di Roberto Bin
A 73 anni, Lech Walesa è ritornato in piazza. Non più contro il comunismo e l’oppressore sovietico, ma contro il governo polacco e la sua svolta autoritaria.È accaduto sabato scorso nella sua città, a Gdańsk, dove aveva guidato i primi scioperi degli anni 80. Oggi ha preso la parola in una piazza affollata di manifestanti contro la legge votata dal parlamento polacco che mette sotto controllo governativo l’ordinamento giudiziario. Affollate manifestazioni si sono tenute nelle stesse ore a Varsavia e nelle altre città polacche, nella speranza di persuadere il Presidente della Repubblica, Andrzej Duda, a non promulgare la legge. E siccome la Polonia è parte integrante dell’Unione europea tutti noi siamo interessati alle loro vicende.
Le garanzie dell’indipendenza dei giudici e della Corte costituzionale erano uno dei requisiti richiesti ai paesi dell’Est-Europa per la loro adesione al Consiglio di Europa (e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo – CEDU) e all’Unione europea; sul rispetto di questi requisiti vigila un organo del Consiglio di Europa, la Commissione di Venezia, che svolge un’intensa attività di monitoring sul rispetto delle regole fondamentali dello Stato di diritto: e quanto l’indipendenza del giudiziario sia parte integrante di essi è stato già messo in luce in un ampio rapporto del 2010.
Come ho già avuto modo di segnalare, gli occhi delle istituzioni europee, e in primo luogo quelli del Commissario europeo per lo stato di diritto e i diritti fondamentali, Frans Timmermans, sono puntati sulle vicende polacche. Già l’elezione di Presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, contro le indicazioni del suo Paese aveva indicato il malessere che connota i rapporti tra l’UE e la Polonia: ma ora, se la legge polacca entrerà in vigore, le istituzioni europee dovranno fare qualche passo formale: non è infatti possibile che resti nello spazio giudiziario europeo uno Stato membro che non garantisca l’indipendenza dei suoi giudici.
Se mi posso permettere una chiosa, ho seri dubbi sulle reali intenzioni del Presidente Duda.
Se egli avesse veramente voluto bocciare la legge, l’avrebbe sottoposta al controllo preventivo del Tribunale costituzionale. Invece l’ha rinviata al Parlamento che può riapprovarla a maggioranza dei tre quinti.
E in tal caso il Presidente non può più sottoporre il testo ai giudici costituzionali (art. 122 Cost. Polonia).
Temo che sia un gioco delle parti, anche perché il Presidente ha comunque promulgato la legge che prevede la nomina governativa dei Presidenti dei Tribunali.
E intanto l’U.E., a causa del veto dell’Ungheria di Orban, non potrà prendere alcuna sanzione ma solo elevare le sue vibranti proteste (cit. De Andrè)….