La prescrizione nel ddl Bonafede: quando le divisioni politiche stressano le procedure parlamentari

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di Gianluca De Filio

Il disegno di legge 1189 presentato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, come noto, interviene in materia di reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti. Il tema della prescrizione non è invece ricompreso nel suo ambito normativo. Due emendamenti presentati dai relatori del provvedimento, i deputati Francesca Businarolo e Federico Forciniti (l’emendamento 1.100, poi ritirato, e l’emendamento 1.124), proponendo una novella in particolare al comma secondo dell’articolo 159 del Codice Penale, intervengono sulla decorrenza della prescrizione dei reati.

Inevitabile che per l’emendamento 1.124 si ponesse la questione dell’ammissibilità in base al criterio dell’estraneità di materia alla luce dell’articolo 89 del Regolamento della Camera, che riconosce al Presidente della Camera, e per estensione ai presidenti di commissione, di dichiarare inammissibile un emendamento vertente su un tema affatto estraneo all’oggetto della discussione.

I Presidenti delle commissioni I e II, ove si svolge l’esame del provvedimento in seduta congiunta, hanno procrastinato il loro pronunciamento in materia fino alla tarda serata di giovedi 7 novembre (da lunedi 5), quando hanno spostato la questione dall’ammissibilità dell’emendamento, strada che probabilmente gli uffici hanno ritenuto impercorribile, all’ampliamento “del perimetro dell’intervento normativo al fine di includervi il tema della prescrizione, oltre che le materie direttamente investite dalle disposizioni contenute nel disegno di legge”.

A fronte di questa proposta le opposizioni hanno chiesto la convocazione della Giunta per il Regolamento, ritenendo impropria e contraria a regolamento la proposta formulata dai presidenti di commissione.

Sulla vicenda è alla fine intervenuto il Presidente della Camera Roberto Fico che, in una missiva inviata ai presidenti Brescia e Sarti (che si può leggere qui sotto) ha dichiarato di non dover convocare la Giunta per il regolamento perché non si poneva una questione di interpretazione delle norme regolamentari, e di conseguenza, a detta del presidente, non serviva un parere espresso dalla Giunta in merito ad una eventuale interpretazione.

Per il Presidente Fico la questione poteva essere risolta “alla luce delle norme e dei principi regolamentari e della prassi applicativa”, facendo riferimento al potere delle commissioni in sede referente di stabilire il perimetro della materia oggetto di esame e la conseguente facoltà delle medesime di procedere all’abbinamento di progetti di legge non vertenti su materia identica al disegno di legge sul quale è stato incardinato l’esame.

A corredo di tale tesi nella missiva del Presidente Fico si fa riferimento a precedenti della XIV legislatura (esame della legge di riforma elettorale), della XVI legislatura proposte di legge in materia di separazione giudiziale dei coniugi e quelle sugli emolumenti spettanti agli eletti negli organi di rappresentanza nazionale e locale, nonché della XVII legislatura con le proposte di legge in materia di indennità e vitalizi e in materia di partiti politici.

Dopo aver specificato che “ciò che caratterizza il caso in esame…non è già la proposta procedurale avanzata…ma la fase nella quale essa è intervenuta, ossia dopo la scadenza del termine di presentazione degli emendamenti”, il Presidente Fico ribadisce in sostanza la facoltà delle commissioni di ampliare il perimetro dell’esame, ma a patto di riaprire il termine per la presentazione di emendamenti e garantire tempi adeguati all’esame, specificando che “Resta fermo che sarà compito delle Presidenze individuare i progetti di legge vertenti sulla materia della prescrizione dei quali richiedere la riassegnazione alle commissioni”.

I precedenti indicati nella missiva del Presidente della Camera possono essere considerati tali solo parzialmente.

Per quanto riguarda l’esame della legge elettorale svolto nella XIV legislatura (a.c. 2620 e abbinate) questo fu avviato solo su proposte di legge vertenti in materia di modifica del meccanismo del così detto scorporo per poi estendersi al sistema elettorale vero e proprio (portando all’approvazione del così detto Porcellum”); però tale estensione del perimetro di esame non fu realizzato con un voto della commissione, bensì considerando ammissibili da parte del presidente della I commissione gli emendamenti depositati che intervenivano su parti della legge diverse dallo scorporo. Il Presidente Donato Bruno, nella seduta di commissione del 28 giugno 2005, in ordine alla pronuncia di ammissibilità degli emendamenti, dichiara che il testo unificato da lui elaborato e adottato dalla commissione doveva intendersi come un punto di partenza e che l’esame poteva ben proseguire in maniera più ampia dei confini delimitati da quel testo in presenza di proposte emendative che lo superavano.

Anche per quanto attiene uno dei precedenti citati della XVII legislatura, l’esame della proposta di legge 2799 che dettava norme per garantire la funzionalità della Commissione per la trasparenza sui partiti vide ampliare il proprio perimetro da un emendamento presentato dalla relatrice on. Piccione (emend. 1.100), che dettava norme inerenti le modalità di esame dei rendiconti presentati dai partiti. Anche in questa occasione il presidente della I commissione, On. Mazziotti Di Celso, nella seduta del 28 luglio 2015 si limita a dichiarare ammissibile l’emendamento. Decisione confermata dalla presidente della Camera Laura Boldrini alla quale aveva fatto ricorso il gruppo M5S. Senza dunque una deliberazione della commissione.

La proposta di legge 2354 sulla quale si incardina, ancora una volta in I commissione, l’esame in materia di emolumenti e vitalizi dei parlamentari vede prima delimitare il perimetro di esame e successivamente ampliarlo con due deliberazioni della commissione (11 maggio 2017 e 16 maggio 2017), ma entrambe le modifiche avvengono prima della presentazione degli emendamenti.

Tornando al caso in esame, l’ampliamento del perimetro di esame del ddl Bonafede alla tematica della prescrizione avviene con modalità tali da apparire come una sorta di stratagemma per aggirare le procedure di ammissibilità e il voto delle commissioni I e II come una sorta di pronunciamento maggioritario sull’ammissibilità di un emendamento altrimenti inammissibile.

Una forzatura delle procedure vi è certamente stata, ma questa non sembra essere stata prodotta da un atto di protervia parlamentare della maggioranza premeditato. Appare al contrario come un rimedio affannoso e, in quanto tale, dannoso, conseguente ad una condotta incerta e conflittuale al proprio interno della maggioranza.

Trattandosi di un disegno di legge del governo è lecito ritenere che, se al momento del deposito in Parlamento l’articolato non interveniva in materia di prescrizione, ciò non fosse ascrivibile ad una dimenticanza, bensì ad un mancato consenso sul punto all’interno del governo e delle forze di maggioranza.

Il fatto che sia stato presentato in sede di esame parlamentare un emendamento in tema di prescrizione da parte dei relatori (entrambe esponenti di M5S) e la contrarietà dichiarata a tale iniziativa da parte della Lega hanno prodotto un’impasse politica durata per giorni, e drammatizzata dalle difficoltà che il decreto immigrazione incontrava in contemporanea nell’altro ramo parlamentare.

Tale impasse politica ha prodotto un forte stress sulle procedure parlamentari. Prima con un procrastinarsi, ai limiti del ridicolo, della pronuncia di ammissibilità da parte dei presidenti di commissione e, successivamente, con l’iniziativa dell’ampliamento del perimetro di esame nel quale è stato coinvolto il Presidente della Camera, il quale, suo malgrado, è divenuto il protagonista di questo precedente.

LETTERA PRESIDENTE CAMERA SU AMPLIAMENTO MATERIA

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