Venezia-Mestre: siamo giunti al capolinea?

di Giacomo Menegus

Il prossimo 30 settembre 2018 dovrebbe tenersi il quinto referendum nella storia del Comune di Venezia per separare la città di Mestre dal capoluogo lagunare. Questa volta, tuttavia, diversamente dalle precedenti occasioni, sembra crescere il consenso per porre fine al “comune unico” che – sin dalla sua formazione nel 1926 (con l’annessione del comune di Mestre a quello veneziano) – si trascina dietro malumori e tensioni irrisolte tra le due città.

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La presidenza del COPASIR deve andare all’opposizione. Ma chi è all’opposizione?

di Gianluca De Filio*

In vista dell’attribuzione delle presidenze delle commissioni di garanzia alle forze di  opposizione l’ipotesi che alla guida del Copasir possa essere eletto un esponente di Fratelli d’Italia ha suscitato polemiche, poiché come noto il partito di Giorgia Meloni si è astenuto sia alla Camera che al Senato nella votazione di fiducia al governo Conte.

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Sovranità, debito pubblico e rispetto delle norme

di Glauco Nori

L’atmosfera politica si sta raffreddando, almeno così sembra. Si può tentare di mettere un po’ di ordine in quello che si è letto e sentito fino a poco fa per superare l’impressione che si voglia arrivare a una Costituzione à la carte, da interpretare nel modo più comodo al momento.

L’aspetto giuridico (quali sono i poteri e a chi competono) e quello che, per rendere l’idea, si potrebbe definire della discrezionalità (come i poteri sono stati esercitati) saranno tenuti distinti, partendo dal primo

C’è chi ha sostenuto che si sarebbe attentato alla sovranità. L’art.11 della Costituzione ne consente espressamente le limitazioni, in parità di condizioni con gli altri Stati, “necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” (non va trascurata la maiuscola adottata nel testo).

La norma, come è risaputo, fu introdotta per consentire l’adesione all’ONU. In Assemblea fu proposto di riferire le limitazioni anche “alla unità dell’Europa”. Fu condivisa l’opposizione dell’on. Ruini: ”L’aspirazione alla unità europea è un principio italianissimo: pensatori italiani hanno messo in luce che l’Europa è per noi una seconda patria. E’ parso però che, anche in questo momento storico, un ordinamento internazionale può e deve andare anche oltre i confini dell’Europa”.

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La “non nomina” di un ministro nell’epoca dei social

di Lara Trucco

Mentre, com’è noto, la crisi relativa alla tormentata vicenda della formazione del governo si è positivamente conclusa, un lascito importante dal punto di vista costituzionale va comunque registrato.

La domanda è infatti questa: è stata la prima e sarà l’ultima volta che il Presidente della Repubblica non condivide la nomina di un ministro?

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Perché il decreto di nomina dei ministri proposti dal Presidente del Consiglio incaricato non ha natura “sostanzialmente governativa”

di Anna Alberti*

Secondo un detto popolare “il diavolo si cela nei dettagli”. E a volte possono celarsi insidie inedite per la prassi politico-istituzionale proprio in quelle pieghe del testo della Costituzione che la dottrina non ha preso sul serio, pensando che non valesse la pena approfondirne troppo le implicazioni. È il caso dell’art. 92 della Costituzione, che in questi giorni attira l’attenzione del dibattito sia specialistico che politico-giornalistico.

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Il Paese dove non si insegna l’educazione civica (e dove uno vale uno)

di Roberto Bin

Ho preso posizioni discutibili, ma argomentate, a favore del gesto del Presidente Mattarella (vedi uno e due). Il diritto non è una scienza esatta, e tutte le interpretazioni sono discutibili, tutte le argomentazioni sono criticabili. Per questo, a nostra garanzia, esistono tre gradi di giudizio, nessun giudice è infallibile.

Ho ricevuto riposte e critiche sensate: discutiamone.

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La cultura del Capo

di Antonio D’Andrea

Tra le tante considerazioni che si possono fare guardando agli sviluppi della crisi di governo apertasi a seguito del voto politico dello scorso 4 marzo vorrei portare l’attenzione sulla scaturigine di molti equivoci che mi pare siano emersi. Essa risiede non solo nel nefasto meccanismo elettorale che, da un lato, ha promosso la formazione di coalizioni e, dall’altro lato, reso possibile la loro istantanea dissoluzione in sede parlamentare così come è apparso evidente da subito, sicuramente ancor prima della sua applicazione. Ma appunto non è sulle disposizioni elettorali con cui abbiamo scelto – si fa per dire – deputati e senatori che vorrei soffermarmi anche perché il tema è stato ampiamente trattato anche dal sottoscritto in questa stessa sede. A me pare piuttosto che le certamente anomale modalità di gestione della crisi da parte del Presidente Mattarella e la sua ferma – si fa per dire – reazione nel non dare seguito alla nomina del ministro dell’economia prospettatagli – si fa per dire – dal Presidente del Consiglio incaricato nel pomeriggio della scorsa domenica, siano figlie di una cultura istituzionale che ha messo inopinatamente al centro del balbettante ancorché etereo sistema politico italiano, i “capi” di quelle formazioni che ancora si aggirano sulla scena rimasta vuota nel “teatro costituzionale” pericolosamente lesionato.

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In tema di nomina dei ministri e poteri del Presidente della Repubblica

di Alessandro Gigliotti*

La recentissima vicenda del (mancato) Governo Conte ha riaperto il dibattito sull’iter di formazione dell’esecutivo e, soprattutto, sui poteri del Presidente della Repubblica in ordine alla nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri. È noto che, in argomento, le disposizioni costituzionali sono assai stringate, limitandosi l’art. 92 a disporre che «il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Il resto è demandato a consuetudini, convenzioni, prassi, non per questo meno cogenti delle norme espresse, ma indubbiamente più sfuggenti e controverse.

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Ancora una volta la Sicilia come metafora: i “tempi” delle operazioni elettorali nella normativa regionale per le elezioni amministrative

di Giacomo D’Amico

Il rapporto tra il “tempo” e i siciliani è tradizionalmente caratterizzato da una particolare “conflittualità”. Non si vuole qui enfatizzare un luogo comune, com’è, in gran parte, quello per cui «È facile essere felici in Sicilia, ma è un’operazione che richiede un adattamento biologico oltre che culturale: bisogna imparare a vivere il tempo alla maniera siciliana» [F. Prose, Odissea siciliana (2003), trad. di M. Migliaccio, Feltrinelli, Milano, 2004]. Si vuole, piuttosto, evidenziare come, già solo scorrendo alcune memorabili pagine di opere letterarie di scrittori siciliani, emerga una originale configurazione del rapporto tra il normale fluire del corso del tempo e la vita dell’uomo.

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Il regolamento privacy tra vecchi e nuovi diritti per il soggetto interessato

di Ilenia Alagna*

Il Regolamento privacy (Regolamento 2016/679, GDPR) applicabile su tutto il territorio europeo dallo scorso 25 maggio  prevede una serie di diritti nei confronti del soggetto interessato  esercitabili nei confronti del titolare del trattamento in qualunque momento consentendogli di mantenere il controllo sui dati che ha conferito e sul loro utilizzo.

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Mattarella non poteva, ma doveva rifiutare la nomina

di Roberto Bin

Noi costituzionalisti siamo spesso attratti dall’interpretazione delle disposizioni costituzionali specifiche che punteggiamo la c.d. forma di governo: e siccome i punti sono pochi, integriamo il disegno con altro, per lo più derivato dal c.d. sistema politico. In questo modo è quasi inevitabile confondere il dover essere (il precetto costituzionale) con l’essere (lo stato attuale dei rapporti politici).

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L’arroganza di Salvini e la fermezza di Mattarella: una lezione di diritto costituzionale

di Roberto Bin

La sola idea che il leader di un partito politico che ha ottenuto il 17% dei voti nelle ultime elezioni possa affermare pubblicamente che il Presidente della Repubblica deve nominare ministro colui che a lui piace, perché lui rappresenta la volontà popolare, è aberrante.

Lo ha ben spiegato Chessa in questo giornale: la nomina dei ministri è un’attribuzione del Presidente della Repubblica, che la esercita su proposta dell’esponente che lui ha incaricato di formare il Governo; tra i due ci dev’essere collaborazione, nel senso che – come del resto è sempre avvenuto – se il Presidente della Repubblica non accetta il nome proposto dall’incaricato spetterà a questi fare una seconda proposta. Punto. Alla luce di questa premessa possiamo giudicare il comportamento dei diversi soggetti coinvolti nelle vicende di queste ore.

Primo: il prof. Conte ha mostrato di non essere in grado di guidare un bel niente. Se avesse un minimo di consapevolezza del ruolo che deve svolgere il capo del Governo, non si sarebbe comportato come il mero esecutore del supposto “contratto” tra i due partiti di maggioranza. Il grande clamore attorno a questo accordo politico, che ha ben poco spessore e indica solo vagamente le linee di azione del Governo, sembra del tutto spropositato: presentarsi come suo fedele esecutore è semplicemente ridicolo, del tutto inappropriato rispetto anche ai compiti che al Presidente del Consiglio sono assegnati dalla Costituzione. Che si sia presentato da Mattarella senza una sua proposta alternativa su chi mettere a capo dell’economia italiana dimostra che la sua caratura politica è zero, e la sua preparazione in materia costituzionale altrettanto.

Secondo: l’arroganza di Salvini è insopportabile. Se questo avrebbe dovuto essere il “governo del cambiamento”, allora il cambiamento sarebbe consistito nella più sfacciata affermazione dell’asservimento delle istituzioni ai partiti politici. Questi sono delle semplici associazione private non riconosciute: in quale veste possono pensare di dettare direttamente le scelte a cui devono soggiacere le massime autorità dello Stato costituzionale? Perché hanno vinto le elezioni? Se anche fosse vero, ciò nonostante in uno Stato di diritto la politica non entra direttamente sulla scena costituzionale: forma gli organi parlamentari e suggerisce al Presidente della Repubblica il candidato alla guida del Governo, influenzerà le scelte della maggioranza e tramite i suoi parlamentari controllerà l’attività del Governo. Ma non le è concesso di imporre direttamente e prepotentemente un bel niente.

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