Dal trasporto persone al trasporto panini: la mesta Pasqua di Uber

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di Edoardo Caruso* e Margherita Fiorentini*

La contesa fra i tradizionali erogatori di servizi di trasporto non di linea (taxi e servizio noleggio con conducente, d’ora in avanti NCC) e Uber non sembra potersi ridurre a uno dei tanti episodi di resistenza corporativa contro l’avanzare del progresso portati avanti a danno dei cittadini, con il benestare di una classe politica compiacente. O almeno, non è solo questo.

Se per interesse dei cittadini non si intende per una volta solo la mera convenienza ma, in una visione più complessiva, la fruibilità di un servizio che con costi accessibili sia disponibile allo stesso modo su tutto il territorio, tutelando al contempo la sicurezza del passeggero e i diritto del conducente, in questo caso la questione non sarà semplice come sembra. Tra i tassisti che tutelano i loro privilegi e Uber, multinazionale dal volto umano ma interessata esclusivamente alla massimizzazione del profitto, manca un protagonista buono per cui fare il tifo.

Per meglio comprendere la vicenda occorre premettere che due sono i profili rilevanti: da un lato quello del rapporto fra taxi e servizio noleggio con conducente, dall’altro quello relativo alla regolamentazione dei servizi che, come UberPop, consentono, grazie all’utilizzo di una app, di noleggiare un auto con autista non professionista, ossia privo di apposita autorizzazione e/o licenza.

Quanto al primo, a fonte di una precedente situazione in cui i due servizi erano tenuti distinti per struttura e modalità di funzionamento, Uber ha creato scompiglio avviando un’inaspettata concorrenza al servizio di taxi e consentendo agli NCC di operare secondo modalità analoghe a quelle dei tassisti.

L’ultimo episodio che è salito agli onori della cronaca è la recente ordinanza della nona sezione del Tribunale di Roma che ha ordinato il blocco di quei servizi di Uber, come ad esempio Uber Black, che consentono agli utenti che hanno scaricato l’app di entrare direttamente in contatto con quegli autisti provvisti di autorizzazione NCC che hanno sottoscritto un contratto con Uber. Il giudice capitolino ha ritenuto che tali servizi di Uber costituiscano ipotesi di concorrenza sleale ai danni dei tassisti e degli altri NCC. Infatti, gli NCC affiliati ad Uber possono essere direttamente contattati dagli utenti che hanno scaricato l’app, mentre la legge 15 gennaio 1992, n. 21 – nel voler differenziare l’attività di taxi e NCC – prevedrebbe che l’utente faccia specifica richiesta alla sede del vettore. Di fatto, il servizio di questi NCC sarebbe assimilabile a quello che la legge del 1992 definisce “servizio di taxi” senza però il dovere di rispettare limiti e obblighi di garanzia pubblicistica, tra i quali in primo luogo quello relativo alle tariffe predeterminate dall’autorità amministrativa. Da qui l’indebita posizione di vantaggio ravvisata dal Tribunale di Roma.

Sempre nell’ambito del rapporto fra servizio taxi e servizio NCC, si inserisce la protesta dei giorni scorsi portata avanti dai tassisti in seguito all’inserimento nel cd. mille-proroghe 2017 dell’emendamento Lanzillotta- Cociancich. Quest’ultimo ha previsto la proroga fino al 31 dicembre 2017 della sospensione di alcune disposizioni di modifica della legge 21/1992 finalizzate proprio a rafforzare la differenza fra il regime dell’attività del servizio di taxi e di quello di noleggio con conducente.

In particolare, è stato innanzitutto ribadito l’obbligo per gli NCC che la prenotazione dell’utente sia rivolta alla rimessa (e non al conducente), e che la vettura torni nella rimessa dopo aver accompagnato il cliente; inoltre,

è stato reso più stringente il divieto per gli stessi di stazionare sul suolo pubblico durante l’attesa dei clienti, e sono state introdotte alcune disposizioni per limitare l’accesso degli NCC nel territorio di comuni diversi da quello che ha rilasciato l’autorizzazione, accompagnate da nuove e più severe sanzioni.

In realtà, tali previsioni, non viste con particolare favore dall’AGCM, erano state introdotte già nel 2008 dal cd. mille-proroghe 2009 ma sono rimaste in vigore solo per pochi mesi in quanto l’art. 7-bis del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5 ne aveva previsto la sospensione, più volte prorogata. Questo ovviamente non ha contribuito alla certezza della regolamentazione del settore (vedi parere AGCM 10 marzo 2017).

Tale sospensione trovava la sua giustificazione nella volontà di consentire l’elaborazione di un intervento complessivo del settore, rideterminando i principi fondamentali della materia.

In altri termini, è lo stesso legislatore che, opportunamente, propende per una regolazione congiunta e non separata dei due aspetti nodali del problema, da un lato il rapporto fra i tradizionali di servizi di trasporto non di linea (taxi e NCC) e, dall’altro, il rapporto fra questi e le nuove forme di autotrasporto non di linea rese possibili dal progresso tecnologico (Uber).

Di fatto, l’emendamento Lanzillotta-Cociancich non ha fatto altro che confermare questa intenzione, posticipando l’entrata in vigore delle norme di modifica della legge 21/1992 al momento della rideterminazione dei principi fondamentali di tale legge che, a seguito di ripetute proroghe, è ora anch’essa fissata per il 31 dicembre 2017.

Quanto al secondo profilo rilevante, ovvero quello relativo alla regolamentazione dei servizi di UberPop, va segnalato che l’inibizione di tale servizio su tutto il territorio nazionale, già disposta da alcune decisioni del Tribunale civile di Milano, è stata da ultimo ribadita da una recente sentenza del Tribunale di Torino (sez. spec. Impresa, 1 marzo 2017, n. 1553). In questa pronuncia il giudice torinese ha ritenuto infatti che tramite l’app in questione Uber ponesse in essere una concorrenza sleale nei confronti di taxi e NCC in quanto offriva sul mercato il loro stesso servizio senza però “sottostare a controlli, autorizzazioni, orari, requisiti delle vetture e dei conducenti previsti dalla legge e persino senza (dover) stipulare assicurazioni obbligatorie per il risarcimento dei danni causati ai passeggeri”; in tal modo avendo la possibilità di proporre sul mercato tariffe più basse e di ottenere un indebito vantaggio, illecito ex art. dall’art. 2598, n. 3, c.c.

In conclusione possiamo semplicemente osservare che è sì auspicabile una maggiore apertura del settore alla concorrenza, ma solo se inserita in una valutazione complessiva e articolata delle varie sfaccettature dell’interesse collettivo. E’ auspicabile anche favorire forme di share economy, ma solo qualora non si traducano in forme mascherate di massimizzazione del profitto. Infine, se anche vogliamo mostrare una maggiore apertura nei confronti delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie, che questa non si risolva in uno strumento per concentrare i guadagni nelle mani di pochi. Speriamo che di tali auspici si terrà conto nella tanto attesa riforma del settore.

Per cui, almeno in Italia, patria del buon cibo, Uber – come dice – si dovrà accontentare per ora di portarci un panino.

* Assegnista di ricerca in diritto amministrativo presso Università di Ferrara

* Dottoressa di ricerca in diritto dell’Unione europea e ordinamenti nazionali presso l’Università di Ferrara

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