di Gianluca De Filio
Nella giornata del 5 febbraio si sono verificati due identici episodi nel corso delle rispettive sedute della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica che, a prima vista, possono apparire formali e secondari, ma che in realtà possono costituire l’ennesimo segnale di una tendenza che di giorno in giorno appare sempre più forte.
Alla Camera dei Deputati in apertura della discussione generale sul decreto legge in materia di semplificazioni (C.1550) i due relatori di maggioranza Emanuele Cestari e Luca Carabetta hanno chiesto alla Presidenza di non svolgere la relazione sul provvedimento e di poter consegnare il testo del loro intervento.
Qualche ora più tardi nell’aula del Senato, il relatore del disegno di legge di riforma costituzionale finalizzato alla riduzione del numero dei parlamentari (S. 214 e abb.), Roberto Calderoli, ha chiesto alla Presidenza di non svolgere il proprio intervento rimettendosi alla relazione scritta già predisposta e stampata.
In entrambe i casi la finalità dei relatori era quella di economizzare i tempi di esame a fronte di un gran numero di oratori iscritti nelle rispettive discussioni. Al tempo stesso le scelte operate dai relatori hanno suscitato le proteste dei parlamentari di opposizione. Alla Camera un episodio simile si era già verificato nella seduta del 28 dicembre 2018, all’atto dell’esame in terza lettura della legge di bilancio 2019, con i relatori Silvana Andreina Comaroli e Rafael Raduzzi che consegnarono i testi dei loro interventi senza svolgerli.
I regolamenti di Camera e Senato divergono leggermente in materia di relazione all’aula su di un provvedimento legislativo, ma per entrambe le Camere la relazione costituisce uno strumento, almeno in linea di principio, di rilievo nell’iter legis, considerandola uno degli elementi di cui si compone la discussione generale (art. 83, commi 1 e 1-bis del Regolamento Camera). La funzione della relazione per l’aula è quella di informare l’aula in seduta plenaria sull’attività svolta dalla Commissione in sede referente o redigente. Uno strumento necessario non solo ad informare l’aula sul contenuto del testo sul quale è chiamata a pronunciarsi, ma anche a dare contezza delle modalità con cui si è giunti alla presentazione di quel testo (art. 79, comma 13 del Regolamento Camera).
Come detto i regolamenti di Camera e Senato divergono parzialmente ed anche alla luce della prassi instauratasi. Alla Camera la prassi vede sempre la commissione autorizzare il relatore a riferire oralmente all’assemblea. Ciò comporta che all’atto della discussione generale i deputati sono in possesso solo del testo deliberato dalla commissione ma non hanno alcun elemento di conoscenza su quanto verificatosi in commissione in sede referente, in particolare quando l’esame in referente si conclude solo poche ore prima dell’esame in aula.
Nel caso dell’esame del decreto legge sulle semplificazioni, così come nel caso della terza lettura della legge di bilancio, i relatori, non svolgendo i propri interventi, hanno costretto l’aula a svolgere un dibattito “al buio” senza quel passaggio illustrativo che è esplicitamente previsto dal regolamento.
Al Senato la situazione è leggermente diversa. La relazione per l’aula è sempre scritta. Ciò significa che quando inizia la discussione generale i senatori hanno nella loro disponibilità un testo scritto che relaziona sulle risultanze dell’istruttoria svolta in commissione, testo che di prassi viene comunque integrato dal relatore con un suo intervento in aula.
Al di là degli aspetti strettamente regolamentari e procedurali, quanto verificatosi già per due volte alla Camera, e su provvedimenti complessi, e la rinuncia del Senatore Calderoli ad integrare oralmente la relazione ad un testo di riforma costituzionale, costituiscono delle spie ulteriori di quel processo, già in corso da tempo, di indebolimento dell’istituzione parlamentare e delle sue modalità di svolgimento, che dalle critiche verbali degli anni passati sembra ora passare a fatti più concreti, come ad esempio i due disegni di riforma costituzionale in corso di esame, quello di riforma dell’articolo 71 e quello relativo agli articoli 56 e 57 della Costituzione.
Dalla nascita dell’attuale governo sembra di assistere ad una sorta di nebulosa costituita da un mix di affermazioni errate, come ad esempio il “governo sovrano”, di vere e proprie sgrammaticature costituzionali, quando nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza per ben tre volte (pag. 7, 52 e 77 dello stampato DOC. LVII n.1-bis) si cita “il contratto firmato dai leader della coalizione di Governo” anziché il programma di governo esposto nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio, da forzature delle procedure e da atti legislativi come le due proposte di riforma costituzionale presentate, una nebulosa che, però, nel corso di questi mesi dallo stato gassoso si sta solidificando e stratificando, magari in maniera impercettibile ma progressiva.