Va segnalata, e sottolineata con un applauso, l’ordinanza del Tribunale di Roma – Sezione del riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, che ha annullato il provvedimento di sequestro di medicinali importati da un privato per uso personale. Al di là del problema giuridico, è importante il fatto: il medicinale importato è il sofosbuvir, l’unica cura efficace dell’epatite C. I medicinali che usano questa molecola sono somministrati gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale solo ai pazienti in cui la malattia è in stato assai avanzato, dato che la cura completa costa oltre 45.000 euro.
Chi non la riceve dal SSN deve affrontare una spesa importante, oppure se la va a prendere in paesi come l’India o l’Egitto, dove il trattamento costa pochissimo.
Ecco il problema giuridico: se la dogana accerta che il medicinale è importato senza autorizzazione, si rischia il sequestro penale e relativa sanzione (l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da euro diecimila a euro centomila: art. 147.1 del d.lgs. 219/2006), come è avvenuto nel caso di cui si occupa il Tribunale di Roma. Il quale però ha correttamente rilevato che il sequestro (della sanzione si dovrà occupare in seguito, ma la decisione non potrà smentire quella assunta in sede di convalida del provvedimento di sequestro) è legittimo solo nel caso di importazione non autorizzata di medicinali destinati al commercio, non per quelli destinati all’uso personale.
È bastata una corretta interpretazione del decreto, senza che sia stato necessario far riferimento all’art. 32 Cost., che pone il diritto alla salute tra i diritti inviolabili dell’uomo. Questo principio verrà invece invocato nelle cause intentate contro il SSN da parte dei pazienti esclusi dal trattamento, o dai parenti di chi è rimasto vittima di una malattia che può avere troppo spesso esiti fatali. I trattamenti basati sul sofosbuvir invece portano a eradicare definitivamente il virus in oltre il 90% dei casi.