di Roberto Bin
Caro Stefano, rispondo al tuo commento al mio intervento su questo giornale. È tutto giusto quello che scrivi in merito al cambiamento intervenuto nelle prassi di governo e nel ping pong che lega la procedura di bilancio “interna” con quella europea. Hai ragione, molte cose sono cambiate negli ultimi decenni e inevitabilmente hanno dovuto cambiare anche alcune delle nostre categorie. Ma, del resto, cosa significhino “ordinaria amministrazione” e “affari correnti” dipende molto dalle circostanze e nessuna definizione riesce a stringere sufficientemente la categoria di atti che possono essere fatti rientrare in quei termini tradizionali. Proprio per questo non bisogna – secondo me – rinunciare a ribadire le regole. E la regola facilmente deducibile dalla Costituzione è che, a Camere sciolte, il Governo non è nella pienezza dei poteri.
Monti si era formalmente dimesso nel dicembre 2012 e sino all’aprile dell’anno successivo aveva gestito la transizione compiendo tutti gli atti necessari, compresi quelli che riguardano gli obblighi nei confronti delle istituzioni europee relativi al ciclo di bilancio (il DEF 2013 è stato deliberato dal Consiglio dei ministri il 10 aprile 2013). Si tratta pur sempre di “atti dovuti”, perciò rientranti nell’ordinaria amministrazione, sia pure in un’epoca in cui di “ordinario” (nel senso a-tecnico dell’espressione) ce n’è ben poco. Però la regola c’è, eccome!
Sarebbe possibile nel periodo di transizione tra un parlamento e l’altro avviare una spedizione militare all’estero, se non ci fossero le condizioni di stretta necessità e urgenza? Si potrebbero compiere nomine ai vertici degli organi di garanzia o della Banca d’Italia? Si potrebbero sciogliere gli organi di una Regione? Ad ognuna delle domande poste si dovrebbe rispondere con molti distinguo: ecco, appunto, questo significa che alcune cose non si potrebbero fare. E questo non dipende dal fatto che il Governo sia o meno dimissionario.
A me sembra importante continuare a distinguere e non giustificare la confusione. Di confusione ce n’è anche troppa nella nostra politica: incentivarla consentendo di “forzare” le regole a me sembra deleterio. Non ne abbiamo davvero bisogno, si socchiuderebbero le porte a ulteriori scivolamenti fuori dal quadro costituzionale.
gentile professore ovviamente la fake news da lei citata si commenta quasi da sé soprattutto laddove parla di pienezza di poteri nel disbrigo degli affari correnti!! Lei ricorda precedenti analoghi di governi rimasti in carica senza dimettersi in pendenza di scioglimento? Non le nascondo che pensavo che le dimissioni previe fossero quantomeno un atto di cortesia istituzionale
Nella logica della semplificazione e della chiarezza dovrebbe essere definito cosa decide il governo, dimissionario o no, e che cosa decide il Parlamento dimissionario o no. È chiaro che il Governo non può agire sui temi sui quali decide il Parlamento, ma anche al Parlamento si dovrebbero porre dei limiti che al momento pare non esistano. Chi limita i poteri del Parlamento? Forse è un aspetto da risolvere anche per inertizzare le tensioni sulle forze sovraniste che originano forse da un eccessivo potere del Parlamento su alcuni temi. È poi da considerare una sopravvenuta capacità e desiderio dei Cittadinidi, o delle loro associazioni, di decidere su qualcosa che non è più opportuno delegare ai rappresentanti in Parlamento. Per esempio al Parlamento dovrebbe essere impedito di approvare leggi elettorali oltre i primi 24 mesi (per esempio) della legislatura corrente. È una vera stortura lesiva della sovranità dei Cittadini che deputati e senatori uscenti definiscano le regole di eleggibilità degli entranti. La discussione sul cosa voglia dire «sbrigare gli affari correnti» o simili fraseggi non solo sono inutili e incomprensibili sofismi, ma anche contribuiscono a bloccare l’esecuzione di decisioni che invece potrebbero procedere senza indebolire i meccanismo della democrazia. Bloccare è una parola che troppo piace a chi non dispone di argomentazioni sostanziali, ma che desidera comunque esercitare il potere immaginario di bloccare.