Draghi e il suo costituendo Governo potrebbero essere in realtà uno strumento neppure troppo sofisticato per consentire al sistema politico italiano fortemente delegittimato (e probabilmente variato nella sua configurazione numerica – ma non solo come è noto – rispetto al voto politico del 2018) di attrezzarsi per sopravvivere prendendo tempo almeno sino all’elezione del prossimo Capo dello Stato. Poi si potrebbe finalmente ridare la parola agli elettori che saranno chiamati ad eleggere un numero inferiore di deputati e senatori e la “giostra” ripartirebbe con altri, imprevedibili movimenti. La nascita del Governo Draghi solo apparentemente sarebbe consequenziale al “passo di lato” se non addirittura “indietro” delle attuali forze politiche e ancor più della loro componente parlamentare come si dice nella vulgata dei rispettivi leader; come si sta grottescamente osservando, se pressoché tutti fanno una “giravolta” per consentire al Presidente del Consiglio incaricato di portare il Paese in sicurezza assecondando quanto espressamente richiesto dal Presidente Mattarella, o meglio, se tutti, tranne qualche piccola eccezione (comunque ben disposta a valutare in concreto le scelte governative), si posizionano “di lato” o “indietro” al fine di assicurare l’affermazione dell’interesse nazionale che nessuno meglio di Draghi sarebbe in condizione di garantire stante la indiscussa caratura sovranazionale del primo, resterà ovviamente in campo una larghissima maggioranza informe. A questo riguardo si dice in effetti che trattasi di una maggioranza non politica chiamata a sostenere un Governo “di tutti” votato per definizione – si potrebbe dire per circostanziato mandato del Presidente Mattarella – al bene comune oltre gli interessi di parte da affidare perciò ai “migliori”, vale a dire personalità di qualità e prestigio individuate da Draghi (magari con il placet dello stesso Capo dello Stato e degli stessi attori politici, alcuni dei quali si sono già messi personalmente “a disposizione”), le quali, come accade nei momenti drammatici che un Paese si trova a dover affrontare, non si tireranno indietro!
Si potrebbe in realtà sospettare che in quella indistinta maggioranza parlamentare – che resta tale senza alcuna aggettivazione – ciascuna forza politica si voglia posizionare per provare a piantare qualche bandierina sul terreno dell’indirizzo politico che il Governo Draghi si accinge a presentare alle Camere, per ottenere il necessario e formale voto di fiducia su una mozione che i capigruppo tutti insieme dovrebbero appassionatamente sottoscrivere sia pure per relationem (rispetto alle dichiarazioni che il Presidente del Consiglio renderà nelle aule parlamentari). Così stando le cose non credo perciò che sarà facile e indolore per il nuovo Governo e, ancor prima, per la sua prestigiosa leadership ottenere nella sostanza “autonomia” esistenziale rispetto alla volontà politico-parlamentare, forse già a partire dalla stessa individuazione dei ministri. A voler ben pensare, in effetti, il “Governo dei migliori” o qualcosa di simile non è solo un’utopia legittimamente desiderabile per il proprio Paese, ma anche una astrusa prospettiva istituzionale nel tempo del costituzionalismo democratico; egualmente l’emergenza, quale che sia, sanitaria, economica e sociale, si “governa” dentro le regole costituzionali date non già al di sopra e neppure al di fuori delle stesse. Di certo dall’emergenza e dalla crisi del consenso elettorale non si esce con la furbizia e con la strumentalità delle posizioni assunte dagli attori politici.
Vedremo come finirà questa “vicenda” che regala la Paese, sia chiaro, qualche ulteriore inquietudine e non solo una prospettiva migliore.