di Roberto Bin
Finalmente si riparla di reintrodurre il finanziamento pubblico dei partiti. Dopo venticinque anni di pubblicità anti-politica e di contrapposizione tra i vecchi partiti corrotti e il “nuovo” che avanza (l’imprenditore che “scende” in politica, il voto attraverso la piattaforma, la lotta contro i costi della politica ecc.), qualcuno ha il coraggio di proporre di ripristinare il finanziamento pubblico, eliminato dalla legge, anzi da un decreto-legge del Governo Letta (2013).
Una scelta sbagliata, che ha sostanzialmente eliminato l’organizzazione dei partiti e ha negato agli italiani il loro diritto di partecipazione politica. “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”: l’art. 49 della Costituzione parla di “diritto” dei cittadini a decidere della politica del paese, e individua nei partiti lo strumento attraverso il quale quel diritto viene esercitato. L’idea di una politica senza partiti, non solo è un’idea sbagliata (e priva infatti di esempi nel mondo democratico), ma è un’idea che toglie a tutti noi lo strumento di esercizio dei diritti democratici che la Costituzione ci assicura.
Purtroppo una cultura – una subcultura, sarebbe meglio dire – alimentata dagli scandali che hanno colpito i partiti negli anni di Tangentopoli ha eliminato negli italiani la consapevolezza del fatto che la politica qualcuno la deve fare e che qualcuno deve essere formato, istruito, selezionato, inserito in un sistema di informazione, dibattito, scelta delle linee e delle politiche. Altrimenti la politica si riduce a quello che vediamo oggi: persone che emergono non si sa come, occupano uno spazio televisivo, sviluppano idee per lo più banali e prive di approfondimento, abbassando il dibattito politico ad uno scambio di slogan e insulti. Da questa subcultura è necessario uscire, e il finanziamento pubblico è uno strumento indispensabile. Non sarà un caso che l’Italia sia l’unico paese europeo (insieme alla Svizzera, che però non fa parte dell’UE) che non prevede alcuna forma di finanziamento pubblico? Il risultato lo abbiamo tutti davanti agli occhi.
Quindi il ripristino del finanziamento pubblico dei partiti è una priorità assoluta: ed è anche una condizione per poter imporre ai partiti condizioni precise di trasparenza e di democrazia interna che attualmente non sono garantite.