di Fabio Ferrari
A seguito di un’importante e recente pronuncia del Tribunale Costituzionale Spagnolo, la vicenda catalana si è arricchita di un ulteriore tassello.
Il Presidente del Parlamento della comunità autonoma ha convocato, per il 30 di Gennaio 2018, una seduta parlamentare finalizzata a eleggere il Presidente del Governo: candidato, Carles Puigdemont. Ciò ha generato un problema non esattamente di dettaglio, posto che si tratta – come è a tutti noto – di un suddito di Sua Maestà attualmente latitante in Belgio, e sul quale grava un mandato di arresto emesso da parte dei giudici spagnoli per i sobri reati di «ribellione, sedizione e appropriazione indebita». Dunque, se il candidato in questione rimettesse piede in Spagna, sarebbe arrestato e processato.
Il Governo di Madrid ha immediatamente impugnato la delibera innanzi al Tribunale Costituzionale, a norma dell’art. 161.2 Cost, per il quale «Il Governo potrà impugnare di fronte al Tribunale Costituzionale le disposizioni e risoluzioni adottate dagli organi delle Comunità Autonome. Il ricorso produrrà la sospensione della disposizione o risoluzione impugnata, ma il Tribunale dovrà ratificarla o annullarla in un termine non superiore a cinque mesi».
In forza di questa previsione il Tribunale ha sospeso l’atto, invitando le parti – Parlamento catalano e Governo nazionale – ad integrare le proprie difese in vista del futuro giudizio di ammissibilità. Così agendo, però, ha altresì aggiunto una serie di misure cautelari, dal contenuto netto e perentorio, alle quali il Parlamento catalano dovrà fin da subito adeguarsi:
- il dibattito e la votazione relativi all’investitura di Carles Puigdemont, quale candidato alla presidenza del Governo Catalano, non potranno effettuarsi né per via telematica, né per delega nei confronti di un altro parlamentare;
- qualora continui a sussistere un ordine giudiziario di arresto nei confronti del candidato, questi non potrà essere oggetto di elezione senza specifica autorizzazione giudiziale, anche qualora egli si presenti personalmente al Parlamento;
- qualunque membro del Parlamento sul quale penda un provvedimento giudiziario analogo a quello attualmente previsto per Puigdemont non potrà delegare il proprio voto ad altri parlamentari;
- qualunque atto adottato in contravvenzione ai precedenti punti è da considerarsi «radicalmente nullo».
Si tratta di precetti molti importanti, che accolgono le preoccupazioni del Governo nazionale innanzi ad una vicenda a dir poco clamorosa; dal punto di vista tecnico, Esecutivo e Tribunale hanno fatto leva sull’interpretazione più lineare dell’art 146 del Regolamento del Parlamento catalano, il quale prevede che il candidato alla Presidenza presenti un programma, chieda su di esso la fiducia e replichi alle osservazioni dei gruppi parlamentari…personalmente.
Difficile dare loro torto, a patto che la confusione semantica sui termini “latitante” ed “esule” non abbia contaminato anche la penisola iberica.