UNIONE EUROPEA
Chi paga 1,4 miliardi di multa per le quote latte?

di Roberto Bin

La notizia è passata quasi in silenzio nella campagna elettorale (vedi però il Fatto quotidiano): la Corte di giustizia ha condannato l’Italia perché nel periodo 1995-2009 non ha ricuperato la sanzione (c.d. “prelievo supplementare) posta a carico degli allevatori che avevano superato le “quote latte”.

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Sgangherati: chi giura sul Vangelo, chi sale al Quirinale, chi sconfessa i propri candidati, chi annuncia referendum…

di Giovanni Di Cosimo

Una campagna elettorale sgangherata. L’aggettivo scelto da Antonio Ramenghi è perfetto per descrivere il dibattito sui temi istituzionali. I poveri elettori sono stati bombardati da un profluvio di argomenti.

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Di Maio e il generale a 5 stelle

di Roberto Bin
Finalmente Di Maio ha annunciato il primo dei suoi ministri. È il generale dei carabinieri Sergio Costa, un curriculum di primissimo livello. Il problema non è certo lui, ma Di Maio. Se è vero che gli mancano pochi esami per laurearsi, avrà sicuramente sostenuto Diritto costituzionale, che è un fondamentale del primo anno.

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Comprevendita dei parlamentari: dopo i saldi di fine stagione siamo alle prevendite!

di Roberto Bin

Scandalizzarsi ormai è difficile, il quadro politico-istituzionale si è degradato a tal punto che non ci si sorprende più di niente. Dopo le legislature (perché il fenomeno non è limitato solo all’ultima, ma è un fenomeno serio risalente nel tempo) in cui il “cambio di casacca” di deputati e senatori è diventata prassi ordinaria che ha consentito a diversi governi di “acquisire” il sostegno necessario in Parlamento, le solite anime belle hanno inserito nei loro programmi elettorali una riforma davvero importante: il superamento del divieto di mandato imperativo.

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Che campagna
sgangherata

di Antonio Ramenghi

C’è un aggettivo che qualifica la campagna elettorale in corso. Ed è sgangherato/a che secondo l’enciclopedia Treccani significa: 1. a. Divelto dai gangheri; b. Per estens., sconquassato, sfasciato, che non sta più insieme; anche con riferimento a persone, trasandato, sgraziato. 2. fig. Mal connesso, vacillante, scomposto, sguaiato, sgradevole a sentirsi. Lo spettacolo offerto da partiti ed esponenti politici forse non è mai stato tanto sgangherato e certamente non aiuta a convincere gli elettori indecisi, che sono ancora tanti, a recarsi alle urne il 4 di marzo.

Sono sgangherati i programmi, divelti dai gangheri fissati con il deposito del programma elettorale (con tanto di firma autenticata dal notaio del capo della formazione politica), come previsto dalla legge del 3 novembre 2017, n. 165, dove si dice che: Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all’articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati depositano il programma elettorale, nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica.

Se si leggono i programmi depositati e li si confronta con le dichiarazioni di molti candidati ed esponenti politici, si scopre che parecchie promesse, oggi sbandierate ai quattro venti, non figurano in quei programmi. A cosa e a chi credere allora? E il non rispetto di quei programmi depositati che cosa comporta per gli inadempienti? Quell’atto ha qualche valore giuridico oltre che politico o si tratta di parole (pur nero su bianco) buttate al vento?

Sono sgangerate le candidature, non solo per la schiera di impresentabili, mai così folta, ma soprattutto per i provvedimenti che alcuni partiti hanno preso nel rispetto dei propri statuti: espulsione di candidati e successiva pretesa di rinuncia alla candidatura e, dopo il voto, alla eventuale elezione. Una operazione praticamente impossibile se l’espulso non è d’accordo e storicamente assai laboriosa e lunga nel caso l’espulso consenta alla propria estromissione dal Parlamento, come ha ben spiegato in queste pagine Giovanni Piccirilli.

Sono sgangherate le coalizioni, sia a destra come a sinistra. Che il centrodestra di Berlusconi, Salvini, Meloni sia un amalgama assai poco riuscito, ormai è cronaca quotidiana. Divisi come sono non solo per quel che riguarda la scelta del candidato premier ma anche per quanto prefigurato sull’eventuale formazione di un governo, tra chi ipotizza larghe intese e chi le nega. Anche nel centrosinistra oltre a una non velata discordanza sul futuro premier (Renzi o Gentiloni?), si registra sempre più forte la divisione tra chi non vuole larghe intese con il centrodestra e chi appare assai più propenso nell’eventualità che queste consentano un governo stabile.

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Delocalizzare (non) stanca: il caso Embraco e la vibrante protesta del ministro

di Andrea Guazzarotti*

Un ennesimo caso di delocalizzazione nell’UE: la multinazionale Embraco ha deciso di spostare la produzione dal Piemonte in Slovacchia, ove il costo del lavoro è pari a meno della metà che in Italia. Il Ministro Calenda, già fervente sostenitore del TTIP, trova qualcosa da obiettare per la strategia opportunistica dell’impresa (la quale, negli anni di stabilimento in Italia, ha già beneficiato di cospicui finanziamenti statali).

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Ma cosa significa “rinunciare alla candidatura” (e all’elezione)? Ma è davvero possibile farlo anche adesso?

di Giovanni Piccirilli *

Ci troviamo attualmente nel momento più delicato della campagna elettorale, quello nel quale la composizione dell’“offerta” è nota, e l’elettore deve orientarsi in vista della scelta da compiere il prossimo 4 marzo. Una parte non indifferente (e, anzi, forse addirittura determinante) dei votanti risulterebbe ancora indecisa e il nuovo sistema elettorale richiede un bilanciamento non necessariamente immediato tra scelta del candidato nel collegio uninominale e scelta della lista nella parte proporzionale, stante l’impossibilità di un voto “disgiunto”.

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Addio al diritto
alla salute?

                                         di Giovanni De Plato

A 40 anni dalla riforma sanitaria c’è poco da festeggiare e molto da rilanciare. Il direttore dell’Istituto farmacologico Mario Negri è convinto che gli interessi delle aziende farmaceutiche siano riusciti a seppellire la cultura della prevenzione e con essa il diritto alla salute degli italiani. Silvio Garattini, uno dei pochi grandi scienziati del nostro paese, ha speso la sua vita a diffondere il sapere scientifico, basato sulle evidenze della ricerca e delle sperimentazioni. Questo suo impegno sociale lo ha portato a divulgare che educazione- promozione-prevenzione sono potenti strumenti di produzione della salute. Ha cercato di incrementare la cultura scientifica delle persone ma, all’età dei suoi splendidi 90 anni, Garattini ha dovuto riconoscere che questa sfida è stata persa e che gli scienziati non sono riusciti a mettere in crisi il potere di chi sostiene che tutto si può risolvere e curare con le medicine.

Il farmaco come panacea di ogni disagio e male viene asserito, pur sapendo che così si allarga il consumo ingiustificato, si moltiplicano prestazioni non appropriate o inefficaci e si fa lievitare la spesa, rendendo insostenibile il costo della sanità pubblica. La politica del farmaco per sani e malati, per neonati e anziani, per tutti e per ogni evenienza nega di fatto il valore della prevenzione e degli stili di vita salutari. La politica che la salute è un bene comune non riducibile a merce da libero mercato, purtroppo è carente e sempre più inadeguata.

L’insostenibilità del diritto alla salute per tutti e del Ssn viene fortemente sostenuta dalla stampa padronale, che propaganda l’esistenza di una sola via di uscita dalle crescenti difficoltà di finanziamento della sanità pubblica: creare il “secondo pilastro”, non quello del non profit, del terzo settore e del volontariato. Ma quello profit composto da polizze individuali e collettive, Welfare aziendali e altro. Si ha l’impressione che anche nel fronte democratico e di sinistra ci siano politici che non dicono ciò che pensano, ovvero che occorre affiancare al servizio pubblico un secondo agente, considerato inevitabile (imprese profit e non profit).

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Elezioni 2018: vincerà il secondo

di Antonio Ramenghi

La vignetta di Altan, quella dell’elettore al voto che inserendo la scheda nell’urna esclama: “Che perda il peggiore”, il 4 marzo sarà, in molti casi, ribaltata: a vincere uno scranno in Parlamento non sarà il più votato in quel seggio.

Il Rosatellum, la legge elettorale con cui si andrà a votare, non solo non consente di esprimere le nostre preferenze per questo o quel candidato, non solo non consente il voto disgiunto (voto un partito ma voto il candidato di un’altra lista), ma grazie alle pluricandidature farà sì che in molti collegi plurinominali non venga eletto il candidato capolista, ma il secondo nell’ordine (poco male, in fondo, visto che – appunto – non ci sono le preferenze).

Il gioco delle pluricandidature del Rosatellum, che per certi versi assomiglia al tanto e giustamente vituperato Porcellum, ha un doppio effetto: aver messo nelle mani delle segreterie dei partiti la quasi totale futura rappresentanza parlamentare e, secondo, aver tolto ai tanto declamati “territori” la possibilità di mandare in Parlamento candidati della propria terra, che conoscono la realtà locale, i suoi bisogni, le sue speranze, e che sono conosciuti (nel bene e nel male) dalla platea degli elettori del collegio.

Il primo effetto come si è visto ha provocato estenuanti trattative nelle segreterie e nei vari vertici dei partiti, con strascichi polemici, rischio di fratture, addirittura, come nel caso di Silvio Berlusconi, la necessità di una pausa defatigante nella campagna elettorale servita al leader di Forza Italia per rimettersi dalle giornate e nottate di trattative. A complicare ulteriormente la partita delle candidature e pluricandidature è stata anche la formazione delle coalizioni nelle quali ciascun partito aveva diversi centravanti o attaccanti di sfondamento, o presunti tali, da difendere e da schierare in campo. E per tenere insieme le alleanze non sono stati tanto i punti programmatici, i programmi, a suscitare discussioni e divisioni, ma appunto la spartizione dei seggi in particolare quelli presunti “sicuri”.

Il risultato è un puzzle che vede amplificata al massimo la possibilità delle pluricandidature prevista dal Rosatellum che in realtà inizialmente dovevano essere tre e che poi sono state portate a cinque.

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CATALOGNA
La diffcile elezione del candidato “latitante” Puigdemont

di Fabio Ferrari

A seguito di un’importante e recente pronuncia del Tribunale Costituzionale Spagnolo, la vicenda catalana si è arricchita di un ulteriore tassello.

Il Presidente del Parlamento della comunità autonoma ha convocato, per il 30 di Gennaio 2018, una seduta parlamentare finalizzata a eleggere il Presidente del Governo: candidato, Carles Puigdemont.

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“Spogliare” i migranti. I divieti contro kirpan, burqa, hijab, come eredità coloniale europea

di Ilenia Ruggiu

C’è sempre da preoccuparsi quando il diritto mette le mani sui vestiti delle persone. La loro vicinanza al corpo farebbe pensare che quella di vestirci come più ci aggrada sia una libertà consolidata. Sentori di stato etico e paternalista indignerebbero qualsiasi italiano a cui la legge suggerisse che accessori indossare e la lunghezza dei suoi vestiti.

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