La maternità surrogata? “È una pratica razzista”, dichiara la ministra della Famiglia Eugenia Roccella in televisione. “Nella maternità surrogata ci sono due donne: una dà gli ovociti, l’altra è il vero utero in affitto… Si sceglie chi dà l’ovocita attraverso una sorta di selezione della razza: la donna deve essere alta, bella, bionda, generalmente è dell’Est, l’ovocita di una donna nera costa molto meno di una donna bianca, con connotazioni evidentemente razziste”.
Dev’essere proprio per risparmiare sui costi che Sara chiese ad Abramo di “usare” la sua schiava egizia per mettere al mondo un figlio che avrebbe soddisfatto il suo “bisogno di genitorialità”: “unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli” (Genesi, 16:2). Sara era stata una donna bellissima, ma sterile. Nella Bibbia questo problema si ripropone un po’ più in là, quando a Giacobbe, il terzo patriarca di ebrei e cristiani, la moglie Rebecca disse: “Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch’io una mia prole per mezzo di lei” (Genesi, 30:3).
Se la ministra Roccella leggesse la Bibbia, forse si renderebbe conto che il “bisogno di genitorialità” non è un sentimento che nasce dalla perversa fantasia delle coppie omosessuali, che lei notoriamente non ama. Nasce nelle viscere più profonde della storia umana, e già allora suscita una serie di gravi problemi etici e giuridici per ciò che riguarda i rapporti tra figli “legittimi” e figli surrogati (come altrove ho messo in evidenza). Per facilitare il compito di Abramo nel gestire il problema dell’eguaglianza dei figli comunque acquisiti alla famiglia, il Signore escogitò una soluzione semplice ed efficace: la circoncisione, che accomuna tutti i maschi e segnerà l’alleanza di tutti i popoli discendenti da Abramo con Dio. “Sarà circonciso tra di voi ogni maschio di generazione in generazione, tanto quello nato in casa come quello comperato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua stirpe”(Genesi, 17:12). La circoncisione fissa l’appartenenza al nucleo sociale e assicura l’eliminazione delle discriminazioni giuridiche tra i figli, quale ne sia la nascita.
Figli generati per le vie più consuete, figli generati attraverso la schiava, figli comprati dallo straniero… tutti circoncisi e tutti eguali per la società e il suo ordinamento. Il Parlamento non ha i poteri e le capacità dell’Altissimo, ma una soluzione equivalente potrebbe adottarla? Si può seriamente pensare invece di risolvere il problema impedendo che i bambini si generino in modi già noti ai tempi del vecchio Testamento?
Si deve fare i conti con quanto ha affermato la Corte costituzionale quando ha affrontato il problema della condizione in cui vertono le coppie sterili: “la negazione assoluta del diritto a realizzare la genitorialità, alla formazione della famiglia con figli, con incidenza sul diritto alla salute… è stabilita in danno delle coppie affette dalle patologie più gravi” (sent. 162/2014). Si trattava allora delle coppie che ricorrevano alla fecondazione eterologa: ma questa è una via preclusa non solo alle coppie omosessuali, ma anche alle donne che, per qualche ragione, non dispongano di un apparato riproduttivo efficiente, per esempio perché hanno subito l’isterectomia. Il loro “bisogno di genitorialità” può essere soddisfatto solo dal ricorso alla gestazione per altri o all’adozione. Ma la legislazione italiana sull’adozione è tale da rendere lunga, incerta e fortemente condizionata questa strada, che il legislatore italiano a quanto pare non ha alcune intenzione di facilitare. E’ un legislatore propenso più a vietare e punire che ad affrontare con compassione i problemi delle persone.
Se davvero si vuole mantenere il divieto penale della surrogazione – al di là dei modi in cui si può immaginare di punire i cittadini italiani che ricorrono a questa pratica nei tanti Paesi che invece la consentono, (sarebbe comunque necessario una modificazione della legislazione vigente) – sembra però evidente l’illegittimità della disparità attualmente inflitta ai figli generati attraverso quella pratica. Se punire i genitori per aver fatto ricorso ad una pratica procreativa vietata è legittimo, colpire i figli così generati negando loro la assoluta parità dei diritti con gli altri bambini è palesemente contrario a Costituzione (è quanto la Corte costituzionale ha più volte riconosciuto, del resto, pur suggerendo una via – l’adozione in casi particolari – per sciogliere il contrasto): significherebbe usarli come strumento per punire il comportamento dei genitori, il che rappresenta l’esempio più plateale di violazione della loro “dignità umana”. Dignità che invece la ministra Roccella evoca ogni volta si parli di fine vita, di aborto o, appunto, di surrogazione.