L’affermazione di Luigi Di Maio circa il numero dei mandati d’arresto europei che, emessi dall’Italia, riguardano cittadini romeni solleva molte questioni. Alcune di esse, diffusamente affrontate nel dibattito dei giorni scorsi, non sembrano di capitale importanza, come quella del reale impatto statistico che avrebbero i provvedimenti emessi nei confronti di cittadini romeni sulla totalità dei mandati UE. Ciò che conta davvero, sembra, è capire il ruolo che qui giocano l’Unione e i suoi strumenti di cooperazione giudiziaria.
Luigi Di Maio lega l’alto numero di provvedimenti di cattura emessi a carico di cittadini romeni all’esistenza della UE, che ci avrebbe imposto di “importare” delinquenti dalla Romania. Occorre distinguere: la libera circolazione nello spazio dell’Unione, in realtà, prescinde dalla cittadinanza e riguarda tutti gli individui legittimamente presenti sul territorio UE. Alcuni di questi individui delinquono, si sa, e ragionare sulla loro provenienza serve a poco se si pensa che, proprio in Italia, sarebbe assurdo imputare alla presenza di persone straniere il problema della criminalità.
Se si vuole invece legare la UE alla lotta alla criminalità occorre pensare agli strumenti di cui questa ci ha dotato per raggiungere tale obiettivo. Il mandato d’arresto europeo, cui Luigi Di Maio fa cenno, è proprio quello strumento che ci consente di non contenere la risposta statale al crimine all’interno dei confini nazionali, ma di richiedere ad autorità giurisdizionali straniere (come quella romena) la cattura di indagati e imputati in procedimenti penali incardinati in Italia. La collaborazione tra gli Stati avviene senza alcun filtro politico e con procedure che vedono coinvolti gli organi giudiziari nell’ottica della massima efficienza.
Lo strumento funziona, prova ne sia il 40% di mandati evocati nella dichiarazione, e ciò restituisce un’idea del tutto contraria a quella espressa dal deputato: certo che la UE è un affare perché ha creato strumenti giuridici che, a prescindere dalla nazionalità, consentono di perseguire e catturare un indagato in tutto lo spazio europeo. Per verità, questa dinamica rende davvero poco allettante per un criminale romeno delinquere in Italia e tornare in patria: lì verrà cercato e catturato sulla base di un provvedimento emesso dall’Italia che produrrà effetti in Romania quasi istantaneamente, senza che nessuna autorità politica possa intervenire in merito.
Quindi, non è certo l’ordinamento UE che rende appetibile l’Italia per i criminali dell’Unione (ammesso che davvero lo sia). Il MAE, al contrario, è l’unico strumento che consente di perseguire e catturare chi commette un reato sul suolo nazionale in tutto lo spazio europeo. Ed è uno strumento dell’Unione europea. Che affare questa UE!