di Salvatore Curreri
Come previsto l’Ufficio di Presidenza della Camera, nella seduta del 9 aprile, ha autorizzato all’unanimità la costituzione in gruppo parlamentare autonomo dei 14 deputati di Liberi e Uguali, finora confluiti nel gruppo misto.(http://www.lacostituzione.info/index.php/2018/04/07/spigolature-dai-nuovi-gruppi-parlamentari/).
Da un punto di vista strettamente regolamentare si tratta di una decisione ineccepibile e conforme ad una consolidata prassi parlamentare. Alla Camera, infatti, “per costituire un gruppo parlamentare occorre un numero minimo di venti deputati” (art. 14, 1° comma, reg. Cam.) ma “l’Ufficio di Presidenza può autorizzare la costituzione di un Gruppo con meno di venti iscritti purché questo rappresenti un partito organizzato nel Paese che abbia presentato, con il medesimo contrassegno, in almeno venti collegi, proprie liste di candidati, le quali abbiano ottenuto almeno un quoziente in un collegio ed una cifra elettorale nazionale di almeno 300 mila voti di lista validi” (art. 14, 2° comma, reg. Camera). Tutti requisiti ampiamente presenti nella richiesta dei deputati di Liberi e Uguali.
Eppure, stamani su alcune testate e sui social tale decisione è stata criticata perché frutto d’incoerenza politica sia dell’attuale Presidente della Camera sia dell’ex Presidente del Senato. Il primo, infatti, avrebbe permesso – anzi secondo alcuni addirittura deciso! – tale costituzione in deroga benché nella passata legislatura, in occasione dell’autorizzazione del gruppo dei Fratelli d’Italia ad inizio della XVII legislatura, avesse veementemente tuonato contro tali gruppi autorizzati (“i gruppi in deroga? No! Migliaia di euro nel cesso, una spesa inutile e assurda, degna della kasta”). Il secondo, quale leader di Liberi e Uguali, beneficerebbe così di un articolo del regolamento che invece al Senato, anche su sua sollecitazione, è stato abrogato.
Ancora una volta, purtroppo, bisogna constatare che il gusto della strumentale polemica politica prevale sulla conoscenza del dato regolamentare. Premesso, infatti, che la decisione sull’autorizzazione dei gruppi non spetta al Presidente ma all’Ufficio di Presidenza, essa appare non solo legittima ma anche lodevole dimostrazione di applicazione imparziale del regolamento, come dimostra peraltro l’unanimità raggiunta.
È vero, infatti, che il regolamento prevede non un obbligo ma una facoltà per l’Ufficio di Presidenza (“può autorizzare”) ma è pur vero che, come detto, per prassi parlamentare pluridecennale, esso ha finora sempre autorizzato tali gruppi in presenza dei requisiti regolamentari richiesti (e talora, anzi, interpretandoli estensivamente come in occasione dell’autorizzazione il 14 giugno 2001 del gruppo di Rifondazione comunista, nonostante la vigenza di una legge elettorale non più proporzionale ma prevalentemente maggioritaria rendesse, per così dire, complicata la loro applicazione). Un conto, quindi, è criticare una disposizione, chiederne l’abrogazione e lavorare politicamente per raggiungere tale obiettivo; altro doverla comunque applicare, tanto più se da Presidente della Camera sei chiamato a far osservare il regolamento e la costante sua interpretazione nella prassi parlamentare.
Se poi non si vogliono i gruppi autorizzati, si eviti piuttosto di dare all’articolo che li consente in corso di legislatura interpretazioni forzate, come accaduto nel 2015 per il gruppo Per l’Italia-Centro democratico, autorizzato nonostante nato dall’unione di due forze politiche di cui solo la seconda era dotata d’identità politico-elettorale (volendo, si veda il mio www.rivistaaic.it/considerazioni-critiche-sull-autorizzazione-del-gruppo-parlamentare-per-l-italia-centro-democratico-alla-camera-dei-deputati.html).
Oppure si proceda all’abrogazione di tale articolo, come ha fatto peraltro da questa legislatura il Senato, con il consenso delle maggiori forze politiche, Movimento 5 Stelle incluso. Indirizzo, peraltro, che personalmente non auspico perché l’autorizzazione in deroga alla costituzione in gruppo permette ad una forza politica – come nell’unico caso di Liberi e Uguali – che si è presentata dinanzi agli elettori e che da questi ha ricevuto un rilevante consenso, di poter svolgere al meglio la propria attività parlamentare.