di Salvatore Curreri
Ecco una rapida rassegna delle proposte di modifica dell’Italicum.
Attribuzione del premio fisso di maggioranza alla lista di partito (Orfini). Prevede l’attribuzione di un premio di maggioranza fisso di 90 seggi (pari al 14% del totale; un premio più elevato potrebbe essere censurato dalla Corte costituzionale alla luce della sentenza n. 1/2014) al partito più votato in un turno unico, purché abbia ottenuto almeno il 20% dei voti validi. Niente più ballottaggio, quindi; piuttosto resterebbe lo sbarramento al 3%. Comunemente definita Italikos perché ispirata al sistema elettorale greco, in realtà se ne differenzia perché il premio è netto e non lordo. In Grecia, infatti, il premio di maggioranza di 50 seggi sui 300 totali non fa parte dei seggi in palio e viene aggiunto ai seggi ottenuti dal primo partito (esempio: il maggiore partito con il 35% dei voti ottiene 88 dei 250 seggi cui aggiungere i 50 del premio per un totale di 138 seggi, pari al 46% dei 300 totali). Nella proposta Orfini, invece, proseguendo nell’esempio, si aggiudicano tutti i 300 seggi e il premio viene aggiunto ai seggi ottenuti dalla lista più votata, togliendoli agli altri (a esempio la lista più votata, sempre con il 35% dei voti ottiene 105 seggi (35% di 300), cui si aggiunge il premio di maggioranza di 50 seggi, detratti alle altre liste, per un totale di 155 seggi, pari al 51,7% dei voti (contro il 46% dell’esempio precedente). Il meccanismo del premio netto, quindi, è più disproporzionalizzante perché consente di attribuire il premio alla lista più votata dopo la ripartizione totale dei seggi, sottraendo i corrispondenti seggi alle altre liste.
Premio fisso di maggioranza alla coalizione (Lupi).Ccostituisce una variante della proposta Orfini, con la differenza che il premio fisso di 90 seggi è attribuito non al partito ma alla coalizione.
Proporzionale simil spagnolo (M5S). Come la legge elettorale spagnola, si prevedono collegi elettorali provinciali, in cui eleggere pochi deputati, e soglie di sbarramento (efficaci solo nelle circoscrizioni provinciali più grandi). Le differenze sono il voto di preferenza, positivo e negativo, al posto delle liste bloccate e il ricorso al metodo del quoziente naturale anziché al metodo d’Hondt.
Mattarellum 2.0 (Speranza e Fornaro della sinistra Pd). Ripristino dei 475 collegi uninominali, da attribuire con il maggioritario a turno unico (plurality). I restanti 143 seggi (detratti i 12 da attribuire nella circoscrizione estero), anziché con la quota proporzionale, sarebbero aggiudicati in base al numero di voti ottenuti dai partiti: 90 seggi come “premio di maggioranza” alla lista o coalizione che abbia preso più voti (ma in un sistema maggioritario non sempre chi prende più seggi ha ottenuto più voti…), con il tetto massimo di 350 seggi; 30 alla seconda lista o coalizione di liste; infine 23 da distribuire agli altri partiti che hanno ottenuto il 2% dei voti e meno di 20 eletti per garantirne il loro c.d. diritto di tribuna.
Proporzionale con soglia di sbarramento (Berlusconi).La conseguenza (quasi scontata) sarebbe che, se nessuno dovesse prevalere, sarà necessario un accordo tra i due poli di centro destra e centro sinistra .
Modello tedesco (on. Parrini). Fermo restando il premio di maggioranza di 340 deputati, i seggi verrebbero assegnati 400 in collegi uninominali e 218 con metodo proporzionale alla lista. Come in Germania l’elettore voterebbe con voto unico su un’unica scheda il candidato del collegio e la lista di partito. Se nessuna lista raggiunge il 50% dei voti al primo turno, si ha un secondo turno di ballottaggio tra le prime due liste più votate. Alla lista che vince il ballottaggio spettano, come detto, 340 seggi, presi innanzi tutto dai collegi uninominali e per la parte restante dalla quota proporzionale (ad esempio, se la lista vincente ha vinto 260 collegi uninominali, usufruirà della quota proporzionale per i restanti 80 seggi).
Le proposte di modifica alterano completamente l’Italicum, abrogando il ballottaggio e assegnando il premio di maggioranza solo se la lista ottiene al primo turno più del 40% dei voti (Lauricella); oppure che mantengono il ballottaggio ma v’introducono ulteriori condizioni, quali il premio non alla lista ma alla coalizione di liste (Pisicchio), l’elevazione dal 40 al 50% della percentuale da ottenere al primo turno per conquistare il premio di maggioanza (Parrini); la partecipazione al voto della maggioranza degli elettori (Pisicchio). Oppure aprendo il ballottaggio alla francese non alla prime due liste ma a tutte quelle che hanno ottenuto una certa percentuale di voti al primo turno (il 15% degli aventi diritto nella proposta Pizzetti Chiti, ripresa da Onida). In quest’ultima ipotesi, il premio di maggioranza sarebbe assegnato solo se una lista supera al secondo turno il 50% dei voti a patto che ad esso partecipi una quota significativa (65-70% degli elettori) o comunque una soglia non troppo inferiore a quella raggiunta al primo turno). Nell’attuale assetto tripolare tale proposta con tutta probabilità determinerebbe una suddivisione dei seggi a macchia di leopardo tra le tre principali forze politiche, penalizzando eccessivamente le minoranze parlamentari. Del resto questo fu il motivo per cui ai collegi uninominali del Mattarellum fu affiancato un recupero resti con liste proporzionali alla Camera.
Tutti questi sistemi sono accomunati dal fatto che non garantiscono al partito con più voti la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera per cui i governi con tutta probabilità sarebbero frutto di accordi di coalizione, più o meno ampi, finora rivelatisi poco coesi. Sempreché il premio non vada al M5S, com’è noto indisponibile a qualunque accordo di governo, per cui il premio anziché la governabilità, sarebbe causa d’ingovernabilità.
Rinunciare al ballottaggio significherebbe quindi ritornare ai governi scelti non dagli elettori ma frutto di accordi di coalizione tra partiti. È una prospettiva che può piacere a chi ritiene che il nostro sistema politico debba fare argine contro le forze antisistema. Il pericolo però è di fare loro un grosso regalo, dando loro il ruolo politico di unica forza di opposizione al sistema e creando quindi le condizioni per ingrossare il loro consenso elettorale.
Anche sulla legge elettorale, quindi, si ripresenta l’eterno scontro tra due concezioni della democrazia, parimenti degne: quella consensuale per cui gli elettori distribuiscono le carte ai partiti che poi le giocano per formare il governo, e quella maggioritaria in cui sono gli elettori a decidere chi vince e chi perde la partita del governo del paese.
Salvatore Curreri