Adelante Pedro… Cronoprogramma di inizio legislatura

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C’è chi, come Matteo Salvini, ha annunciato nei giorni scorsi che martedì prossimo siederà a Palazzo Chigi e chi, come Luigi Di Maio, ha già fatto iniziare il riscaldamento alla propria squadra di futuribili ministri. Che fretta! Le cose andranno assai più lente e ponderate come viene chiaramente spiegato in questo articolo di Giampiero Buonomo, tanto che l’inizio delle consultazioni per il nuovo governo saranno probabilmente avviate dal Presidente della Repubblica non prima del 26 marzo.

di Giampiero Buonomo (*)

5-22 marzo 2018: tempo massimo per le proclamazioni degli eletti, ad opera degli Uffici centrali circoscrizionali della Camera e degli Uffici elettorali regionali per il Senato

Il ping-pong tra uffici centrali circoscrizionali ed ufficio centrale nazionale, per le proclamazioni degli eletti alla Camera dei deputati, non era una novità nel nostro ordinamento, neppure ai tempi del Mattarellum (e persino ai tempi del proporzionale); ad esso si aggiunge ora, in Senato, il ping-pong anche tra uffici elettorali regionali ed ufficio centrale nazionale, sia pur limitatamente al riscontro del superamento delle soglie nazionali delle liste.

Non è però questa la vera, prima insidia del meccanismo delle proclamazioni: piuttosto, il Rosatellum riapre la questione dello “slittamento” dei voti, ossia la traslazione degli effetti del voto espresso in un ambito territoriale, ai fini dell’attribuzione del seggio ad eletti in altro ambito territoriale. Essa fa calare sulle liste la qualifica di “eccedentarie” ovvero “deficitarie”, per i casi di non corrispondenza (verso l’alto o verso il basso) della somma dei seggi loro assegnati nelle circoscrizioni, rispetto al numero dei seggi loro spettanti a livello nazionale. Già l’Italicum ne faceva discendere un articolato potere correttivo dell’Ufficio centrale nazionale, che influenzava le proclamazioni alterandone l’ordine “naturale”.

Nella pur prolissa sentenza n. 35 del 2017, il redattore Zanon dedicava alla questione un lunghissimo § 10.2 del Considerato in diritto, a riprova di quanto la faccenda fosse spinosa già allora. Il ricorso n. 8/2017, depositato dall’avvocato Besostri per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (consultabile alla URL http://www.giurcost.org/cronache/index.html nella sezione “Selezione di casi pendenti davanti alla Corte costituzionale”) sostiene che la n. 165/2017 rende possibile l’effetto flipper tra territori anche lontanissimi tra di loro (vedansi i commi 4, 6 e 7 del nuovo articolo 84 del testo unico Camera). Il gioco delle pluricandidature potrebbe, addirittura, rimettere in pista, anche per la Camera alta, l’obiezione contro un effetto lato sensu traslativo: ciò in ragione del mix tra le decisioni dei partiti di proporre pluricandidature, lo scorrimento verso i candidati uninominali “ripescati” e l’impatto del voto “esogeno” nel plurinominale. Tutto ciò potrebbe risultare difficilmente digeribile per le parti contro-interessate all’attribuzione del seggio: un’operazione che rischia di bloccarsi, laddove venisse sollecitato, già in sede di proclamazione, uno scrutinio di costituzionalità della nuova legge elettorale. In questi casi, gli Uffici elettorali regionali affermano però l’inammissibilità di incidenti di costituzionalità, in virtù del loro configurarsi come organi meramente amministrativi, e non giurisdizionali: una configurazione che ancora di recente il Consiglio di Stato (sezione III) ha giudicato non lesiva dei principi costituzionali, in quanto “l’attribuzione della competenza a decidere i reclami contro le esclusioni delle liste e dei candidati adottate, ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. n. 361 del 1957, dall’Ufficio Centrale Circoscrizionale (costituito presso la Corte d’Appello o il Tribunale competente) innanzi all’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale (costituito presso la Corte di Cassazione), tenuto conto dalla sua composizione soggettiva (essendo i relativi membri tutti magistrati, ai sensi degli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 361 del 1957), garantisce la necessaria imparzialità e indipendenza, in quanto organo neutrale e titolare di funzioni di controllo esterno espletate in posizione di terzietà ed indipendenza” (sentenza n. 999/2018).

Dopo la data della proclamazione altri 20 giorni: per la proposizione dei ricorsi elettorali

L’articolo 87 del testo unico di cui al d.P.R. n. 361 del 1957 dichiara che spetta alla Camera il “giudizio  definitivo  sulle contestazioni, le  proteste  e,  in  generale,  su  tutti  i  reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente. (…) Le proteste e i reclami non presentati agli Uffici delle sezioni  o all’Ufficio centrale devono essere trasmessi  alla  Segreteria  della Camera dei deputati entro il  termine  di  venti   giorni dalla proclamazione fatta dall’Ufficio centrale. La Segreteria ne rilascia ricevuta”. Conformi, con le varianti del caso, sono le previsioni dei regolamenti di verifica dei poteri delle due Camere.

La conseguenza, a rigori, dovrebbe essere che – se le Camere svolgono in via esclusiva ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione una funzione giurisdizionale sulla verifica dei poteri – esse potrebbero in quella sede sollevare questione di legittimità costituzionale in sede di giudizio sui ricorsi contro gli atti del procedimento elettorale, rilevanti nel controllo dei titoli di ammissione dei componenti delle Assemblee parlamentari. Ma sulla loro renitenza abbiamo già discettato (su questo sito, v. La procedura parlamentare e il conflitto di attribuzioni sulle leggi elettorali, 9 dicembre 2017); più in generale, sulla “giustizia politica” (copyright Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 8 aprile 2008, n. 9151) aleggia oramai una delegittimazione sia a livello nazionale che sovranazionale. La Corte costituzionale ne ha tratto, anche di recente (inammissibilità della q.l.c. veneziana sulla circoscrizione Estero nel referendum costituzionale), una particolare declinazione del principio della tutela costituzionale: per la legge elettorale delle Camere, non essendovi la possibilità di superare la “zona franca”, è ammissibile ciò che non sarebbe in via ordinaria per le altre elezioni, cioé la q.l.c. (questione di leggittimità costituzionale) che nasca da una mera azione di accertamento del diritto di votare secondo Costituzione.

23 marzo 2018: Prima seduta delle nuove Camere (Giunta delle elezioni provvisoria)

È ben vero che la legislatura decorre dalla prima seduta e, quindi, dal 23 marzo 2018; ma è anche vero che le norme regolamentari (articolo 1 comma 1 Reg Sen.: “I Senatori acquistano le prerogative della carica e tutti i diritti inerenti alle loro funzioni, per il solo fatto della elezione o della nomina, dal momento della proclamazione se eletti, o dalla comunicazione della nomina se nominati”; art. 1 Reg. Cam.: “I deputati entrano nel pieno esercizio delle loro funzioni all’atto della proclamazione”) appaiono ricognitive di un principio risalente direttamente alle guarentigie costituzionali e che, tra di esse, non vi sono solo quelle dell’articolo 68 ma anche quelle dell’articolo 67 Cost.

Pertanto, non appare probabile che gli uffici elettorali estendano a fattispecie ulteriori quello che sin qui è stato l’unico caso di “salto” del nome dell’avente diritto alla proclamazione (il decesso del candidato, il cui nome era forzatamente rimasto sulla scheda). Ecco perché – in caso di elezione del candidato indesiderato per motivi sopravvenuti – il problema si converte in quello delle dimissioni. Sempre ammesso che l’interessato le depositi, l’art. 89 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 afferma che “è riservata alla Camera dei deputati la facoltà di ricevere e accettare le dimissioni dei propri membri”.

Precedenti di dimissioni accolte dall’Assemblea neoistituita sono rari ma non mancano, come dimostrano le dimissioni di Emma Bonino e Giovanni Negri presentate (ed accolte) nella prima seduta della Camera dei deputati della X legislatura. Il presidente provvisorio Aldo Aniasi il 2 luglio 1987 le pose ai voti addirittura prima di convocare la Giunta delle elezioni provvisoria, che pure (secondo l’articolo 3 Reg. Cam.) dovrebbe essere il primo adempimento da soddisfare, dopo la costituzione dell’Ufficio di Presidenza provvisorio. Ma c’è comunque un voto segreto da tenere: non è detto che il suo esito incontri gli auspici del dimissionario.

C’è allora chi potrebbe vedere nella Giunta provvisoria la sede per regolare la faccenda. Il Senato, in tempi remoti, conosceva la “rinuncia preventiva alla proclamazione a senatore” (caso Toscanini); da essa, in certa misura, deriva anche l’atto abdicativo che prescinde dal voto dell’Assemblea in caso di dichiarazione di volontà dell’interessato (v. Assemblea del Senato, 4 luglio 2007, conferma con dichiarazione orale del senatore Bobba della pre-opzione per il subentro in corso di legislatura). Ancora nella X legislatura, a seguito dell’opzione per la Camera dei deputati esercitata dall’onorevole Pannella – candidato eletto sia alla Camera che al Senato – la Giunta accertò che la prima dei non eletti nel relativo Gruppo era Maria Adelaide Aglietta, già proclamata anch’essa deputata; costei scrisse al Presidente del Senato dichiarando che, pur trovandosi nella condizione di essere proclamata senatrice in sostituzione di Pannella, preferiva continuare ad appartenere alla Camera dei deputati. Di conseguenza la Giunta riscontò che, fra i candidati non eletti del medesimo Gruppo, colui che seguiva la deputata Aglietta in cifra individuale era Piero Craveri, che fu proclamato eletto senatore (Atti Senato, Assemblea, resoconto stenografico, 2 luglio 1987, p. 4).

Il problema, non secondario, è però quello di chiarire quale margine di vitalità abbia ancora un istituto, la Giunta provvisoria, sorto in presenza di tutt’altri presupposti legislativi.

23 marzo 2018: Prima seduta delle nuove Camere (elezione dei Presidenti delle Camere)

La dottrina spiega il peculiare meccanismo di elezione del Presidente del Senato (che – decorsi invano i primi tre scrutini, due a maggioranza assoluta dei componenti e uno a maggioranza assoluta dei presenti – conduce comunque ad una scelta al quarto scrutinio, mediante un ballottaggio) con la necessità di ricostituire il prima possibile la figura del supplente del Capo dello Stato. Viceversa, l’elezione del Presidente della Camera ha luogo (dopo il primo a maggioranza dei due terzi dei componenti; e dopo il secondo e terzo scrutinio a maggioranza dei due terzi dei voti) dal quarto scrutinio sempre con la maggioranza assoluta dei voti.

Entro tre giorni dalla prima seduta, ogni parlamentare è tenuto ad indicare alla Presidenza il Gruppo del quale intende far parte: in Senato, ciò avverrà sotto l’imperio delle più rigorose norme di cui alla delibera 20 dicembre 2017, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 2018.

La Presidenza della Repubblica fa decorrere da questo adempimento la fissazione del calendario per le consultazioni, volte alla costituzione del nuovo Governo. Benché la natura “facultizzante” della relativa consuetudine costituzionale conosca casi di maggiore o minore rilevanza delle formazioni politiche o delle coalizioni, elemento imprescindibile delle consultazioni sono i Gruppi parlamentari, visto che è dai loro componenti che dovrà venire il giudizio politico sulla nomina del Governo, mediante la sottoposizione in Assemblea delle due Camere della mozione di fiducia.

Da questo momento in poi, la scansione degli adempimenti non conosce più un cronoprogramma giuridico, ma riprende pieno vigore quello politico: nel concorso di volontà tra tutti gli attori delle consultazioni, dell’incarico, dell’accettazione e della fiducia, la tempistica recede sullo sfondo. Residua soltanto l’obbligo, di cui all’articolo 94 secondo comma Cost., per il quale “entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”.

Tutto il resto è affidato al “trialogo” Quirinale-Presidente del consiglio incaricato-Parlamento: come sosteneva Alessandro Pizzorusso, il ruolo del Capo dello Stato è decisivo, perché ricostituisce il circuito democratico Parlamento-Governo mediante un’attività di supplenza, modulata sulle circostanze politiche determinatesi in base all’esito delle elezioni generali. Ma sulla modalità in cui ciò in concreto avverrà, la strumentazione è ampia e non preventivabile giuridicamente e, men che meno, cronologicamente: tra mandati esplorativi, incarichi accettati con riserva, scioglimento della riserva, nomina dei ministri e presentazione del Governo alle Camere, il tutto è rimesso alla politique politicienne ed all’equilibrio, con cui l’alto senso istituzionale del Presidente della Repubblica riterrà di orientarne il corso.

 

(*) Consigliere parlamentare. Le opinioni espresse sono personali e non impegnano in alcun modo l’Istituzione di appartenenza.

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