Il condono, quello edilizio, in questi ultimi giorni è tornato di attualità e, come era prevedibile, si sono subito creati schieramenti contrapposti. Anche per questo sarebbe il momento di chiarire alcuni punti, rimasti nell’ombra per ragioni facili da cogliere.Condono, secondo le normative italiane, (si è adoperato il plurale perché sono diversi i settori interessati) sta ad indicare che, alle condizioni fissate dalle norme, si rinuncia ad applicare la sanzione.
Nel caso del condono edilizio dietro pagamento di una somma l’ente di riferimento rinuncia alla demolizione, imposta dalle norme urbanistiche.
Nelle sue prime apparizioni qualcuno si è domandato se le opere diventassero lecite. La risposta, anche se non unanime, fu che erano solo tollerate. Sarebbe stato contrario ai principi dello Stato di diritto, prima ancora che alle norme costituzionali, ammettere che la legittimità potesse essere comprata. Il do ut des , che comportava, era solo un pagamento da una parte e dall’altra la rinuncia alla demolizione.
In alcuni casi i Comuni hanno aggiornato le norme urbanistiche, inserendoci le opere condonate, per assicurare la coerenza degli sviluppi successivi. Non tutti lo hanno fatto, cosicché le opere sono rimaste in contrasto con le disposizioni urbanistiche.
A conferma che col condono non può diventare lecito quello che non lo è, è stata anche richiamata la sanatoria, regolata dalla legge 74 del 1985 (art.36 d.pr. n.389/2001), che può essere concessa per le opere eseguite senza rispettare le condizioni previste, ma conformi alle disposizioni urbanistiche. Per questo si è adoperata la formula accertamento di conformità; rilasciata la concessione in sanatoria, le opere diventano lecite.
La stessa conclusione non dovrebbe valere per il condono, le cui condizioni sono ben diverse. La questione non è solo teorica.
Se con il condono l’ente competente rinunzia a demolire l’opera, costruita illecitamente, che succede se crolla per il terremoto? Può essere ricostruita, oltre tutto con il contributo dello Stato?
Se l’effetto del condono è solo quello di evitare la demolizione dietro pagamento, non è ingiustificato qualche dubbio che possa essere ricostruita quando crolla per cause naturali. Se l’opera risulta ancora in contrasto con le disposizioni urbanistiche, diventa difficile configurare il diritto alla ricostruzione. Si incontrerebbe l’ostacolo già accennato: da un atto illecito nascerebbe un diritto solo perché si è pagato.
In caso di risposta positiva, è possibile che un’opera, che continua ad essere in contrasto con le disposizioni urbanistiche, si ricostruita con il sostegno finanziario dello Stato?
È prevedibile che sia considerato inopportuno sollevare la questione in danno di chi è rimasto senza casa. Questo non fa superare la questione che sembra di principio, vale a dire che da un atto illecito, solo tollerato, possa nascere un diritto. Non andrebbe trascurato che, se fossero adottate le soluzioni più restrittive, qualcuno nelle zone sismiche o, comunque, soggette a pericolo, potrebbe pensarci due volte prima di fare costruzioni abusive.