Puigdemont, tra mandato europeo e immunità parlamentare

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di Alberto Di Chiara e Marco Cecili

Carles Puigdemont – ex presidente della Generalitat catalana, attualmente eurodeputato – è stato arrestato nella serata del 24 settembre ad Alghero, dove avrebbe dovuto presenziare ad un convegno organizzato dagli indipendentisti sardi. La misura è stata assunta in esecuzione di un mandato d’arresto europeo richiesto dall’autorità giudiziaria spagnola in relazione allo svolgimento del referendum sull’indipendenza della Catalogna del 2017.

La vicenda – della quale ci siamo già occupati in questa sede – rappresenta l’ultimo episodio di una saga assai articolata Come si è avuto modo di approfondire, alla fine del marzo scorso il Parlamento europeo aveva revocato l’immunità parlamentare dei tre eurodeputati indipendentisti catalani. Con un’ordinanza del luglio 2021, la Corte di Giustizia aveva rigettato la richiesta di sospensione della revoca dell’immunità, sulla base della circostanza che, fintantoché il giudice europeo non avesse deciso sul rinvio pregiudiziale proposto dall’autorità giudiziaria spagnola sui limiti del mandato d’arresto europeo, non veniva ravvisato alcun pericolo di limitazione della libertà personale dei ricorrenti.

Peraltro, l’ordinanza precisa che qualora tale eventualità dovesse presentarsi rimarrebbe sempre aperta la possibilità di esaminare una nuova istanza di sospensione della revoca dell’immunità in via cautelare, al fine di neutralizzare qualsiasi pericolo per l’esercizio del mandato parlamentare (p.to 60). Quest’ultima previsione suscita, però, più di qualche dubbio: subordinare la sospensione della revoca dell’immunità parlamentare alla circostanza che si palesi un pericolo rappresentato da una limitazione della libertà personale appare poco ragionevole, se si considera che in questo modo la prerogativa tornerebbe efficace solo dopo che la lesione si è prodotta. In questo modo potrebbe accadere che l’esercizio del mandato parlamentare sia inibito nel tempo intercorrente tra l’arresto ed il successivo ed eventuale giudizio cautelare di fronte alla Corte di Giustizia, rischio che si sta ponendo in concreto nello scenario attuale. Considerato che il giudizio di annullamento della revoca dell’immunità è ancora pendente – come lo è il rinvio pregiudiziale spagnolo sul mandato di arresto europeo – forse avrebbe prodotto meno complicazioni mantenere l’operatività dell’immunità parlamentare fino alla definizione dei due giudizi, invece di agganciarla ed eventi allora futuri e incerti, quali la probabilità che venga eseguito o meno un mandato d’arresto europeo già emesso da uno Stato membro.

Le questioni sottese all’arresto di Puigdemont in Sardegna si intersecano, quindi, in una vicenda complessa e, come abbiamo visto, abbastanza lunga.

Innanzitutto, ci si deve domandare se l’ordine d’arresto spagnolo sia attivo o meno. Infatti nell’order del 30 luglio 2021 della Corte di Giustizia che respinse il ricorso di Puigdemont contro la revoca dell’immunità si legge che “the Spanish authorities also expressly stated that that request called for the suspension of the national arrest warrants issued against the applicants and entailed the suspension of any procedure for the execution of a European arrest warrant that may have been initiated. They also stated that no court of the European Union could execute the European arrest warrants at issue until the Court of Justice had given a ruling” (punto 54) e che “there is nothing to suggest that the Belgian judicial authorities or the authorities of another Member State could execute the European arrest warrants issued against the applicants and could surrender them to the Spanish authorities” (punto 56). Ora le strade sono due: o l’autorità italiana ha fermato per un errore Puigdemont perché il mandato di arresto è stato effettivamente sospeso (da quello che risulta, Puigdemont ha lasciato il Belgio ben sei volte da quando ha perso l’immunità, senza mai venire arrestato) oppure la Spagna non ha mai sospeso l’ordine, al contrario di come ha affermato alla Corte di Giustizia. In questo secondo caso sarebbe stato realizzato un comportamento sleale. Infatti, da come emerge dal provvedimento della Corte di Giustizia, non sarebbe stata concessa la revoca dell’immunità senza questo passaggio fondamentale. Si può dubitare se la decisione di Lussemburgo sia effettivamente corretta, perché si è basata su promesse e intenzioni più che sui fatti, ma forse il non aver sospeso il mandato d’arresto è un comportamento molto grave (il giudice Llarena ha subito inviato il mandato di cattura alla Corte d’Appello sarda, ritenendolo, quindi, valido ed efficace). La Corte d’Appello di Sassari, competente a decidere l’estradizione, dovrà tenere conto delle basi sulle quali è stato pronunciato l’order della CGUE e dei dubbi sul comportamento della Spagna.

In secondo luogo, sarà necessario verificare la corrispondenza tra i reati contestati al leader catalano e quelli previsti dall’ordinamento penale italiano e tra i più delicati c’è quello di sedizione. Per l’art. 544 del Código penal spagnolo “sono rei di sedizione coloro che, non compresi nel reato di ribellione si sollevino pubblicamente ed in forma di tumulto, per impedire con la forza o al di fuori delle vie legali, l’applicazione delle Leggi o il legittimo esercizio delle funzioni, il rispetto degli accordi, o delle risoluzioni amministrative e giuridiche, a qualsiasi autorità, corporazione ufficiale o funzionario pubblico”. Il reato di sedizione altri paesi europei viene sempre accompagnato ad atti di violenza. Nell’ordinamento italiano, infatti, non esiste una fattispecie simile e difficilmente può essere equiparata alla radunata sediziosa ex art. 655 c.p. o alla “devastazione o saccheggio” (419 c.p. e nel referendum del 2017 non si realizzarono né devastazioni o saccheggi). L’art. 241 c.p. riguardante l’“attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato” non può essere applicato perché dal 2006 si richiede che siano realizzati “atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato […] alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato”. Si può legittimamente dubitare che l’indizione del referendum o la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Parlament catalano siano atti violenti e idonei, da soli, a ledere la sovranità dello Stato spagnolo (ragionamento alla base di alcune pronunce dei giudici tedeschi nel 2018 in un caso simile a questo). Infatti, se riteniamo valida la teoria weberiana secondo cui la sovranità risiede nell’uso legittimo della forza, questa non è mai venuta meno nel territorio spagnolo e l’indizione del referendum non ha avuto la capacità di dar luogo ad alcuna discontinuità.

Inoltre, il giudice sardo dovrebbe considerare anche se quelli di cui è accusato Puigdemont siano reati politici, per i quali non è possibile concedere l’estradizione. La Corte di Cassazione ha affermato che la nozione di reato politico si riferisce a quelle condotte che, in ragione degli interessi giuridici lesi, espongono l’estradando, se consegnato, al concreto pericolo di essere sottoposto nello Stato richiedente ad un processo penale non equo o alla esecuzione di una pena discriminatoria o ispirata da iniziative persecutorie (Cass. Pen. 5089/2014). Gli anni di fuga di Puigdemont, l’elezione contestata al Parlamento europeo, le successive vicende giuridiche e le altissime pene inflitte nel procés ai “sediziosi” catalani non fanno certo sperare nell’equità della giustizia spagnola.

Esiste, quindi, un forte disallineamento tra il diritto penale spagnolo e quello europeo. Anche l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa lo scorso 21 giugno ha invitato la Spagna a non perseguire più i politici catalani e a riformare i reati di sedizione e ribellione, mentre la richiesta di una amnistia totale è sempre più forte da parte delle forze politiche catalane. Dopo l’indulto a gran parte dei condannati nel procés sembrava che il dialogo tra Governo spagnolo e catalano potesse riprendere con maggiore fiducia, ma la vicenda dell’arresto di Puigdemont ha fatto riavvicinare le varie anime dell’indipendentismo, che già dal 24 settembre (giorno della Mercè, la festa major di Barcellona) hanno riempito le piazze, guidate dal presidente Aragonès (Presidente della Generalitat) e da Laura Borràs (Presidente del Parlament catalano), che ha, inoltre, atteso Puigdemont fuori dal carcere di Sassari. Infatti, il giudice sardo ha deciso nel pomeriggio del 24 settembre per la scarcerazione senza alcuna restrizione, fissando l’udienza per decidere l’estradizione in Spagna al 4 ottobre. Puigdemont è quindi libero di lasciare l’Italia. A quanto risulta alla data odierna, pare che Puigdemont – già rilasciato – riuscirà a partecipare alla seduta del Parlamento europeo programmata per lunedì 27 settembre. Nel caso questo accadesse la Corte d’appello dovrà archiviare il caso con un non luogo a procedere. Puigdemont ha subito affermato via Twitter che “la Spagna non perde occasione per mostrarsi ridicola!”.

La vicenda va seguita con attenzione e analizzata con cura per tentare di studiare le prossime fasi di una vicenda che appare lontana dalla conclusione.

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