di Roberto Bin
Vorrei attrarre l’attenzione sui progressi che sta facendo l’Unione europea nella politica di liberalizzazione dei mercati internazionali. Anche se ormai sembra accantonato il TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) con gli Stati Uniti ed essendo invece al voto dei parlamenti nazionali il CETA (Accordo economico e commerciale globale) con il Canada, già approvato il 15 febbraio 2017 dal Parlamento europeo, va segnalato il parere reso dalla Corte di giustizia all’accordo di libero scambio con la Repubblica di Singapore.
È un parere lunghissimo, molto attento a definire quali siano le competenze dell’Unione europea e quali quelle degli Stati membri. Le cui conclusioni possono essere così riassunte:
- a) L’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore rientra nella competenza esclusiva dell’Unione. Per cui non servirà la ratifica dei singoli Stati se non per alcuni punti, che sono piuttosto importanti però;
- b) rientra nella competenza della UE la protezione degli investimenti diretti, che consistono in investimenti di qualsiasi tipo effettuati da persone fisiche o giuridiche e aventi lo scopo di creare o di mantenere legami durevoli e diretti fra l’investitore di fondi e l’impresa cui tali fondi sono destinati ai fini dell’esercizio di un’attività economica. Ma per la parte del Trattato che riguarda gli investimenti non diretti (per es. acquisizione di titoli societari, alcune categorie di investimenti immobiliari o il ricorso al prestito) ci vuole l’approvazione degli Stati membri;
- c) devono essere approvate dallo Stato membro le norme che disciplinano le controversie, il cui regime le sottrae alla competenza giurisdizionale degli Stati membri, potendo essere affidate ad organi arbitrali. Questo è un punto molto importante, perché le clausole arbitrali hanno elevati margini di rischio per la sovranità degli Stati, che si possono veder imposte da un collegio arbitrale internazionale vincoli che superano le sue leggi e anche le norme costituzionali interne;
Questo parere preserva un ruolo “difensivo” degli Stati membri e conferma la forte antipatia che la Corte di giustizia ha sempre nutrito per le clausole che prevedono arbitrati internazionali, anche perché esse depotenziano anche il ruolo della Corte stessa.
Questo parere è stato salutato dalla stampa britannica come una buona notizia per la Brexit, poiché toglie gli accordi di libero scambio (a cui il Regno unito punta) dall’incubo di un’approvazione dei parlamenti dei 27 Stati membri. Ma che sia davvero una buona notizia, anzi che sia una notizia nuova, è davvero dubitabile!