di Stefano Ceccanti
Dopo vari giorni di silenzio il fronte del costituzionalismo conservatore, che si era eccitato contro la riforma costituzionale, viene rotto da un’intervista odierna di Gustavo Zagrebelsky a “la Repubblica”. Essa contiene molte affermazioni condivisibili, pur in ritardo e nonostante toni decisamente più misurati rispetto alle critiche alla riforma del 2016, che era in realtà molto meno discontinua con la nostra Costituzione rispetto agli interventi previsti oggi.
E’ però necessario rilevare due contraddizioni interne tutt’altro che secondarie.
La prima è che il cosiddetto combinato disposto tra riforma costituzionale e Italicum, al di là dei singoli e opinabili dettagli, era stato criticato perché spostava la legittimazione del Governo direttamente sui cittadini elettori, cittadini arbitri come diceva Ruffilli. A tale scelta di fondo, al netto delle modalità tecniche con cui era effettuata, si opponeva l’idea della centralità del Parlamento: ben altri traguardi di democrazia si sarebbero raggiunti con intese in Parlamento dopo il voto. Il regno di Kelsen redivivo. Improvvisamente, invece, si scopre che, dato il nostro sistema di partiti frammentato e con forze distanti tra di loro, se si esce dal cittadino arbitro non si afferma nessuna centralità del Parlamento, ma un insieme di logiche e sovrastrutture partitocratiche che riducono sia il potere dei cittadini che quello delle istituzioni. Un decisionismo extraparlamentare ed extracostituzionale. In forme ben più aggravate di quelle che vedevamo nel primo sistema dei partiti, in cui i ruoli di maggioranza e di opposizione erano fissi. Ma tutto ciò era prevedibilissimo e infatti ampiamente previsto da non pochi osservatori.
La seconda è la scoperta dell’importanza positiva e dell’effettivo significato della riforma che ha introdotto la stabilità di bilancio in Costituzione, rimediando all’elusione dell’originario articolo 81 che nelle intenzioni voleva essere ancor più rigido. Il significato effettivo non è liberista, ma di keynesismo ragionevole: la possibilità di indebitamento è limitato alle fasi negative del ciclo economico (pareggio strutturale), quando invece molti commentatori a torto o per ignoranza hanno invece diffuso l’idea che si trattasse di un pareggio fisso e nominale. L’importanza positiva è data dal fatto che contro forzature delle maggioranze in carica per acquisire consenso in modo drogato col debito non si tratta di aspettare l’Unione europea ma si danno armi potenti già all’interno dell’ordinamento, al Presidente della Repubblica e alla Corte costituzionale. In coerenza con l’impostazione dell’articolo 1 per cui la sovranità popolare si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
In un colpo solo Zagrebelsky ha demolito tanta retorica della spesa facile che un certo costituzionalismo ha invece spacciato come la forma massima della tutela dei diritti. Diritti degli inclusi e delle generazioni presenti, a danno di coloro su cui si scarica invece il debito. Perché nessun pasto è gratis, afferma con forza l’articolo 81, contro le visioni semplicistiche della tutela senza limiti dei diritti.
Chissà se di queste e di altre contraddizioni i costituzionalisti potranno fare tesoro.
Non convince la requisitoria più retorica che analitica del prof. Ceccanti contro le “contraddizioni” del “costituzionalismo conservatore” del prof. Zagrebelsky. Perché? 1. Il fronte del no era disomogeneo ma ha vinto, senz’altro per ragioni più di contingenza politica e personale che di merito. 2. La maggior parte degli argomenti a favore del no rispecchiavano il tono polemico e personale scelto dai promotori del si. 3. Quasi tutti – forse pure il prof Zagrebelsky – riconoscono che il governo è istituzionalmente (a prescindere dalle persone e dalle forze politiche che lo sostengono) troppo debole. 4. L’80% della revisione era condivisa da un’ampia maggioranza nel paese e nel Parlamento, in particolare le modifiche dei poteri dell’esecutivo e dello Stato centrale e la soppressione del bicameralismo paritario. 5. I difetti in ordine di gravità erano i seguenti: A. La formulazione confusa dei poteri del Senato. B. La natura ambigua del Senato. C. La procedura incompleta e partitocratica del Senato. D. Le modifiche contestabili del referendum. E. La verifica ex ante quindi politica della conformità delle leggi. F. Il combinato disposto fra riforma del Senato e nuova legge elettorale per la Camera. G. Un discorso pubblico incoerente, ondeggiante e ingannevole circa il nesso fra le due riforme. H. Una nuova legge elettorale antidemocratica o quantomeno antiparlamentare, peraltro prontamente censurata dalla CC proprio sul punto della “logica diversa”. – L’ultimo punto esterno alla revisione era il cuore della riforma; completava non come sostiene il prof. Ceccanti la sterzata “maggioritaria” presa nel 1995 con la legge Mattarella, ma la degenerazione partitocratica iniziata nel 2005 – in violazione dei verdetti referendari degli anni 90 – con il Porcellum (liste bloccate, maggioranza prestabilita, indicazione del premier) e confermata nel 2015 dopo la sentenza 1/2014 con l’Italicum. Detto ciò alcune apparenti contraddizioni del professore conservatore si chiariscono. Notiamo infine che proprio il peggio delle due leggi elettorali precedenti è sopravvissuto in quella vigente. Esistono modi più franchi per rinforzare il potere del primo ministro. La solo sfiducia costruttiva cambierebbe radicalmente l’autorità di chi sta per essere insediato.
Capisco poco di diritto e mi è quindi difficile puntualizzare in modo pertinente.Quello che mi pare chiara però,è la
faziosità che emerge nei punti A,B C D E H.
lA formulazione confusa dei poteri del Senato e la natura ambigua dello stesso mi paiono la stessa cosa.La procedura incompleta del Senato non si capisce che significa(e una persona che ha chiaro ciò che dice ,dovrebbe farsi capire)
Quanto alle modifiche contestabili del Referendum non si sa quali dovessero essere visto che doveva essere semplicemente confermativo o non. Ancora vanno accoppiati punti F e G perchè dicono la stessa cosa. Insomma ,per un estraneo alla materia,tutto l’insieme appare poco chiaro,e non è peccato secondario a meno che,chi ha scritto, non insegni Storia dell’Arte come me.
Ringraziando la commentatrice provo a rispondere brevemente. Le competenze confuse e complesse, fonte di incertezza, si riferiscono ad alcuni nuovi articoli scritti in uno stile bizantino da codice fiscale indegno dell’impronta originale. La natura ambigua del senato ridimensionato si riferisce all’incertezza fra compito di garante parlamentare e compito di rappresentante di interessi non nazionali. Nella frase sulla procedura era saltato l’aggettivo “elettorale” come era facile comprendere. Per spiegare l’affermazione sulla revisione del referendum, molto grave benché poco dibattuta, mi servirebbe più spazio. I tre ultimi punti F, G e H, affermano cose correlate, ma da distinguere nettamente; la confusione giovava ovviamente ai promotori del si, fra cui l’autore dell’articolo. La mia tesi più importante nonché conclusione originale è la fine del commento. Se si tratta di un discorso fazioso o di un’analisi razionale e precisa lo lascia al giudizio di ogni singolo lettore.