di Giovanni Di Cosimo e Angela Cossiri
Alla fine è arrivato anche il dpcm della fase 2. Ovvero l’ennesima cascata di norme che regolano minutamente la nostra vita nell’era covid. Molte di queste ripetono i contenuti dei decreti precedenti. Altre sono delle new entry che, in alcuni casi, suscitano perplessità.
Cominciano dalla libertà di circolazione. Finora il confine invalicabile corrispondeva al comune. Dal 4 maggio si potrà varcarlo, ma si dovrà restare nell’ambito della regione. Ciò significa che posso percorrere decine e centinaia di chilometri, purché resti dentro la mia regione, ma non posso andare oltre il confine di questa, anche se sta a breve distanza dal mio comune. La regione, che è un ambito territoriale “inventato” in sede di assemblea costituente, non corrisponde necessariamente od omogeneamente ad un’area rilevante per l’emergenza sanitaria in corso. Al limite, il riferimento all’ambito regionale potrebbe aver senso per isolare le regioni nelle quali si scoprono focolai, secondo la logica della zona rossa, ma applicato indistintamente a tutte le regioni porta al paradosso che, per esempio, non si può andare dalla Calabria alla Basilicata, entrambe in coda della classifica per numero di contagi. C’è poi il divieto di assembramenti in luoghi privati. Molto più saggiamente il dl 19/2020 si limita a vietare le riunioni e gli assembramenti in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Questa novità autorizza un ulteriore potere delle forze di polizia che potranno verificare all’interno delle abitazioni il rispetto della prescrizione? L’art. 9 del dpmc dice che il prefetto “assicura l’esecuzione delle misure di cui al presente decreto” avvalendosi delle forze di polizia (addirittura, “ova occorra”, si avvale delle forze armate).
Vi sono poi perplessità legate al fatto che il dpcm disciplina situazioni simili in modo dissimile. Per esempio, restano sospese le cerimonie religiose, con grave nocumento della libertà religiosa, ma nelle università si potranno svolgere in presenza esami e accedere alle biblioteche. Cosa giustifica una regolamentazione che impedisce alle persone di riunirsi in un luogo di culto, magari grande, e consente loro invece di farlo in un’aula o in una biblioteca?
Ancora, viene permessa l’attività sportiva o motoria, da svolgere individualmente, ma non quella ludica o ricreativa: anche qui si fatica a capire la ratio distintiva.
Infine, particolarmente interessante è l’uso della nozione inedita di “congiunti”. L’ordinamento conosce la nozione di “prossimi congiunti”: essa assume significato differente con riferimento ai differenti ambiti in cui viene in rilievo. In mancanza di una definizione normativa, per esempio, ai fini del risarcimento dei danni morali per fatto illecito, la Cassazione vi ha incluso anche i fidanzati. “Congiunti” dovrebbe essere concetto più ampio di “prossimi congiunti” e comprendere senz’altro parenti, affini, coniugi, uniti civili. Ma chi ulteriormente? Conte, in conferenza stampa, cita a questo proposito parenti e familiari. Ma, ove non si procedesse ad una interpretazione costituzionalmente orientata, si rischierebbe di fare un salto indietro nel tempo. Si tornerebbe ad al legame di sangue e coniugale, in luogo della comunità degli affetti. Circa un terzo delle famiglie italiane sono composte da un solo individuo. Sarà consentito a costoro di vedere il proprio compagno/compagna non convivente? E’ giustificato che essi possano incontrare parenti, ma non legami d’affetto non giuridicamente riconosciuti?
Difficilmente si è scelto in maniera inconsapevole di ricorrere a una nozione civilistica non solo generale, ma anche palesemente ambigua. Un’ipotesi è che essa sia funzionale ad adeguare in un secondo momento l’interpretazione ufficiale del Governo, che in maniera inedita si esprime da ultimo attraverso la pagina web delle FAQ nel sito del Governo. Non è dato conoscere il canale delle domande a partire dalle quali le risposte vengono formulate. Nelle more della decisione rinviata, come accaduto per altre fattispecie, la genericità del testo lascia il campo alle variegate interpretazioni dei soggetti pubblici chiamati ad applicare le norme, in primis alle autorità di pubblica sicurezza preposte al controllo del territorio, con il rischio di abusi e di sproporzionata compressione delle libertà fondamentali.
Il giorno dopo la conferenza stampa, di fronte ad una opinione pubblica piuttosto frastornata, Palazzo Chigi adegua quanto comunicato nella diretta dal Presidente del Consiglio, riferendo all’Ansa che sarebbero ricompresi nella nozione di congiunti anche “i fidanzati stabili e gli affetti stabili”, con esclusione delle relazioni di amicizia. Tale interpretazione dovrebbe apparire prossimamente nelle FAQ. E’ ragionevole che il Governo punti sulla responsabilizzazione individuale. Tuttavia, in questo caso, non lo fa attraverso una raccomandazione (come ad esempio quella relativa agli anziani), ma con un divieto coercitivamente sanzionabile. L’area degli affetti non è però perimetrabile dalle regole dello Stato. Come può essere autocertificabile ciò che non ha rilievo giuridica? Come può la stabilità di un affetto assurgere a discrimen oggettivo che giustifica una differenza di trattamento?
Certe volte, a leggere o ascoltare i commenti dei costituzionalisti ai DPCM sulle misure restrittive anti-pandemia, mi ritorna in mente lo sketch (ingiusto, ma troppo divertente!) di Crozza durante la campagna sul referendum costituzionale “Renzi”, quando motteggiava Gustavo Zagrebelsky sul “dittongo” contenuto nella riforma costituzionale (https://www.youtube.com/watch?v=QuhFCa_AGKI). Allora, proviamo ad immaginare – giusto per fare un esperimento mentale – che il governo, per evitare di essere dileggiato dai giuristi censori, avesse evitato di usare il termine “congiunti”, così difficilmente definibile, e avesse invece cercato di definirne i contenuti, elencando con precisione i solidi affetti a cui si riferisce. Dunque: parenti e affini sino ad un certo grado (questo già avrebbe reso la vita facile alla gente, che la terminologia civilistica sicuramente la conosce a perfezione!), e poi i fidanzati… già, ma fidanzati da quanto? Già la legge sulla fecondazione assistita, la famigerata “legge 40”, usava l’espressione “conviventi”… già, appunto da quando? da quando si è preso l’ascensore per raggiungere lo studio del ginecologo? Come si certifica il rapporto? e se sono fidanzati “clandestini”, tali per scelta o necessità? e – orrore! – se fossero una coppia gay? Vi immaginate che vespaio avrebbe dovuto affrontare il Governo per risolvere questo groviglio: annunciare pubblicamente la parificazione degli etero e degli omosessuali (con buona pace della componente cattolica della maggioranza), o accettare la discriminazione in base all’orientamento sessuale?
Il messaggio del governo è arrivato chiaro, per chi vuole intendere: e il fatto che sia contenuto in un DPCM, che è uno strumento ambiguo, un atto di indirizzo senza valore normativo (su questo si può lungamente discutere: anzi, avremmo dovuto farlo prima, visto che questi atti sono di uso e di abuso comune da decenni) è meglio, piuttosto che inserirlo in un decreto-legge, che è un atto parificato alle legge, destinato a restare per sempre nell’ordinamento!