Le immagini del “funerale fascista” di Giampiero Todini, docente di Storia del Diritto italiano all’Università di Sassari, circolate rapidamente in rete, hanno richiamato nuovamente l’attenzione sul reato di apologia del fascismo e sulla molteplicità di forme in cui esso possa realizzarsi.
Il fatto: a esequie avvenute, nella pubblica via (non il sagrato della Chiesa di San Giuseppe a Sassari, né il camposanto) sul feretro è stato deposto il tricolore di Salò da parte di Andrea Farris, responsabile di Casa Pound. In seguito, un picchetto d’onore di circa trenta giovani, schierato con il braccio destro teso nel più classico saluto romano ha salutato il “camerata” Giampiero Todini, secondo la formula “Camerati, attenti!”- “Camerata Giampiero Todini, presente!”.
Il gesto è stato interpretato come un cupo segnale di avvicinamento della popolazione ad un sentimento di nostalgia e celebrazione del fascismo, reso ancora più inquietante dal crescente consenso che i partiti di estrema destra stanno suscitando anche nelle generazioni più giovani che hanno studiato il Ventennio sui libri di storia.
La diffusione del filmato ha generato polemiche di segno opposto: da parte di coloro che temono i rigurgiti fascisti è stato interpretato come una testimonianza necessaria di allarme; da parte di altri come una indebita intrusione in un momento “privato” quale quello delle esequie di uno stimato docente universitario, che non aveva mai celato la sua fede politica e che, a detta del figlio, aveva espressamente richiesto nelle sue ultime volontà che al suo funerale fosse formulato il saluto fascista.
L’obiezione della privatezza dell’occasione non tiene, dal momento che la chiamata e il saluto sono avvenuti nella pubblica via (e non, per esempio, al camposanto), denotando con ciò il rilievo pubblico dell’iniziativa.
Tuttavia, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale (n. 74/1958 e n. 15/1973) e della Cassazione (da ultimo, Cass. pen., I sez., n.8108 del 2018), l’applicazione dell’art. 5 della l. n. 645 del 1952, c.d. Legge Scelba, che persegue il reato di apologia del fascismo (reato di pericolo concreto, che lascia fuori dal perimetro di applicazione le mere manifestazioni di pensiero fascista e della sua ideologia), richiede che gli atti posti in essere possano essere funzionali alla ricostituzione del disciolto partito fascista, escludendo quelli aventi un mero fine commemorativo. In tale pronuncia, la Cassazione ha ricordato come la Corte costituzionale abbia ritenuto che tale fattispecie penale non colpisca tutte le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ma soltanto quelle in grado di determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste in relazione al momento e all’ambiente in cui sono compiute. In altre parole, manifestazioni, gesti, comportamenti in grado di porsi come possibili e concreti antecedenti causali di ciò che resta costituzionalmente inibito e perciò idonei a provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste.
Il precedente su cui si esprime la Corte di Cassazione riguardava una manifestazione e un corteo organizzati a Milano al fine di commemorare tre defunti con modalità tipiche del disciolto partito fascista quali il saluto romano, la chiamata del presente, l’esposizione di bandiere con croci celtiche. Gli organizzatori, in particolare, non avevano ottemperato all’invito formulato dalla Questura nei giorni precedenti la manifestazione, a non esporre tali bandiere e a non marciare al suono di tamburi. La procura della Repubblica aveva perciò da tali comportamenti ravvisato una precisa volontà di pubblicizzare l’ideologia con effetto diffusivo in pubblico.
La vexata quaestio che il caso dei funerali fascisti del Professore Todini pone e se e in quale modo sia possibile un bilanciamento tra la tutela dell’ordine democratico e la libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione. Quest’ultima protegge anche espressioni di sostegno all’ideologia fascista purché, appunto, non si traducano – in relazione al momento e all’ambiente in cui sono compiute- in incitamenti ad una concreta ricostituzione del partito fascista.
Il “funerale fascista” di un noto docente universitario già insignito delle onorificenze di Cavaliere della Repubblica e di Commendatore, se pure avvenuto in una pubblica via e alla presenza di un picchetto di manifestanti numeroso ma non al punto di tradursi, né mimare, l’atmosfera di un’adunata, non parrebbe integrare le caratteristiche individuate dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità come in grado di generare allarme perché funzionali ad una ricostituzione del partito fascista.
Una più attenta riflessione andrebbe forse condotta sugli intenti e la modalità di diffusione del filmato che riprende tale momento: nell’era dei social network e dell’utilizzo massivo dello strumento della condivisione in rete dei contenuti un evento che avrebbe avuto una mera risonanza locale acquista potenzialità di diffusione e pervasività in passato non immaginabili e, ad oggi, imprevedibili nelle conseguenze.