Legge elettorale: e se poi invece…

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di Lara Trucco 

Numeri, formule, schede, alchimie e persino “trinità” … siamo davvero destinati a ripiombare in quel “ipercinetismo compulsivo elettorale” approdato ora addirittura a Strasburgo?

Le disposizioni transitorie della cosiddetta “riforma del premierato” sembrerebbero suggerire una risposta positiva, in quanto stabiliscono che la legge costituzionale entrerà in vigore a partire dal primo scioglimento anticipato o dalla cessazione naturale delle Camere successivo all’adozione del sistema di elezione del Presidente del Consiglio e delle Camere (art. 8). Ed in senso analogo potrebbe essere intesa la previsione che vuole che sia una legge ordinaria a definire “il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio” (art. 5).

Eppure, è curioso osservare come, nonostante contributi di spessore in sede dottrinale, il dibattito sulla legge elettorale si svolga quasi esclusivamente sui media, mentre il Parlamento rimane in silenzio…, con ciò, alimentando l’alone di mistero che circonda la questione.

La decisione finale, dunque, sul tipo di legge elettorale da adottare non è ancora stata presa… e se ci si dovesse, poi, accorgere che “il sistema” è già sotto i nostri occhi?

Sappiamo bene che fare ipotesi senza prove concrete comporta dei rischi; tuttavia, potrebbe comunque valere la pena assumersi l’azzardo di avviare una riflessione in merito. Di qui il nostro tentativo di verificare la compatibilità dell’attuale sistema elettorale con i principali principi posti dalla proposta di riforma costituzionale in materia, e cioè:

  1. il principio di rappresentatività;
  2. l’elezione a suffragio universale diretto del Presidente del consiglio contestuale a quella delle Camere e
  3. il premio di maggioranza su base nazionale.

1. Il Rosatellum-bis è dunque in grado di soddisfare la principale premessa indicata dalla riforma, ossia il principio di rappresentatività?

Al proposito, non vanno trascurate talune criticità recate del relativo sistema di voto, il cui rilievo è bastato a motivare proposte di modifica e financo, come si diceva in apertura, ricorsi giudiziari.

Così, anche a voler tralasciare le questioni che assillano l’idoneità del sistema vigente a promuovere in modo efficace la cosiddetta “rappresentanza di genere” rilevano problematicamente, in particolare, la totale blindatura delle liste di candidati nei collegi plurinominali e la persistenza delle candidature multiple. A ciò, si aggiunge l’attenuazione del carattere preferenziale dovuta alla possibile presenza di coalizioni (tra partiti), che, com’è noto, “ingloba” quella “di lista” (dei partiti). Ma, ad attenuare la caratura rappresentativa del sistema è soprattutto, combinatamente al divieto di voto disgiunto, la vigenza di voto “simultaneo”: “fuso” o “congiunto” variamente modulato, ovvero, a seconda dei casi “doppio” (lista e candidato uninominale o, identicamente, candidato uninominale e lista), “singolo” (candidato uninominale sostenuto da una sola lista); e “frazionato” o “pro-quota” (candidato uninominale da solo).

Situazione, questa, che, peraltro, non pare del tutto coerente con l’affermazione del principio sancito dallo stesso Rosatellum-bis, secondo cui il voto dovrebbe essere “diretto”, dal momento che nel quadro di tale congegno il voto viene automaticamente trasferito sia all’elenco dei candidati plurinominali, sia, reciprocamente, alla lista rappresentata dal contrassegno, e ancora e sempre al candidato uninominale. Trovandocisi, nei fatti, in presenza di un voto nella forma e nella sostanza “triplice simultaneo” che diluisce la capacità di incidenza del voto individuale.

Anche se, al momento, non vi sono avvisaglie che lascino prevedere una dichiarazione di illegittimità del sistema elettorale a causa di qualche sua inadeguatezza nel garantire il principio di rappresentatività, occorre, però, almeno prendere atto della “personalizzazione” del voto individuale, favorita dall’esistenza di liste “cortissime” (già definite “listini”), ulteriormente accorciatesi all’indomani della riduzione del numero dei parlamentari, e del voto uninominale, trattandosi di elementi che garantiscono una certa visibilità e conoscibilità delle candidature (maggiore rispetto al passato).

2. Prendiamo in considerazione ora il secondo pilastro “di sistema”: e, cioè, l’elezione a suffragio universale diretto del Presidente del Consiglio che la proposta di riforma vuole contestuale a quella delle Camere, e nell’ambito del ramo del Parlamento in cui ha presentato la candidatura (con ciò escludendosi la possibilità che ricoprano la carica di Presidente del Consiglio personalità non parlamentari).

Rammentiamo che il Rosatellum-bis prevede che Camera e Senato siano eletti a suffragio universale, “con voto diretto ed eguale, libero e segreto”, espresso in un unico turno elettorale (essendosi scartata la formula a “doppio turno”). Inoltre, essendo stato ripudiato il voto “ibrido”, in parte blindato ed in parte preferenziale, si è optato per l’estensione a tutte le candidature in lista del voto unico blindato. Su questa base, ogni votante riceve due schede pressoché identiche – una per la Camera ed una per il Senato – ed è chiamato ad esprimere il proprio suffragio con regole analoghe per i due rami del Parlamento.

Ora, una siffatta strutturazione dell’offerta elettorale non pare di per se stessa costituire un ostacolo alla c.d. “elezione diretta del Premier”. Tuttavia, essa necessita di vedere garantita la sussistenza di un collegamento effettivo tra l’elezione dei candidati in Parlamento e quella del candidato alla Presidenza del Consiglio.

A tal fine, potrebbe bastare – ci sembra – la specificazione, accanto all’obbligo del “deposito” da parte dei partiti o dei gruppi politici organizzati “che si candidano a governare” del proprio contrassegno e del “programma elettorale, anche e contestualmente dell’ulteriore obbligo di indicare il nominativo della persona – ora, s’intende, non più solo preconizzata come “capo della forza politica” ma anche come Presidente del Consiglio che un’eventuale coalizione dovrà supportare  in caso di vittoria (art. 14-bis, c. 3).

Una tale soluzione consentirebbe, infatti, il mantenimento di sole due schede di voto.

Al fine, poi, di garantire pur sempre l’espressione di un’unica figura alla Presidenza del Consiglio, il conteggio dovrebbe essere svolto unitariamente con riguardo ai due rami del Parlamento, uscendone eletto il candidato alla Presidenza sostenuto dalla lista o dalla coalizione dimostratasi in grado di acquisire complessivamente un maggior numero di seggi (non di voti).

3. Venendo finalmente al terzo punto è opportuno premettere che la formula elettorale “composita” messa in campo dal Rosatellum-bis unitamente al sistema di voto ibrido e “compatto” ed al particolare disegno di collegi e di circoscrizioni, conferma ed anzi rafforza la natura ibrida di un tale sistema, tanto da motivarne, ancora più di quanto avveniva nel Mattarellum, il suo inserimento nell’ambito dei cd. sistemi misti “fusi” a “propulsione maggioritaria”.

Ma, tecnicamente, è il “voto uninominale” a costituire il vero e proprio “motore” del sistema, essendo dotato di una valenza, se non “doppia”, comunque di più ampia portata rispetto a quello “plurinominale”. Sul piano “quantitativo”, infatti (in disparte la “lettura” del formato circoscrizionale valorizzante invero il numero dei seggi e non dei collegi) i collegi uninominali sono più numerosi di quelli plurinominali. Sul piano “qualitativo”, poi, i suffragi uninominali servono non solo ad eleggere il candidato (uninominale), ma anche ad attrarre (quando il voto sia dato solo alle liste plurinominali) o ad alimentare (quando il voto sia dato solo al candidato uninominale) i voti delle liste plurinominali collegate. Là dove, invece, la funzione del “voto plurinominale” (senza scelta preferenziale) si riduce in sostanza al calcolo del riparto dei seggi ed alla compilazione della graduatoria delle liste plurinominali, nell’ambito delle quali gli eletti vengono individuati seguendo l’ordine di collocazione in lista, ovvero “per scorrimento”.

Un tale sbilanciamento imprime al sistema un verso tendenzialmente opposto rispetto a quelli in cui determinante, per la distribuzione dei seggi sul piano nazionale, risulta la componente proporzionale, mentre la componente maggioritaria opera, invece, principalmente sull’individuazione dei singoli candidati in quanto tali.

In altri termini, la componente maggioritaria perviene a svolgere un ruolo di “traino” nell’attribuzione dei seggi (svolgendo, invece, la proporzionale, un ruolo funzionale al riparto per così dire “interno” alle liste). A rafforzare, quindi, la dinamica selettiva del sistema intervengono le diverse soglie di sbarramento previste, il cui impatto è tutt’altro che meramente simbolico.

Quanto basta, dunque,  a ritenere che il Rosatellum-bis sia, per così dire, “geneticamente” predisposto alla valorizzazione delle candidature vincenti, già in sé contenendo un premio di maggioranza intrinseco operante su base nazionale. Del resto, la tabella riportata di seguito (sebbene i calcoli richiedano un ulteriore affinamento) pare confermare dette ipotesi (così come studi analoghi, in passato). Da essa si evince che, in occasione delle elezioni politiche del 2022, la coalizione di centro-destra “vincente” ha acquisito ben 60 seggi in più alla Camera e 29 al Senato, rispetto a quelli che le sarebbero spettati sulla base di un riparto proporzionale, con sacrificio delle liste e delle coalizioni di liste “perdenti”; la stessa tabella mette luminosamente in chiaro l’importanza dell’acquisizione dei seggi uninominali (si consideri il risultato ottenuto dalla Lega Nord).

Tab. elezioni politiche del 2022: “Premio intrinseco” del Rosatellum-bis*

 CAMERA DEPUTATI

 

391 SEGGI:

 

 ∙ 245 proporzionali

∙ 146 maggioritari

 

 SENATO 

189 SEGGI

 

   ∙ 122 proporzionali

∙ 67 maggioritari

  SEGGI UNI. ETOTLI SEGGIPROP ti       DISPR.SEGGI %DISPR.   SEGGI UNI. E

TOTLI

 

SEGGIPROP ti       DISPR.SEGGI %DISPR.
CENTRO DESTRA45%

 

121+114=

235

      

175

  

+60

  

+15,5%

CENTRO DESTRA44%

 

56+56=

112

 

  

83

  

+29

  

+15,3%

FRAT. D’IT.27% 49 + 69=

118

105 +13 +3,3% FRAT. D’IT.26% 32+28=

60

49 +11 +5,8%
LEGA9%

 

43 + 23=

66

 

35 +31 +7,9% LEGA9% 15+13=

29

17 +12   

+6,3%

FORZA IT.8% 22 + 22=

44

 

31 +13 +3,3% FORZA IT.8% 9+9=

18

15 +3 +1,6%
NOI MOD/…1% 7 4 +3 +0,7% NOI MOD/…1% 6 2 +4 +2,1%
MOV. 5 STELLE15% 10 + 40=

50

59 -9 -2,3% MOV. 5 STELLE16% 5+23=

28

30 -2 -1,0%
CENTRO SIN.27% 12 + 71=

83

  

106

  

-23

  

-5,9

CENTRO SIN.26% 5+34=

39

50 -11 -5,8%
PD19% 12 + 57=

69

74 -5 -1,3% PD19% 4+31=

35

36 -1 -0,5%
AVS4%  11 16 -5 -1,3% AVS3% 1+3=

4

6 -2 -1,0%
+EUROPA3%  3 12 -9 -2,3% +EUROPA3% 6 -6 -3,2%
IMP. CIV.1% 4 -4 -1% IMP. CIV.

1%

2 -2 -1,0%
AZIONE-IT. VIVA

8%

20   

31

-11 -2,8% AZIONE-

IT. VIVA

8%

 

  

9

 

15 -6 -3,1%
SUD1% 1 4 -3 -0,7% SUD1%  1 2 -1 -0,5%
SVP0,4% 2+1= 3    1  +2  +0,5% SVP0,4%  2  1  -1  -0,5%
ALTRO4% 15 -15 -3,8% ALTRO5% 9 -9 -4.8%

 La sussistenza di un premio di maggioranza intrinseco al Rosatellum-bis potrebbe allora sostenere l’idea che il sistema sia sufficiente a soddisfare, almeno in modo minimale, anche il terzo principio previsto dalla proposta di riforma.

Infatti, a differenza di quanto previsto nel testo originario del disegno di legge governativo (S. 935), che stabiliva espressamente l’assegnazione del 55% dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio, nella formulazione approvata dal Senato in prima lettura l’entità del premio non viene più definita esplicitamente, limitandocisi a disporre che esso sia tale da garantire “una” maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere “alle liste e ai candidati” collegati al Presidente del Consiglio. Inoltre, essa lascia intendere, «che il premio di maggioranza possa anche non garantire la maggioranza assoluta dei seggi (come si sarebbe potuto invece ricavare utilizzando l’espressione “la maggioranza”)» (Dossier Camera).

Rispondendo conclusivamente al quesito iniziale e se ovviamente si condividesse la nostra analisi, si potrebbe dire di avere già disposizione una legge elettorale, praticamente pronta all’uso.

* Sono stralciati i risultati elettorali di Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta e riportati in parte quelli delle minoranze.

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1 commento su “Legge elettorale: e se poi invece…”

  1. Gentile Professoressa, i Cardini Costituzionali in materia elettorale sono dettati, in estrema sintesi, agli articoli 48 e 49 ove spicca il concetto elementare della UGUAGLIANZA di ogni singolo voto dato ai partiti CONCORRENTI, argomentazioni già note al Direttore di questo Giornale Prof. Roberto Bin per mie antecedenti critiche sull’argomento oltre ad altre su argomenti anche più impegnativi che il Direttore mi ha sempre cortesemente pubblicato e che, insieme Lei, cordialmente saluto, enzo Bargellini Santarcangelo di Romagna.

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