Ormai da molti anni, una maggiore stabilità ed efficienza del governo è ritenuta necessaria, anche per dare maggiore rilievo alle iniziative italiane in ambito europeo. Ancor di più, si giudica di fondamentale importanza dare risposta al bisogno di legittimazione democratica, per sottrarre l’elettore alla condizione di inferiorità in cui viene mantenuto (Leopoldo Elia). Questo bisogno riguarda tutte le forze politiche, ma la risposta non può essere l’istituzione di un’Assemblea costituente: si è già ben espresso Alessandro Morelli, nel suo articolo del 2 giugno, su questa proposta «illegittima e pericolosa». È quindi auspicabile che si condivida l’ipotesi di una riforma elettorale per favorire la formazione di coalizioni pre-elettorali e, sulla base della scelta operata dal corpo elettorale, la formazione di compagini e maggioranze parlamentari in grado di dar vita a governi più stabili. Le coalizioni pre-elettorali, pur essendo un’espressione creativa della attività dei partiti politici, ricevono però un consenso elettorale immediato; esse, inoltre, favoriscono una più stretta correlazione fra uomini e programmi, riducendo le potenzialità trasformistiche degli accordi partitici post-elettorali.
Ovviamente questo non basta per avere maggioranze stabili e, soprattutto, omogenee.
Tra le proposte in materia elettorale, si potrebbe considerare l’ipotesi di un sistema elettorale a formula alternativa (proporzionale o maggioritaria), in particolare con un premio assegnabile a doppio turno eventuale. Il funzionamento, piuttosto articolato, vorrebbe contemperare esigenze di rappresentanza, auspici di governabilità e indicazioni della Corte costituzionale: le forze politiche sarebbero libere di presentarsi singolarmente o di coalizzarsi tra loro (per le coalizioni, in tutti i casi, i seggi spettanti sarebbero distribuiti prima alla coalizione stessa e poi alle sue liste, in base ai loro risultati).
Volendo immaginare un premio di maggioranza a favore della governabilità, sembra opportuno prevedere la soglia minima del 40% dei voti perché una coalizione (o una lista non coalizzata) possa ottenere il premio al primo turno, arrivando al massimo al 55% dei seggi in entrambe le Camere. Qualsiasi premio che andasse oltre questa soglia metterebbe in pericolo l’equilibrio dei diversi poteri e il sistema delle garanzie costituzionali: queste, anzi, devono essere rafforzate per affermare sempre un “costituzionalismo condiviso”, il pluralismo istituzionale e quello di matrice sociale, nonché la dialettica maggioranza-minoranze parlamentari (definendo, magari, le norme note come “statuto dell’opposizione”).
Se la prima coalizione o lista non raggiungesse il 40% dei voti, si potrebbe assegnare lo stesso premio di maggioranza al ballottaggio; per evitare distorsioni eccessive sanzionabili dalla Corte costituzionale, tuttavia, sembra opportuno prevedere questo secondo turno solo ove entrambe le coalizioni/liste più votate abbiano raggiunto almeno il 35%. Ciò, oltre a porre al riparo le nuove norme da censure già incontrate in passato, favorirebbe sin dal primo turno la tendenza alla bipolarizzazione. Un effetto simile non si avrebbe, per esempio, portando la soglia minima per l’attribuzione del premio dal 40% al 45%: più che ridurre la frammentazione partitica, produrrebbe solo coalizioni molto disomogenee.
Qualora, invece, una sola coalizione o lista arrivasse al 35% (o se nessuna di queste raggiungesse l’obiettivo), non scatterebbe alcun premio di maggioranza e i seggi sarebbero tutti distribuiti secondo una formula proporzionale.
Nei primi due casi si sarebbe di fronte, in concreto, a un sistema maggioritario con rappresentanza delle minoranze; nel terzo e ultimo caso, a un sistema proporzionale. Per questo si è parlato, all’inizio, di un sistema a formula alternativa. Questa soluzione punta a distinguere nettamente l’applicazione di un sistema di fatto maggioritario (pur con l’inevitabile ripartizione dei seggi tra le coalizioni di minoranza e all’interno delle singole coalizioni in proporzione ai voti ottenuti) da quella di una formula proporzionale: in questo modo si “prende sul serio” il monito lanciato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 1/2014 (guardando anche alla giurisprudenza costituzionale tedesca), per cui «qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita” […] che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare».
Pensando al concreto funzionamento di questo sistema, si potrebbe dividere il territorio nazionale in circoscrizioni (di dimensione regionale, ma non necessariamente, alla Camera; di dimensione regionale al Senato, a meno che ovviamente non vada in porto la “riforma Fornaro” che introduce l’elezione dei senatori a base circoscrizionale), assegnando a ciascuna di queste i seggi loro spettanti in base alla popolazione. L’85% dei seggi assegnati a ogni circoscrizione sarebbe comunque assegnato secondo una formula proporzionale in base allo scrutinio di lista, con la previsione della doppia preferenza di genere.
I seggi restanti (pari all’incirca al 15% di quelli da distribuire, sia pure per difetto) avrebbero un destino diverso in base al risultato elettorale. Qualora il premio scatti al primo turno, i seggi sarebbero assegnati alla lista o alla coalizione che ha superato il 40% dei voti, a partire dalle circoscrizioni in cui la lista/coalizione ha ottenuto la percentuale maggiore, fino al raggiungimento da parte della stessa del 55% dei seggi della singola Camera: qualora tale quota fosse raggiunta senza esaurire l’intero “pacchetto” del premio, i seggi residui (legati alle circoscrizioni in cui i soggetti destinatari del premio hanno “vinto meno”) verrebbero attribuiti alla lista/coalizione giunta seconda nello scrutinio di lista. In entrambi i casi, i voti si trasformerebbero in seggi a beneficio delle prime persone non elette nei vari territori, sempre in ogni caso rispettando le preferenze espresse dal corpo elettorale.
Qualora invece almeno due liste/coalizioni raggiungano il 35%, il ballottaggio – senza possibilità di nuovi apparentamenti – servirebbe a far determinare agli elettori la lista o coalizione destinataria del premio, che in quel caso verrebbe assegnato per intero (visto che i beneficiari resterebbero comunque sotto il 55% dei seggi). Ovviamente la compagine parlamentare di maggioranza sarebbe meno nutrita rispetto al caso del premio vinto al primo turno; ciò sembra accettabile, considerando che si vuole limitare la distorsione del risultato del primo turno (come richiesto dalla Corte costituzionale e come l’introduzione della soglia di accesso al ballottaggio aiuta a fare). Anche in questo caso, il premio si tradurrebbe nell’assegnazione dei seggi corrispondenti alle prime persone non elette, nelle varie circoscrizioni, dalla lista/coalizione premiata in base alle preferenze ricevute nel primo turno.
Se, da ultimo, non scattasse affatto il premio, anche i seggi destinati a quello scopo sarebbero distribuiti con il sistema proporzionale nelle varie circoscrizioni, tra le liste e coalizioni che si sono affrontate. All’ipotesi in cui soltanto una o nessuna lista/coalizione raggiungesse il 35% dei voti, peraltro, occorrerebbe aggiungere quella in cui il premio dovesse essere vinto in modo disomogeneo tra le due Camere (quindi da liste/coalizioni diverse): anche in questo scenario, dunque, la distribuzione dei seggi sarebbe interamente proporzionale.
Queste ipotesi, ovviamente, sono sempre possibili, ma il modo in cui il sistema è stato pensato rende assai più probabile la formazione di maggioranze parlamentari (nette, ma mai oltre il 55% dei seggi) espressione della stessa coalizione elettorale vincente.
Nella sua parte a funzionamento maggioritario, il sistema può ricordare quello più diffuso a livello regionale (dopo il superamento dei “listini”), con il premio “ribaltato” sui gruppi di liste circoscrizionali. Ovviamente ci sono differenze rilevanti: innanzitutto non c’è l’elezione diretta di un presidente (e non si indica un capo della forza politica o della coalizione), poi il premio è solo eventuale e può richiedere un ballottaggio per la sua assegnazione (previsto in Toscana, sia pure a condizioni diverse da quelle viste qui).
Naturalmente alla struttura di base del sistema elettorale occorre affiancare altri dettagli non trascurabili. Oltre alla frammentazione, infatti, va scoraggiata o “neutralizzata” la possibilità che i partiti principali delle coalizioni creino e coinvolgano “liste rastrellavoti”, di scarsa consistenza, ma utili per raggiungere le soglie di accesso al premio o al ballottaggio: sarebbe quindi bene prevedere che ai fini del raggiungimento delle soglie predette, non siano computati i voti delle liste che hanno ottenuto meno dell’1% (queste potrebbero comunque concorrere al riparto dei seggi, non prevedendo il sistema proposto clausole di sbarramento).
Visto il mancato superamento del bicameralismo perfetto, poi, occorre naturalmente allineare l’elettorato attivo per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato. In tale senso, è auspicabile a breve l’approvazione in seconda lettura da parte del Senato della modifica dell’art. 58 della Costituzione; modifica che estende agli elettori che hanno superato il diciottesimo anno di età il diritto di votare anche per i componenti della seconda Camera.
Da ultimo, la scheda elettorale non subirebbe particolari scossoni rispetto alle forme cui siamo abituati in altre circostanze. Secondo l’immagine allegata, potrebbe essere simile a quella prevista per le elezioni amministrative nei comuni superiori, ovviamente senza l’indicazione di capi della forza politica o della coalizione: ci sarebbe un rettangolo per ogni lista presentata (contenente il rispettivo contrassegno e le due linee per consentire la doppia preferenza di genere), accostando i rettangoli delle liste coalizzate (“impilati” in fila per due, come prevede il modello più recente di scheda).
Gli elettori, dunque, non incontrerebbero difficoltà: potrebbero votare per una lista (e, volendo, indicare una o due preferenze tra le candidature), sapendo quali corrono da sole e quali in coalizione. Le distorsioni della loro volontà sarebbero eventualmente limitate alla sola quota del 15% dei seggi (e solo se scattasse il premio), ma si tradurrebbero in seggi sempre sulla base delle indicazioni del corpo elettorale fornite con le preferenze. Il risultato, dunque, non sarebbe frutto di alcuna “delega in bianco” ai partiti, ma dipenderebbe comunque dalle scelte degli elettori, nel far scattare il premio oppure no, nell’assegnazione dello stesso (magari col ballottaggio) e comunque nell’individuazione delle persone elette.
Salve,io una Proposta di Riforma della Legge Elettorale è semplice e facile da capire per tutti sia per chi vota ,sia i Politici .Anche se a bisogno di modificare e miglioramenti.Comunque mi potete contattare per inviarlo. Grazie Mille per la gradita Risposta.Cordiali Saluti. Cartocci Giampiero