In due casi recenti, il Presidente Mattarella ha promulgato ed emanato atti normativi fondamentali per l’indirizzo politico governativo, attraverso una procedura eccentrica, ma non inedita. Contestualmente all’esercizio delle prerogative di controllo legislativo, il Capo dello Stato ha formulato notazioni in merito ad alcuni profili degli atti sottoposti al suo scrutinio, servendosi di missive rivolte al Presidente del Consiglio dei Ministri puntualmente rese pubbliche sul sito istituzionale della Presidenza.
1. La procedura seguita non è nuova, ma in continuità con la prassi delle promulgazioni dalla motivazione contraria o con riserva, che risale a Segni – il quale promulgava le leggi e al contempo sollecitava per iscritto il Parlamento a trovare le relative coperture finanziarie –, ha conosciuto le forme attuali con Pertini – che individuava, invece, quale interlocutore privilegiato l’Esecutivo –, ed è stata seguita, in tempi più recenti, anche da Ciampi e da Napolitano.
Da ultimo si sono registrati casi in cui oggetto dell’osservazione critica del Capo dello Stato è stato il rapporto tra disciplina interna e norme sovranazionali (artt. 10, 117, I cost.).
Così, innanzitutto, in occasione dell’invio da parte del Presidente Mattarella al premier Gentiloni di una nota a corredo dell’avvenuta promulgazione della l. n. 161/2017, contenente modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. La lettera, resa pubblica con un comunicato del Quirinale, conteneva un monito all’Esecutivo sul rispetto degli obblighi di criminalizzazione discendenti dal diritto derivato europeo e, nello specifico, dalla direttiva 2014/42/UE, in tema di confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’UE. Secondo i rilievi presidenziali, la disciplina adottata avrebbe ristretto l’area di applicabilità penale della misura della confisca, pur senza arrivare a superare il confine costituito dagli evidenti profili d’incostituzionalità, che avrebbe reso obbligatorio l’esercizio da parte dello stesso Presidente del rinvio previsto dall’art. 74 Cost.
Al di là del merito, già in questo intervento sono emersi due tratti distintivi di un certo “stile”, oltre che di un determinato modo d’intendere, da parte dello stesso Capo dello Stato, il proprio ruolo: innanzitutto, l’attenzione per la dimensione applicativa delle disposizioni normative e per quello che si usa definire il “diritto vivente” (il Presidente invita il Governo a procedere “a un attento monitoraggio degli effetti applicativi della disciplina”). L’interesse per la fase applicativa delle norme è confermato, peraltro, anche dall’impianto motivatorio posto a fondamento del successivo rinvio formale della legge sul contrasto al finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, caduto a pochi giorni di distanza dalla promulgazione motivata della l. n. 161.
In secondo luogo, tale messaggio rileva la tendenza di Mattarella a garantire il più possibile la coerenza tra sistema normativo interno e assetto delle garanzie derivanti dal diritto internazionale e dell’Unione europea, in linea con i principi desumibili dagli artt. 10, 11 e 117, primo comma, della Costituzione.
- Ai casi sopra richiamati si aggiunge ora l’emanazione del decreto-legge n. 113/2018 su sicurezza e immigrazione, approvato dal Governo Conte.
In un clima di fibrillazione politica, accelerata dalla presentazione governativa alle Camere della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (D.E.F.), il Capo dello Stato ha emanato l’atto e contestualmente ha inviato al Governo una comunicazione, ancora una volta resa pubblica con le consuete modalità.
In poche righe e senza entrare nel merito di un atto centrale per l’indirizzo dell’Esecutivo (e probabilmente anche per una cospicua porzione dell’elettorato), il Presidente ha fatto riferimento agli “obblighi costituzionali ed internazionali dello Stato” che non sarebbero stati richiamati nell’articolato, ma nella sola Relazione di accompagnamento al decreto-legge, nonché, in modo più specifico, all’art. 10 della Costituzione.
Il Quirinale intende sollecitare l’Esecutivo a non trascurare la necessità di rispettare i vincoli che discendono dall’art. 117, primo comma, della Costituzione, nonché le prescrizioni poste a carico del legislatore dall’art. 10 della Costituzione, le quali impongono: un vincolo di adeguamento automatico ai principi consuetudinari del diritto internazionale (comma 1), l’aderenza alle norme pattizie nella disciplina della condizione giuridica dello straniero (comma 2) e, infine, la garanzia del riconoscimento del diritto di asilo (comma 3). Così operando, Mattarella ha inteso tracciare il perimetro costituzionale entro cui dovrà muoversi il dibattito parlamentare in sede di conversione del decreto-legge. Inoltre, come già rilevato a proposito delle promulgazioni delle Modifiche al codice antimafia e delle misure e delle Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, l’attenzione presidenziale pare ancora una volta diretta a prevenire il prodursi di eventuali effetti incostituzionali, in sede di applicazione del decreto.
Ma vi è di più. Dal punto di vista strutturale, il messaggio del Presidente appare più vicino ad un monito che ad una reale motivazione dissenziente, tipica delle promulgazioni con riserva. In esso, infatti, non sembra esserci traccia di quell’ormai tradizionale “disagio istituzionale” che aveva spinto, in passato, il Quirinale alla scelta di mettere nero su bianco le proprie perplessità in merito ad atti normativi che venivano in modo contestuale comunque emanati o promulgati. In quest’ultimo caso, invece, l’emanazione, più che contrariamente motivata, è apparsa corredata da una sorta di osservazione critica del Presidente nei confronti dell’atto normativo appena approvato dal Governo. Un atto che, appunto, sembra voler dire Mattarella, merita una speciale sorveglianza.
Ad emergere è soprattutto la connotazione pedagogica dell’intervento di moral suasion del Presidente.
Così, se le precedenti prassi si sono distinte per la discrasia tra l’atto formale della promulgazione o dell’emanazione (con esito positivo) e il contenuto delle comunicazioni (di segno opposto) rivolte dal Presidente della Repubblica al Governo, ora l’impressione è che, in questo caso, com’era avvenuto anche in occasione della precedente promulgazione motivata della legge sul c.d. whistleblowing (disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato), il dissenso del Capo dello Stato non è manifesto, limitandosi egli all’indicazione dei principi che devono essere necessariamente osservati dal legislatore. Certo, sulla scelta di Mattarella può aver pesato anche la considerazione del ben più ristretto margine di cui dispone il Presidente nel rifiutare l’emanazione di un decreto-legge (ipotesi che, com’è noto, a differenza del potere di rinvio delle leggi, non è espressamente prevista in Costituzione e che, tuttavia, in qualche caso si è verificata).
Si può poi discutere (da un punto di vista, però, squisitamente politico) riguardo agli effetti che interventi del genere possono provocare nelle forze politiche di maggioranza, le quali ovviamente reagiscono in base al proprio costume e alla propria sensibilità politica. Per fare solo un esempio riguardante un precedente provvedimento, relativo alla medesima materia, alla promulgazione motivata della l. n. 94/2009 (c.d. pacchetto sicurezza) da parte del Presidente Napolitano fece seguito un comunicato di Palazzo Chigi con cui il Governo s’impegnava a valutare con attenzione i suggerimenti presidenziali già in sede di prima applicazione della legge. Nel caso in esame, invece, dopo l’emanazione e la lettera di Mattarella non risultano dichiarazioni ufficiali in merito, ma solo qualche pittoresca esternazione resa sui social.
In base al quadro sinteticamente ricostruito è possibile sviluppare due osservazioni. La prima: nell’ambito del monitoraggio presidenziale sulle leggi emerge in modo netto la cifra del modo in cui Mattarella svolge il proprio ruolo, con imparzialità e rigore ma anche mostrando attenzione per la scelta dei toni, pur quando egli si serva di strumenti eccentrici rispetto a quelli previsti dalla Costituzione.
Di qui, la seconda considerazione: al di fuori dei casi in cui l’atto sindacato integra una violazione palese del dettato costituzionale, il Presidente ha, in definitiva, il potere di ricorrere ad una modulazione strumentale in relazione agli effetti che intende raggiungere con le proprie prerogative. Così, anche all’interno della vasta area rappresentata dagli interventi di moral suasion, il Presidente è libero di scegliere se motivare dissentendo o criticare osservando, a seconda dei contenuti normativi degli atti a lui sottoposti rispetto al punto-limite della incostituzionalità manifesta.
- È possibile rintracciare all’interno della più recente prassi del monitoraggio presidenziale sulle leggi un nuovo profilo di garanzia, che chiama il Capo dello Stato a ricercare entro il perimetro disegnato dalle norme costituzionali l’allineamento dell’ordinamento interno alle garanzie giuridiche sovranazionali.
Si tratta di una tendenza che ha iniziato a prendere fisionomia con Ciampi (si pensi ai rilievi da questi effettuati durante la fase deliberativa della l. n. 367 del 2001, in materia di rogatorie internazionali), ha trovato sviluppo durante i settennati Napolitano, soprattutto nel settore dei diritti fondamentali (ad esempio, ma non solo, con l’invio nel 2013 del messaggio formale alle Camere dopo la decisione-pilota Torreggiani ed altri della Corte Edu) e che ormai pare acquisire piena dignità giuridica.
In tale ultima direzione si pongono anche le osservazioni avanzate da Mattarella in sede di promulgazione della l. n. 161 e di emanazione del d.l. sicurezza e immigrazione, in cui il capo dello Stato ha evidenziato, rispettivamente, “la necessità del rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea” e “gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”.
A tutti gli effetti, quella che va prendendo forma anche attraverso gli interventi di moral suasion è un’autonoma funzione del Quirinale, definibile, per usare un’espressione impiegata da un’autorevole dottrina, come di garanzia inter-costituzionale. Nello specifico, il Presidente della Repubblica, nella veste di rappresentante dell’unità della Nazione anche di fronte ai consessi europei ed internazionali, indirizza le proprie attribuzioni verso la garanzia della conformità sostanziale tra il sistema interno ed i principi importati dall’ordinamento dell’Unione europea e da quello internazionale.