Mentre ancora si attendono i risultati definitivi delle primarie del Pd (!), si possono trarre alcune riflessioni sul voto di domenica scorsa che riguardano il Pd, ma che possono interessare anche gli altri partiti tradizionali.Il primo dato è che il Pd resta l’unico partito italiano capace di coinvolgere due milioni di cittadini per la scelta del segretario del partito. Un dato importante che segnala ancora la capacità organizzativa di questo partito (al di là di alcuni episodi poco edificanti riguardo ad alcune centinaia di immigrati “invogliati” e condotti ai gazebo per votare).
Il secondo dato, assai meno positivo del primo è quello che riguarda gli elettori e in particolare l’ulteriore invecchiamento degli elettori Pd, non solo in assoluto ma anche in relazione alle precedenti primarie, come documentato dalla ricerca compiuta dall’istituto Cattaneo che qui sotto riportiamo integralmente. In sintesi risulta che dal 2007, quando il Pd scelse Walter Veltroni, alle primarie di domenica scorsa, la quota di votanti over 55 è passata dal 35% al 63%, cioè da un terzo a quasi i due terzi degli elettori. Si sa che il fenomeno riguarda un po’ tutti i partiti tradizionali, basta osservare le chiome dei convenuti alle varie assemblee e raduni, e segnala l’allontanamento dalla politica dei giovani. Ma, come rileva l’analisi del Cattaneo, la percentuale di over 55 tra gli elettori delle primarie del Pd risulta più alta rispetto a quella in assoluto della popolazione italiana. Non solo, nelle primarie di domenica che hanno incoronato Renzi, si è invertita una tendenza che sino al 2016 vedeva il popolo delle primarie Pd più giovane rispetto al suo stesso elettorato.
Un partito per vecchi? Il problema deve esserselo posto anche Renzi che si è affrettato a mandare segnali di rinnovamento e ringiovanimento non solo e non tanto nel personale politico ma soprattutto negli strumenti del fare politica nel terzo millennio. Anche qui, il panorama dei partiti italiani mostra un enorme ritardo nell’uso della rete, dei social, dei messaggi virali.
Il terzo dato, peraltro emerso in tutti i commenti, riguarda le cosiddette regioni rosse dove l’affluenza ha visto un crollo dei partecipanti probabilmente originato dalla recente scissione di Bersani e C. che proprio nelle regioni rosse, Emilia e Toscana, avevano il loro più nutrito bacino elettorale. Perdere pezzi a sinistra non ha quasi mai attratto elettori da destra e il voto delle primarie ancora una volta lo ha dimostrato. Un fatto che sembra trovare conferma nei recenti sondaggi sulle intenzioni di voto alle prossime politiche: il Pd recupera poco, pochissimo, mentre non perdono e in alcuni casi si rafforzano Lega e Forza Italia.
Ecco l’analisi dell’Istituto Cattaneo
Non è un partito per giovani?
Cosa resta dell’effetto Renzi
Domenica 30 aprile il Partito democratico (Pd) ha eletto il suo nuovo segretario, con la partecipazione di circa 1 milione e 800 mila elettori (tra iscritti e simpatizzanti). Uno dei dati principali che è emerso dall’analisi del voto è stato il tendenziale invecchiamento della base elettorale e militante del partito. Per esaminare nel dettaglio questo fenomeno, l’Istituto Cattaneo ha analizzato la composizione, per classi di età, sia dell’elettorato del Pd che dei partecipanti alle primarie, mettendole a confronto con quella dell’intera popolazione italiana.
Il primo dato che trova indubbiamente conferma è il progressivo invecchiamento del “popolo del Pd”, e cioè di coloro che alle elezioni politiche hanno votato per il partito oggi guidato da Matteo Renzi e hanno attivamente preso parte alle elezioni primarie per la scelta del Segretario (nel 2007, 2009, 2013 e 2017).
Nel 2007, in occasione della nascita del Pd e dell’elezione di Veltroni come leader del partito, all’incirca solo un terzo (35%) dei votanti alle primarie aveva più di 55 anni. Invece, nelle primarie di domenica scorsa quasi i due terzi degli elettori (63%) era un over-55enne. Nel giro di un decennio, si è quindi raddoppiata la quota delle persone più anziane tra i partecipanti alle primarie. Questo fenomeno ha, in parte, ragioni strutturali, legate al trend di invecchiamento generale della popolazione
italiana, ma anche motivazioni specifiche che riguardano il Partito democratico e il suo tradizionale bacino elettorale.
Infatti la percentuale di elettori Pd con un’età superiore ai 55 anni è costantemente maggiore rispetto a quella della popolazione italiana.
Lo scarto più evidente è quello registrato proprio in occasione delle primarie di domenica. Se tra tutti gli italiani con più di 16 anni quelli con più di 55 anni sono oggi il 40%, all’interno del popolo delle primarie questa quota sale al 63%, con un incremento di ben 23 punti percentuali. L’unica eccezione rispetto a questa tendenza è quella del 2007, al momento della fondazione del Pd. In quella particolare occasione (che aveva coinvolto oltre 3 milioni e mezzo di persone), i votanti alle primarie con più di 55 anni erano il 35%: un dato addirittura inferiore a quello riferito all’intera popolazione italiana (37%).
Un’altra importante indicazione che emerge da questi dati, è il tendenziale invecchiamento dei partecipanti alle primarie del Pd in rapporto all’elettorato generale del partito. Questo è un fenomeno significativo perché segnala l’inversione di un processo che sembrava piuttosto stabile. Fino al 2016, i votanti delle primarie del Pd erano più giovani rispetto all’elettorato del partito. Ad esempio, i votanti con meno di 34 anni erano il 30% tra i partecipanti alle primarie del 2007 e il 14% tra l’elettorato del Pd alle elezioni politiche del 2008. Un trend simile si evidenzia anche nel 2013: se alle primarie il 19% aveva meno di 34 anni, tra gli elettori del Pd la stessa quota di elettori scende al 16%.
Con le primarie del 30 aprile, questa tendenza si capovolge. Oggi il “popolo delle primarie” è più anziano del “popolo degli elettori” del Pd. Solo il 15% di chi si è recato ai gazebo la scorsa domenica aveva un’età inferiore ai 34 anni, mentre all’incirca il 20% tra chi ha votato il Pd alle europee rientra in quella categoria (18-34 anni, esclusi i non maggiorenni). Questo dato è particolarmente significativo perché offre diversi spunti di interpretazione per le trasformazioni in atto nel Partito democratico e, più in generale, sul sistema politico italiano. Il primo aspetto che si segnala è che non esiste (o sembra essersi esaurito) un “effetto Renzi” sul Pd. Nonostante la sua leadership innovativa e il suo programma di rinnovamento, la base sociale ed elettorale del partito continua a rimanere legata al bacino tradizionale dei voti raccolti nel corso del tempo dai principali partiti di centrosinistra. È solo nelle elezioni europee del 2014 che la leadership di Renzi sembra avere un effetto abbastanza rilevante sull’elettorato giovanile (per la prima volta dal 2007, la quota di under-35enni sfonda il tetto del 20%), ma questo effetto si è poi ridotto nel triennio successivo e, soprattutto, nelle primarie di domenica.
Il secondo aspetto altrettanto importante è che la scissione subita dal Pd, con la fuoriuscita di alcuni esponenti del partito verso altre forze politiche (Art. 1. Movimento Democratico e Progressita), non sembra aver mutato la struttura sociale dei militanti e simpatizzanti del Pd. Con l’uscita dei “soci” storici della cosiddetta “ditta” del partito, si poteva ipotizzare un mutamento nell’elettorato Pd, a partire dalla sua composizione anagrafica. Invece, i dati a disposizione non confermano questa tesi. Anzi, con il voto delle ultime primarie – come abbiamo visto – cresce ulteriormente il peso degli elettori più anziani.
Infine, l’ultimo aspetto che merita segnalare riguarda la forza di attrazione delle primarie. Nel voto di domenica scorsa, abbiamo assistito a un calo di circa 1 milione di elettori rispetto alle primarie del 2013. Questa scarto nella partecipazione e i dati fin qui analizzati segnalano che non è avvenuto nessun ricambio generazionale tra i simpatizzanti del Partito democratico. Gli elettori tradizionali del Pd continuano a prendere parte alla vita del partito, anche attraverso il voto nelle primarie, mentre le generazioni più giovani si allontanano o se ne disinteressano. Neanche attraverso lo strumento delle primarie, che fino a ieri era riuscito a suscitare l’interesse e la partecipazione (anche) della componente giovanile dell’elettorato, si è fermato il processo di invecchiamento dell’elettorato del Pd. Di conseguenza, il Partito democratico è sempre meno uno specchio fedele della società italiana. Allo stesso tempo, Renzi è tornato in sella a un partito sempre più suo, ma sempre più diverso da lui: giovane, dinamico, orientato al futuro.
Fonte: dati sulla popolazione: Istat (www.istat.it); dati sull’elettorato del Pd: Itanes (www.itanes.org); dati
sui votanti alle primarie e sugli iscritti: Candidate & Leader Selection (www.cals.it). Nota: le tre classi di età
sono,nell’ordine, le seguenti: 16-34 anni; 35-54 anni; oltre 54 anni.
Analisi a cura di Marco Valbruzzi
Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo