È passato ormai un anno da quando il Paese è stato bloccato quasi totalmente con l’intento di trovare una risposta valida all’emergenza da Covid-19. La speranza di poter tornare ad una vita normale ha portato la popolazione a credere che le misure restrittive avrebbero prodotto ingenti effetti positivi, nonché l’abbassamento della curva dei contagi e l’arresto dei decessi. Al contrario, la situazione non sembra mutata notevolmente. L’attuale presenza di una serie di vaccini, sperimentati in tempi record, non deve indurre a pensare che i problemi siano stati risolti. I dati correnti dell’epidemia, infatti, sono affliggenti. I sacrifici compiuti dagli italiani durante il periodo natalizio sono serviti a ben poco. Di certo, non occorre una sfera magica per capire che anche per la prossima ricorrenza verranno assunte modalità più ristrettive, tese a contrastare la socialità.
Fino a qualche mese fa, l’Italia è stata “decantata” da tutto il mondo per gli interventi adottati all’inizio di marzo scorso. In realtà, il modello italiano, non risulta affatto esemplare. Una conferma è data non solo dal numero elevato dei decessi, ma anche da quello dei ricoveri ospedalieri. L’Italia, dunque, è ancora ferma ai primi giorni di lockdown.
L’unica nota distintiva concerne l’Esecutivo, attualmente guidato da Mario Draghi, invocato da taluni leader politici. In queste settimane, si è parlato di Governo del “cambiamento”, come se l’andamento dell’emergenza sanitaria dipendesse dall’ “uomo” e non dalle strategie attuate dall’organo considerato nel suo complesso. E’ “fresca” la notizia di una revisione del DPCM entrato in vigore solo qualche giorno fa, segno di confusione. Di fronte a tale circostanza, il disegno del Governo “innovatore” perde credibilità. In un momento simile, sarebbe giusto riservare assoluta attenzione alla campagna vaccinale, rallentata non solo dagli atteggiamenti poco consoni delle aziende farmaceutiche, ma anche dalle furbizie registratesi in determinate Regioni. In Puglia, per esempio, la questione è stata affrontata fornendo ai Nas degli elenchi, parlando di un fenomeno minoritario. È impensabile – a mio parere – descrivere in tale modo l’episodio, essendo di notevole gravità.
Il vaccino è l’unica fonte di speranza e di conseguenza deve essere protetto da qualsiasi pericolo. Un potenziale ritorno al lockdown nazionale potrà impedire l’impennata dei contagi quotidiani, o al massimo, prevenire taluni focolai inaspettati, ma non annienterà il virus e soprattutto non consentirà a noi comuni mortali di riprendere in “mano” la propria vita. La priorità odierna è quella di creare nuovi spiragli di luce, in modo tale da restituire ai giovani i loro spazi educativi e alle imprese l’opportunità di investire sul piano delle risorse e del personale.
Ancora una volta, la realtà dei fatti sfugge: si è innanzi ad una seria lesione dei diritti fondamentali. Il ritorno alla DAD deve essere considerato come un fallimento delle politiche realizzate; l’ordinanza del 3 marzo ha sciolto tutti i dubbi sullo svolgimento della prossima maturità: una prova unica, in forma orale, articolata in varie fasi. Da ciò ne discende che, si è preferito puntare per la piena sicurezza, piuttosto che permettere ai ragazzi di vivere un’esperienza fondamentale. In concreto, gli errori del passato non sono serviti a migliorare il presente.
Alla luce di ciò, è bene allora pensare al futuro: immagino un futuro lontano dai riflettori, dai giochi politici, e dai colpi di potere. Esattamente un anno fa, immaginavo lo stesso scenario. Per tale motivo, mi limito ad auspicare un “cambio di rotta”, una situazione migliore di quella attuale. È inutile illudersi: dove eravamo siamo rimasti, anzi forse ci troviamo in una condizione peggiore. Suonano forti le parole di Voltaire: “Un giorno andrà tutto bene, ecco la nostra speranza. Oggi, va tutto bene, ecco l’illusione”.