di Roberto Deriu* e Carlo Sanna**
1. Introduzione. La Sardegna è stata colpita dal primo caso di Covid–19 il 3 marzo del 2020, quando ancora le misure restrittive e le limitazioni delle libertà su scala nazionale non erano in vigore. Queste ultime, infatti, furono adottate con un apposito DPCM, il 9 marzo 2020, che estendeva la c.d. zona rossa a tutto il territorio nazionale, imponendo limitazioni straordinarie, legate alla contingenza dell’evolversi dell’epidemia, ad alcune libertà costituzionalmente garantite. È all’interno di tale quadro che si colloca un’azione legislativa del Consiglio Regionale volta a predisporre un “corpus emergenziale” che garantisse alla Giunta Regionale la massima capacità di manovra in previsione dell’aggravarsi della crisi sanitaria. Un’azione che si rendeva tanto più urgente se si considera che la stessa Giunta non era stata in grado, alla data del 9 marzo 2020, di far approvare dal Consiglio il Bilancio e la Legge di Stabilità regionale. A partire da ciò il presente articolo vuole stimolare una riflessione sul ruolo delle istituzioni rappresentative, qual è il Consiglio Regionale, la cui idoneità è spesso messa in discussione se paragonata all’organo esecutivo (Governo o Giunta Regionale) ritenuto più rapido ed efficace. Al fine di introdurre tale riflessione si ricorrerà innanzitutto a una più precisa spiegazione della situazione della Regione Sardegna alle porte dell’emergenza da Covid-19, per poi analizzare il ruolo delle varie istituzioni regionali nel predisporre il quadro legislativo emergenziale.
2. Emergenza ed esercizio provvisorio. Di fronte all’avvicinarsi di una crisi sanitaria (oltre che economica) ormai conclamata a livello nazionale, la Sardegna si presentava in esercizio provvisorio: l’attività dell’esecutivo era dunque limitata alla sola ordinaria amministrazione (pagamento di stipendi, debiti, etc.) e con margini di spesa estremamente ridotti. In sostanza, nel momento in cui il Governo adottava misure di eccezionale gravità – inedite nella storia repubblicana – muovendosi sull’orlo della legittimità costituzionale per dotarsi di strumenti in grado di garantire una risposta quanto più efficace e immediata possibile rispetto all’imprevedibile evoluzione della crisi sanitaria, economica e sociale, la Regione Autonoma della Sardegna non disponeva neanche della piena autonomia e operatività a causa dell’assenza di un bilancio.
A fronte di una situazione di emergenza paventata con ampio anticipo (già il 31 gennaio, tramite Delibera del Consiglio dei Ministri, si dichiarava lo «stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili»), sulla grave negligenza dell’Esecutivo Regionale nel non dare immediato impulso all’iter di approvazione della Legge di Bilancio. Ciò avrebbe consentito di ripristinare l’ordinarietà delle capacità di spesa e di intervento ordinario e straordinario, avendo sullo sfondo un’emergenza che il 23 febbraio, data di approvazione del D.L. 6/2020, e ancora di più con la istituzione della “zona rossa” con il DPCM 8 marzo 2020 e la sua estensione a tutto il territorio nazionale con il DPCM 9 marzo 2020, era diventata ormai ufficialmente una questione di rilievo nazionale. Eppure, nessuna iniziativa fu intrapresa dalla Giunta affinché fossero garantite piena autonomia programmatoria e capacità di spesa alla Regione Sardegna, limitando così la capacità della macchina amministrativa regionale di far fronte alle imprevedibili situazioni che si sarebbero presentate.
Rispetto alla deriva, consolidatasi nella prassi e riconosciuta ormai come fenomeno nella produzione scientifica politologica e giuridica, di attrazione dell’iniziativa legislativa nelle mani degli organi esecutivi, la Regione Sardegna sembra andare in direzione opposta. La teoria secondo cui gli organi esecutivi siano i più idonei a rispondere alle presunte esigenze di maggiore efficienza, rapidità e tempestività della produzione legislativa sembrano essere smentite dal caso in oggetto. Quest’ultimo ha mostrato che, in una situazione di chiara urgenza (per la quale la stessa Costituzione, ancor prima della prassi recente, prevede un maggiore protagonismo del potere esecutivo nell’attività legislativa) la rapidità, tempestività ed efficacia nel predisporre un quadro legislativo emergenziale sia stata garantita non dall’azione della Giunta, ma del Consiglio Regionale. Obiettivo della presente trattazione sarà dunque quello di mettere in risalto questo ruolo del Consiglio Regionale, tramite la ricostruzione e l’analisi degli eventi e dei processi che hanno caratterizzato il suo ruolo propulsore dell’iniziativa legislativa nell’adozione di misure urgenti per far fronte alla crisi sanitaria ed economica. Ciò al fine di sottolineare che l’assemblea legislativa, istituzione che nella narrazione recente viene spesso indicata come responsabile del rallentamento e dell’appesantimento del processo di approvazione di norme necessarie e/o urgenti, sia stata invece il vero artefice dello slancio indispensabile per uscire dalla situazione di stallo nella quale versava la Regione Sardegna in piena emergenza da Covid-19.
3. Il ruolo del Consiglio Regionale nel predisporre il quadro emergenziale. Le prime due leggi approvate dal Consiglio Regionale (la 8 e la 9 del 9 marzo 2020) avevano come obiettivo, in estrema sintesi, quello di dotare la Giunta di strumenti definibili “emergenziali”, volti ad affrontare nell’immediato l’impatto della crisi sul comparto turistico e sul sistema sanitario. Al fine di giungere alla loro approvazione in tempi e modalità compatibili con l’urgenza del momento, ma in equilibrio con la garanzia di discussione e di ponderazione delle scelte da adottare, il percorso intrapreso è stato peculiare: pur nel rispetto dei crismi della procedura ordinaria, è stato caratterizzato da una insolita sinergia interna al Consiglio Regionale. A poche ore dall’introduzione del DPCM 9 marzo 2020, le cui disposizioni avrebbero inficiato la capacità di riunirsi e discutere del Consiglio Regionale, uno slancio di responsabilità istituzionale fu infatti essenziale per completare l’iter legislativo in maniera ordinaria in una situazione già di per sé straordinaria. La disponibilità dell’opposizione all’interno delle Commissioni competenti fu decisiva affinché la maggioranza potesse essere in grado di portare a termine le votazioni il 9 marzo stesso. Tant’è vero che, in sede di emendamento e condivisione del testo, non si rese necessario individuare alcun relatore di minoranza: le numerose modifiche proposte prevalentemente dai consiglieri di minoranza, pur prevedendo interventi di notevole entità e rilevanza (su tutti, quelli volti a circoscrivere i poteri alla sola fattispecie oggetto della legge, senza che dalle previsioni in discorso potesse ricavarsi una disciplina-quadro estensibile ad ogni emergenza nazionale o regionale), vennero accolte, portando così a testi finali ampiamente condivisi e approvabili in maniera snella tramite regolare voto in Consiglio.
Come già detto, nella stessa giornata in cui furono votate queste leggi, da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte venne firmato il DPCM 9 marzo 2020: il lockdown veniva esteso all’intero territorio nazionale. In conseguenza delle limitazioni e delle misure di distanziamento sociale imposte in quanto ritenute necessarie per il contrasto dell’epidemia, la Regione Sardegna si trovava in una situazione rischiosa. Era stata appena dotata di fondi e procedure straordinarie, che però da sole si sarebbero probabilmente dimostrate inadatte e insufficienti a fronteggiare le conseguenze del dilagare dell’epidemia: per intervenire efficacemente era dunque indispensabile la piena autonomia finanziaria della quale la Regione non disponeva, dato che si trovava ancora in esercizio provvisorio. L’approvazione del Bilancio Regionale rappresentava ormai un’urgenza indifferibile.
Anche in questo caso fu l’opposizione, già subito dal 10 marzo, a sollevare l’attenzione sull’urgenza di portare in approvazione nei tempi più brevi possibili le Leggi di Bilancio e di Stabilità. Contestualmente, e a quello stesso scopo, sottolineava la propria disponibilità, in nome della stessa responsabilità che aveva animato le azioni politiche di discussione e approvazione delle L.R. 8 e 9 del 9 marzo, ad approvare in via urgente quanto necessario e non più rimandabile viste le circostanze. Al termine di una serie di interlocuzioni si giunse alla decisione di fare ricorso all’art. 102 del Regolamento del Consiglio. Grazie alla procedura d’urgenza ex-art. 102 sarebbe stato infatti possibile portare all’Iscrizione immediata all’Ordine del Giorno le suddette proposte di legge senza passare dalle Commissioni, qualora la Conferenza dei Presidenti di Gruppo avesse accolto all’unanimità la proposta di ricorrere a tale procedura. Grazie alla disponibilità dell’opposizione, si rese concretamente possibile farvi ricorso. Così, in una situazione di estrema emergenza, nella quale non solo l’attività produttiva e la vita quotidiana della Sardegna, ma anche la vita politico-istituzionale erano sottoposte a forti limitazioni, si giunse rapidamente all’approvazione della L.R. 10 dell’11 marzo e della L.R. 11 del 12 marzo. Leggi indispensabili per ripristinare una situazione di ordinarietà dei poteri e dell’attività politico-amministrativa della Regione, riconsegnando alla Giunta la pienezza delle facoltà e dei poteri esecutivi che fino ad allora erano limitati dalla condizione di esercizio provvisorio.
4. Conclusioni. Il caso dell’emergenza Covid-19, così come affrontato nelle istituzioni della Regione Sardegna, consegna una dimostrazione della problematicità della c.d. «teoria della democrazia decidente», che ritiene un obiettivo auspicabile, se non addirittura imprescindibile, la ricerca della governabilità (concetto piuttosto aleatorio e problematico) e il rafforzamento dell’Esecutivo al fine di garantire maggiore efficienza, rapidità e rispondenza ai problemi politici, economici e sociali contingenti e strutturali. Il caso sardo ha dimostrato come questi requisiti non siano affatto stati tutelati e garantiti dall’azione del governo regionale: al contrario, l’inerzia della Giunta nel dare impulso all’approvazione del Bilancio ha causato il protrarsi della situazione di esercizio provvisorio fino a marzo, in piena emergenza sanitaria nazionale. Nonostante la situazione di emergenza epidemiologica fosse stata dichiarata col D.L. del 23 febbraio, la Giunta regionale sarda – secondo le teorie della democrazia decidente, l’istituzione più idonea a predisporre adeguate e rapide risposte – non fu in grado di fornire l’impulso e l’indirizzo politico necessari a predisporre adeguate contromisure e uscire dalla limitante situazione di esercizio provvisorio. A rendere possibile l’approvazione di un corpus legislativo emergenziale fu l’azione del Consiglio Regionale che, in estrema sintesi, è stata in grado di superare procedure e dialettiche conflittuali – che secondo la teoria della democrazia decidente sono tra le maggiori cause di inefficienze, rallentamenti e blocchi dell’attività legislativa – e giungere non solo all’approvazione del Bilancio regionale, ma anche delle misure straordinarie per il sostegno a famiglie e imprese, grazie al ricorso alle norme del regolamento interno del Consiglio e, soprattutto, a un’azione cooperativa e sinergica tra maggioranza e opposizione.
* consigliere regionale del PD
** membro del gruppo di ricerca COSMOMED – Università di Cagliari