di Antonio Ramenghi
Dicembre 2016, l’europeista Alexander Van der Bellen vince le elezioni in Austria; marzo 2017 i partiti europeisti di centro vincono le elezioni in Olanda; maggio 2017 Emmanuel Macron sconfigge sonoramente la Le Pen e nel trionfo di Parigi risuona l’ Inno alla gioia, l’ inno dell’Europa unita, addirittura prima della Marsigliese.Tre date e tre voti che marcano, soprattutto l’ultimo, la sconfitta dei movimenti populisti e anti europei che sembravano poter minare il cammino della UE. I popoli sono evidentemente più forti e più solidi dei populisti e dei demagoghi, e questa è semplicemente una gran bella notizia.
Tre tornate elettorali (che saliranno a quattro con le prossime elezioni in Germania) che dovrebbero far riflettere chi in Italia cavalca il populismo nel tentativo di raccattare consenso a poco prezzo ma anche chi, forse indotto dalla scarsa fiducia nel popolo, insegue a volte e anche malamente le pulsioni populistiche che via via affiorano o esplodono, riguardo per fare solo due esempi, al grande problema della immigrazione o a quello assai meno rilevante della legittima difesa.
Qualche effetto positivo le elezioni all’estero l’hanno già prodotto: il Movimento 5 stelle ha smesso di sostenere la necessità della Italexit dall’euro e anche sull’immigrazione sta prendendo via via posizioni più ragionevoli, pur salutando Macron come espressione del capitale finanziario.
Forza Italia e il suo leader Silvio Berlusconi sembrano sempre meno invogliati a una alleanza con la Lega di Matteo Salvini. Il campione italiano di populismo infatti non demorde, anzi rilancia in ogni occasione, a dispetto della ragione e dei fatti, intenzionato solo a raccogliere qualche consenso in più per occupare qualche poltrona in più, senza alcuna prospettiva e programma. Voti a perdere.
In sostanza il vento che spira dall’Europa, sembra far bene anche all’Italia. Un vento che taglia le ali ai populismi e agli estremismi. Speriamo solo che duri.
Bravo Direttore, condivido in pieno le tue osservazioni odierne. E credo che la gente, le persone, siano molto più sagge di quello che alcuni politici fanno apparire o vorrebbero far credere.