità di tecnica utilizzata e perfino di Paese straniero a cui ci si rivolge per la fecondazione, la coppia decida di partorire in Italia. Può sembrare un dettaglio, ma si tratta di una scelta decisiva: in tali circostanze, deve essere applicata la legge italiana, che considera madre soltanto colei che ha partorito (Cass. civ., nn. 7413, 10844, 11078, 22179 del 2022). Alla madre di intenzione, o donatrice degli ovuli alla compagna, non rimane pertanto che la strada dell’‘adozione in casi particolari’, proprio come avviene nelle vicende di gestazione per altri.

Dunque, allo stato attuale della legislazione e degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, una coppia di donne che ricorra a fecondazione eterologa all’estero, e che desideri il pieno riconoscimento della doppia genitorialità, non deve commettere l’errore di partorire in Italia.     

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