Senza ridere né arrossire, Berlusconi dice e ripete che voterà NO al referendum perché la riforma favorirebbe una “deriva autoritaria”, con il rischio di un uomo solo al comando.
Al contrario di questa riforma costituzionale, che potrà avere tutti i difetti del mondo ma non dice una parola dei poteri del Governo e del suo Presidente, la riforma voluta da Berlusconi e fortunatamente bocciata dal referendum popolare nel 2006, era diretta proprio a porre il Capo del Governo, cioè lui stesso, al vertice di tutto.
Il “primo ministro” (si sarebbe chiamato così) avrebbe nominato e revocato i ministri, poteva “porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo”, poteva lui (e non il Presidente della Repubblica) sciogliere anticipatamente le Camere quando voleva e comunque le Camere si sarebbero sciolte automaticamente se lui, per qualsiasi ragione, fosse cessato dal suo incarico. Era ovvio, del resto, dato che il “primo ministro” avrebbe dovuto essere investito direttamente dal voto popolare.
In Italia l’ultimo a fregiarsi del titolo ufficiale di “primo ministro” era stato il cav. Benito Mussolini (legge 24 dicembre 1925, n. 2263). E Lui di autoritarismo ne sapeva parecchio!