di Paola De Luca*
Le elezioni del 4 marzo 2018, data anche la combinazione di un sistema partitico fluido e di una legge elettorale senza premio di maggioranza, hanno prodotto un profondo mutamento del quadro politico italiano; non determinando, come prevedibile, un unico vincitore, in grado di ottenere una chiara maggioranza parlamentare e formare, in piena autonomia, uno stabile Esecutivo.
Non è un caso, infatti, che molto si discute in questi giorni circa la concreta possibilità di raggiungere accordi sulla designazione dei due Presidenti di Camera e Senato, la formazione dei Gruppi parlamentari e la possibilità di creare, al netto degli schieramenti di maggioranza ed opposizione, le Commissioni parlamentari permanenti.
Se da un lato, tuttavia, l’elezione del Presidente di Palazzo Madama dovrebbe avvenire nel corso della prima seduta assembleare o, al massimo, il giorno successivo, grazie all’esistenza di un “ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e viene proclamato eletto quello che consegue la maggioranza, anche se relativa” (Art. 4 r. S.), per l’elezione del deputato occupante lo scranno più alto di Montectorio, il procedimento potrebbe invece non essere così scontato.
L’art. 4 del Regolamento prevede infatti non un ballottaggio, ma il raggiungimento “della maggioranza dei due terzi dei voti” dal secondo scrutinio e, dopo il terzo, “la maggioranza assoluta”; quorum a scalare davvero alto da ottenere in tempi piuttosto celeri, con allo sfondo una convenzione costituzionale ormai superata che vedeva attribuire la Presidenza della Camera al principale partito di opposizione ed anzi, data una siffatta consistenza di consensi, potrebbe portare il dominus di Montecitorio a ricevere il mandato esplorativo dal Presidente Mattarella.
Ecco che allora, appare spontaneo chiedersi come si dovrà procedere per il mantenimento degli obblighi europei ed internazioni in capo al nostro Paese o, al contempo, per rispondere alle urgenze che potrebbero di fatto presentarsi all’interno del territorio nazionale.
In effetti, i Regolamenti di Camera e Senato, al fine di esaminare “alcuni atti del Governo aventi significativi effetti economico-finanziari e per i quali sono state ravvisate ragioni di urgenza” (Camera dei deputati, XVII legislatura, seduta del 26 marzo 2013), prevedono la costituzione di organi collegiali sub assembleari speciali proprio ad inizio Legislatura.
Come noto, cancellato ogni riferimento regolamentare al sistema francese degli uffici o al modello inglese delle tre letture, il procedimento legislativo descritto dalle novellate regole camerali interne post fasciste si fonda adesso sulle Commissioni permanenti specializzate per materia.
Accanto a queste ultime, però, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari (art. 19 r. C. e art. 22 r. S.), esistono anche diversi tipi di Commissioni, come quelle d’inchiesta, miste o speciali.
Queste ultime (art. 22, comma 2, r. C. e art. 24 r. S.), in particolare, sono per prassi considerate come strumento residuale, rispetto alla centralità delle quattordici Commissioni permanenti e sono istituite, infatti, con frequenza decrescente nel susseguirsi delle Legislature repubblicane, per l’esame di disegni di legge particolamente complessi o politicamente delicati (come fu, nella II Legislatura, quello che autorizzava la ratifica del Trattato istitutivo del mercato comune europeo), per anticipare l’istituzione di una nuova Commissione permanente (come quella per le politiche comunitarie, istituita per tre Legislature e che solo nella XIV ha portato a quella permanente che oggi conosciamo), oppure, come probabilmente avverrà in questo caso, ad inizio Legislatura, in attesa della formazione del Governo e del concreto funzionamento degli organi collegiali sub assembleari.
Ecco che allora, in conformità con i precedenti, anche dopo le prime sedute di Camera e Senato, potrebbe non essere solo una mera ipotesi l’istituzione di una “Commissione speciale per l’esame di disegni di legge di conversione di decreti legge e di altri provvedimenti urgenti presentati dal Governo” a Palazzo Madama e di una “Commissione speciale su atti urgenti del Governo” a Montecitorio.
Costituite da un numero variabile di deputati o senatori, le due Commissioni temporanee potrebbero rivelarsi di fondamentale importanza per la gestione transitoria della prima fase della Legislatura, limitatamente ai provvedimenti in scadenza e di natura eterogenea, come l’elaborazione del Documento di economia e finanza 2018, la conversione di decreti legge pendenti o degli altri atti urgenti di emanazione governativa.
In realtà, occorre precisarlo, si è sempre trattato di un carico di lavoro contenuto, tanto da poter essere affrontato nelle poche sedute antecedenti la formazione del Governo e la concreta attivazione delle Commissioni permanenti, seppure le già citate instabili condizioni politiche potrebbero di fatto prolugare oltre il previsto l’attività della Commissione, estendendo le sue funzioni ad ulteriori e significativi atti parlamentari, fino ad arrivare anche all’avvio della sessione di bilancio.
Del resto, eccetto il precedente della XIII Legislatura, quando venne istituita una Commissione speciale per l’esame della relazione del Governo per l’adozione del programma di riordino delle norme legislative e regolamentari, non si riscontrano successive iniziative di particolare rilievo volte ad istituire simili Commissioni per l’esame di provvedimenti specifici al di là della prima fase di rodaggio ed assestamento delle due nuove Assemblee rappresentative.
Nel 2013, ad esempio, vennero attribuiti all’esame delle Commissioni straordinarie di Camera e Senato solo una serie di provvedimenti in scadenza, come la Relazione al Parlamento presentata dal Governo, ai sensi della legge di contabilità per aggiornare gli obiettivi di finanza pubblica relativi al 2013 e al 2014, sulla quale riferire all’Assemblea e, ai fini dell’espressione del parere parlamentare, lo schema di decreto del Capo dello Stato in materia di criteri e procedure per l’utilizzazione della quota dell’8 per mille dell’IRPEF e quello del Ministro del lavoro concernente i requisiti di accesso alla pensione per gli esodati.
Temi importanti, come si evince, che devono essere affrontati in quanto perentori o urgenti, da una Commissione che rispecchia perfettamente la proporzione delle ancora inoperanti Assemblee elettive e che dispone dei consueti strumenti procedurali, come le audizioni o indagini conoscitive, i resoconti, le dirette web tv delle proprie sedute e, infine, la possibilità di conferire mandato al relatore allo scopo di riferire favorevolmente o meno in Assemblea sul singolo affare assegnato, per come definito dall’atto istitutivo della temporanea Commissione, la durata della quale non può in ogni caso eccedere quello della Legislatura medesima.
Per di più, se dalla XIV Legislatura ai giorni nostri, tali organi sub assembleari speciali sono stati istituiti solo in seguito all’elezione dei Presidenti camerali, oggi, date le suddette premesse di profonda instabilità partitica, il loro concreto avvio potrebbe non solo verificarsi a Magistrato assembleare di Montecitorio non ancora eletto o ad Esecutivo non formato, ma rappresenterebbe l’unico strumento parlamentare in grado di lavorare nel concreto, perseguire gli obiettivi programmatici prefissati nella precedente Legislatura o richiesti dagli organismi europei ed internazionali ai quali l’Italia appartiene.
Ecco che allora, se da un lato si registra una vera e propria desuetudine dell’istituto, dall’altro è innegabile l’esigenza di un simile organo sub assembleare che, all’inizio anche della XVIII Legislatura, possa provvisoriamente svolgere quell’insieme di funzioni indispensabili per il concreto funzionamento dell’intera macchina politica italiana.
*School of Government dell’Università LUISS Guido Carli