Sulla libertà di accesso di parlamentari a strutture pubbliche

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di Marco Plutino

La notizia è stata appena ripresa da qualche giornale. Due parlamentari, accompagnati da alcuni eletti locali, intenzionati a svolgere una ispezione all’Asl Na 1 (presidio intermedio di Napoli Est, quartiere Barra) sono stati interdetti nell’accesso e poco dopo identificati dalla Digos. Nell’esercizio delle loro funzioni non gli è stato, in breve, concesso di accedere a locali normalmente aperti al pubblico. La visita, originata da segnalazioni di cittadini, era stata peraltro, affermano i parlamentari, preannunciata via p.e.c. Anziché organizzare l’accoglienza di due rappresentanti della Repubblica e accompagnarli nella visita, il Direttore Generale ha fatto trovare il Direttore Sanitario all’ingresso: il quale, senza motivare, ha interdetto loro  l’accesso ai locali e ha chiamato la polizia che, presentatasi con due volanti neanche si trattasse di sventare una rapina, ha proceduto alla identificazione dei parlamentari, i quali hanno, per così dire, rinunciato alla visita. Pare che si trattasse della Digos, il cui acronimo, è bene ricordare, sta per “Divisione investigazioni generali ed operazioni speciali”. Si tratta di un reparto specializzato della polizia di Stato con specifici compiti di indagine e contrasto di alcuni reati particolarmente gravi, spesso di natura politica. Qui siamo invece davanti all’esercizio legittimo di prerogative parlamentari.

La visita dei parlamentari è esercizio di una funzione istituzionale, quella ispettiva, che contempla il potere di valutare, e, prima conoscere, l’attività del governo e della pubblica amministrazione in generale, anche al fine di assumere iniziative formali dentro e fuori il parlamento. Un segmento rilevante della nostra forma di governo, parlamentare, e di stato, democratica. Respingere i parlamentari è respingere dei rappresentanti politici del popolo italiano, impegnati nel libero esercizio delle loro funzioni. Si tratta di una violazione di una prerogativa istituzionale del parlamento, di cui godono di riflesso i parlamentari.

Il mandato parlamentare non si svolge solo nelle aule. E il ruolo del Parlamento non è confinato nelle sue mura. Il rapporto con il territorio è una parte fondamentale dell’uno e dell’altro. Su questo modo d’intendere la funzione parlamentare e di conseguenza il ruolo del Parlamento c’è una giurisprudenza costituzionale consolidata. Leggi specifiche riconoscono espressamente al parlamentare il diritto di visitare particolari strutture (istituti penitenziali e strutture militari, inclusa ogni zona o istallazione militare): la vera finalità di tali leggi non è solo di bilanciare con altri interessi l’esercizio di una funzione in sé indiscutibile. Al punto da specificare per gli istituti penitenziari che tale prerogativa è estesa a molte altre figure e non occorre neanche un preavviso, mentre per quanto riguarda le strutture militari la garanzia è limitata ai parlamentari con il semplice onere di un preavviso di almeno ventiquattro ore. Soltanto per le aree riservate occorre con specifica autorizzazione e a certe condizioni è perfino possibile visitare strutture militari internazionali presenti su territorio italiano.

Appare ovvio concludere che il più – l’ipotesi più delicata – contiene certamente il meno, e un presidio sanitario non ha certo i connotati di delicatezza e sicurezza di un istituto di pena o di una struttura militare, né necessita di una legge ad hoc che preveda l’esercizio del potere in questione. Dall’altro l’art. 3.1 della l. 140/2003 ha una portata generale nel riferirsi ad attività di ispezione che, insieme ad altre, sono connesse alla funzione parlamentare e si svolgono (anche) fuori dal Parlamento.

Quello che è accaduto è grave e dovrebbe trovare una risposta sia da parte del Presidente della Giunta Regionale, da cui dipende funzionalmente l’Asl, sia da parte del Governo, quest’ultimo anche con riferimento all’attività di polizia. Ciò dovrebbe avvenire su sollecitazione dello stesso Presidente della Camera, di cui fanno parte i due parlamentari, e oltre ad aprire a interrogazioni con il loro eventuale seguito, potrebbe e forse dovrebbe far luogo ad un conflitto di attribuzioni, soprattutto qualora una nuova visita ricevesse lo stesso tipo di risposta.

Tale ricorso alla Corte costituzionale sarebbe presentabile dalla Camera nel suo complesso ma, di fronte a contrasti politici (che non dovrebbero esistere su questioni che incidono così pesantemente sullo status del parlamentare), anche da singoli parlamentari (qui “esponenziali” della funzione), al fine di ribadire la spettanza del potere e dichiarare l’illegittimità della condotta tenuta dall’Asl. Sarebbe stato certamente opportuno depositare una denuncia subito (e non sappiamo se è stato fatto). Un rimedio contro un comportamento che è andato ad incidere negativamente sulle funzioni dei singoli parlamentari e, dunque, del Parlamento, e che potrebbe trovare una prima e immediata riparazione nello svolgimento della visita negata in prima battuta, prima ancora di un riconoscimento del torto.

In un caso non dissimile in cui un prefetto aveva negato ad un onorevole accompagnato da una delegazione di esperti l’accesso ad un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), il Tar Sicilia aveva riconosciuto un “diritto soggettivo perfetto” all’accesso del parlamentare, peraltro includente – come nel caso che si discute – anche “coloro che [lo] accompagnano […] per ragioni del loro ufficio”. Più chiaro di così.

* L’immagine è tratta da Il Riformista

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