Le Pen e Salvini hanno spesso dichiarato di voler costituire un gruppo di 121 deputati al Parlamento europeo, un gruppo sovranista che avrebbe dovuto fungere da argine alla cd. omologazione europea. Sappiamo invece, come ha scritto il Post il 13 giugno del 2019, che l’“alleanza europea dei partiti sovranisti guidata dalla Lega”, non è riuscita a diventare un gruppo importante, ha 73 componenti, ed è solamente il quinto gruppo nel Parlamento europeo. Un esempio di come il sovranismo, che sembrava in travolgente ascesa, alla prova elettorale non riesca ad andare oltre una rappresentanza che non è in grado di incidere sulle politiche europee. Sembrerebbe dunque che, anche in questa occasione, abbia prevalso la dimensione europea sulla aspirazione della politica nazionale di sostituirsi ad essa. Per dimensione europea della politica nazionale intendiamo quella serie di pesi e contrappesi che scattano negli appuntamenti elettorali come vincoli europei alla discussione sui problemi concreti. Come abbiamo potuto verificare nelle elezioni francesi di qualche anno fa, la “dottrina Macron” è stata quella di portare nel dibattito elettorale-nazionale la dimensione europea e tale scelta ha, indubbiamente, favorito la concentrazione dei temi elettorali sulla difesa del vincolo solidaristico europeo. Da queste brevi considerazioni appare evidente che il cd. sovranismo non sia riuscito a portare a livello europeo le sue richieste e che, piuttosto, proprio la minaccia sovranista possa, invece, garantire un maggior livello di coesione a livello nazionale. Coesione questa, che può essere decisiva anche nelle votazioni che riguardano le città e che si possono, schematicamente, rappresentare come una contrapposizione tra europeisti contro indipendentisti; una forma quest’ultima abbastanza vicina ad alcune versioni del sovranismo.
Anche in questo caso una forza politica fortemente europeista ha determinato la vittoria di un candidato che si contrapponeva alla logica del sovranismo; a Barcellona infatti l’europeista Manuel Valls è stato decisivo con la sua lista per la vittoria e la riconferma del sindaco Ada Colau.
La rappresentazione della solidarietà europea dunque, pur in un contesto di tensione tra deficit di bilancio e diritti sociali che faticosamente vengono finanziati, regge nonostante la forma più pericolosa del sovranismo, quella portata avanti dai cd. paesi di Visegrad, continui a sostenere l’aporia delle democrazie illiberali, del tutto lontane dalla identità costituzionale europea.
I temi europei dunque reggono sia nella dimensione del dibattito nazionale sia nella dimensione europea, perché rafforzano circolarmente i vincoli di solidarietà tra i paesi che li hanno sottoscritti.
Da questa consapevolezza può ripartire un dibattito europeo su come questo legame, che è dimostrato esistente, possa tradursi in politiche pubbliche inclusive. Se questa dimensione nazionale del vincolo europeo non troverà sbocco in politiche pubbliche concrete sarà questo il momento in cui sarà difficile battere le semplificazioni del sovranismo.