di Angela Cossiri*
Nel dibattito politico di questi giorni, molto si è discusso di congresso del Partito democratico. È lecito domandarsi cosa sia questo congresso, tenuto conto che il segretario del Pd si elegge con le primarie e che nello Statuto del partito non si fa menzione di un congresso nazionale. Per districarsi nel linguaggio (forse un po’ vintage) degli “addetti ai lavori” e far luce su quali siano le poste effettivamente in gioco, bisogna far riferimento alla disciplina per l’elezione del segretario nazionale, prevista nell’autoregolamentazione di questo partito politico.
Lo statuto del PD, approvato dall’Assemblea Costituente Nazionale nel 2008 e poi più volte modificato, prevede, all’art. 9, che l’elezione del segretario nazionale avvenga in due fasi: alla prima partecipano solo gli iscritti, mentre la seconda è aperta a tutti gli elettori. Il procedimento è estremamente articolato, perché le primarie si sono aggiunte ai tradizionali canali rappresentativi di legittimazione democratica, senza sostituirsi ad essi. Il modello organizzativo “misto” è stato scelto con l’intenzione di limitare i rischi di derive leaderistiche o plebiscitarie, conseguenti all’adozione esclusiva di strumenti selettivi di democrazia diretta (cioè le primarie). Inevitabile, però, è l’effetto di disorientamento che coglie il lettore (ed eventualmente l’elettore) di fronte all’amalgama, non sempre ben riuscito, di molti elementi differenti.
Anzitutto, si può candidare a segretario nazionale qualsiasi associato in regola, purché goda di un minimo sostegno politico interno. La candidatura è corredata, infatti, da un certo numero di firme di iscritti (tra millecinquecento e duemila), appartenenti ad almeno 5 regioni differenti, o di almeno il 10% dei membri dell’Assemblea nazionale uscente.
La prima fase del procedimento elettorale ha l’obiettivo di selezionare i candidati che accedono alle primarie. Essa si sviluppa all’interno della struttura partitica, coinvolgendo diversi livelli territoriali: quello di base (i circoli), quello provinciale e, infine, quello nazionale. È interessante notare che, nel procedimento di elezione della dirigenza nazionale, non vi è menzione alcuna del livello regionale: per quanto l’organizzazione regionale del PD abbia nello Statuto nazionale un cruciale rilievo ai fini del governo locale e goda, almeno sulla carta, di ampia autonomia, la struttura nazionale resta agganciata all’articolazione provinciale. Questo dettaglio solleciterebbe qualche riflessione sulla reciproca influenza tra architettura delle organizzazioni sociali, allocazione del potere politico nel territorio e ritaglio dei collegi elettorali.
Lo Statuto non disciplina direttamente il procedimento elettorale, ma si limita a fissare alcuni principi generali: per quanto riguarda i “congressi”, le candidature e le relative “piattaforme politico-programmatiche”, su cui il dibattito è aperto a tutti gli elettori, sono però sottoposte al vaglio degli iscritti: vengono garantite segretezza del voto e regolarità dello scrutinio. È rinviata, invece, ad un Regolamento, approvato dalla Direzione nazionale, la disciplina di dettaglio, che deve stabilire, tra l’altro, tempi e modalità di svolgimento delle riunioni dei Circoli, delle Convenzioni provinciali e della Convenzione nazionale (composte da delegati eletti dal livello territoriale inferiore, in direzione rigorosamente bottom-up). Va precisato che la Direzione nazionale è eletta dall’Assemblea nazionale, e che il Regolamento a cui si rinvia non stabilisce in via generale ed astratta le regole elettorali, ma disciplina ad hoc ciascuna consultazione.
Risultano ammessi alla seconda fase, cioè alle elezioni primarie aperte a tutti gli elettori, i tre candidati che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti, purché si sia raggiunto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome.
La funzione formale di questo articolato procedimento è di filtrare, attraverso il dibattito e il voto degli iscritti, le candidature che abbiano una limitata rappresentanza. Tuttavia, è evidente come un meccanismo tanto complesso risponda anche ad ulteriori scopi di rilievo più sostanziale: il “congresso” costituisce il momento della discussione interna sui diversi orientamenti di opinione, quello in cui le molteplici visioni – fisiologicamente presenti in un soggetto politico che nasce e si organizza come partito “a vocazione plurale e maggioritaria” – si aggregano intorno a portavoce, ed anche, inevitabilmente, la fase della “conta” tra le diverse “anime” interne. Non è un caso che l’articolo 9 dello Statuto, dedicato al procedimento elettorale, sia rubricato “Scelta dell’indirizzo politico mediante elezione diretta del Segretario e dell’Assemblea nazionale”, dando per presupposta la coesistenza nel partito di una pluralità di differenti orientamenti.
La riunione della Convenzione nazionale, che individua i candidati ammessi alle primarie, conclude la prima fase della procedura. Successivamente, oltre agli iscritti, sono coinvolti tutti gli elettori, chiamati alla consultazione elettorale attraverso le primarie. In questa occasione, le candidature a Segretario nazionale vengono presentate in collegamento con liste di candidati a componente dell’Assemblea nazionale. Scopo finale, in questo caso, è l’elezione dell’organo assembleare centrale del partito, che proclamerà o eleggerà il segretario nazionale e che è competente in materia di indirizzo della politica nazionale del Partito.
Qualora, mediante le primarie, sia stata eletta una maggioranza assoluta di componenti l’Assemblea a sostegno di un candidato Segretario, il Presidente dell’Assemblea nazionale lo proclama eletto all’apertura della prima seduta; in caso contrario, il Presidente indice, in quella stessa seduta, un ballottaggio a scrutinio segreto tra i due candidati collegati al maggior numero di membri dell’Assemblea e proclama eletto il candidato che ha ricevuto il maggior numero di voti validamente espressi.
L’idea di “chiudere” la procedura con il ballottaggio – ove non sia stata raggiunta una maggioranza assoluta dei consensi espressi attraverso il voto degli elettori – è, evidentemente, funzionale a garantire la massima rappresentatività e forza politica all’organo monocratico che non solo ha importanti funzioni interne (rappresenta il Partito e ne esprime l’indirizzo politico), ma che, ai sensi di Statuto, è proposto dal Partito come candidato all’incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 3).
Il dibattito in corso in questo periodo tra gli esponenti politici del pd riguarda specificatamente se e quando indire il “congresso”, ovverosia se e quando attivare il procedimento elettorale appena descritto. Che si compone di una prima fase interna (“congressuale”) e di una seconda con le primarie.
Cosa dice in proposito lo Statuto? La procedura elettorale viene attivata dal Presidente dell’Assemblea nazionale, in alcuni casi determinati. Ordinariamente, secondo l’art. 5, comma 2, si procede ad indire le nuove elezioni sei mesi prima della scadenza del mandato del Segretario in carica (i mandati di segretario nazionale e di membro di assemblea nazionale durano 4 anni).
Tuttavia, sono previsti anche alcuni casi di “scioglimento anticipato” dell’Assemblea nazionale, che determinano la necessità di provvedere a nuove elezioni: anzitutto, l’Assemblea nazionale può, su mozione motivata, approvata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, sfiduciare il Segretario. In questo caso, si procede a nuove elezioni per l’Assemblea e per il Segretario (art. 4, comma 7). Inoltre, se il Segretario cessa dalla carica prima del termine del suo mandato, l’Assemblea può eleggere un nuovo Segretario per la parte restante del mandato, ovvero determinare lo scioglimento anticipato dell’Assemblea stessa. Infine, se il Segretario si dimette per un dissenso motivato verso deliberazioni approvate dall’Assemblea o dalla Direzione nazionale, l’Assemblea può eleggere un nuovo Segretario per la parte restante del mandato con la maggioranza dei due terzi dei componenti; tuttavia, nel caso in cui nessuna candidatura ottenga il quorum richiesto, si procede a nuove elezioni per il Segretario e per l’Assemblea (art. 3, comma 2). In questi casi, l’Assemblea nazionale non è integrata dai trecento delegati regionali che normalmente vi siedono.
*Ricercatore di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Macerata