La Cassazione è chiara (il che forse non è frequentissimo) e prima di commentare il “caso” converrebbe leggere la sentenza. La Cassazione non ha detto nulla su Riina (al contrario dei titoli di molti quotidiani usi alle fake news), ma ha censurato il provvedimento del giudice di sorveglianza che ha respinto la richiesta di Riina per difetto di motivazione.
Spetta sempre e comunque al giudice di sorveglianza decidere se accettare o meno l’istanza del carcerato, ma per farlo non basta che il giudice accerti “l’assenza di un’incompatibilità dell’infermità fisica del ricorrente con la detenzione in carcere, esclusivamente in ragione della trattabilità delle patologie del detenuto anche in ambiente carcerario” e la somministrazione di cure adeguate.
Bisogna che valuti anche “il complessivo stato morboso del detenuto e le sue generali condizioni di scadimento fisico”, perché la pena non può risolversi in un trattamento inumano e degradante, perché violerebbe i principi fissati nell’art. 27.3 Cost. e nell’art. 3 CEDU: “lo stato di salute incompatibile con il regime carcerario, idoneo a giustificare il differimento dell’esecuzione della pena per infermità fisica o l’applicazione della detenzione domiciliare non deve ritenersi limitato alla patologia implicante un pericolo per la vita della persona, dovendosi piuttosto avere riguardo ad ogni stato morboso o scadimento fisico capace di determinare un’esistenza al di sotto della soglia di dignità che deve essere rispettata pure nella condizione di restrizione carceraria”.
Questa è una valutazione che spetta solo al giudice di sorveglianza, ovviamente.
Ma per capire la decisione della Cassazione bisogna aver ben chiaro che il suo senso non è un favore che si vuole fare a Riina, ma la difesa di uno dei punti distintivi della nostra Costituzione antifascista.
1 commento su “CASSAZIONE <br>Il reo Riina <br> e l’inutile clamore”